Elezioni in Messico, tra narcotraffico e crisi economica

Elezioni in Messico, tra narcotraffico e crisi economica

Manifesto elettorale di Mario Anguiano, candidato governatore nello stato di Colima per il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), accusato di connivenza con i narcotrafficanti

Si terranno il prossimo 5 luglio le votazioni per 500 seggi della Camera dei Deputati, 6 governatorati e differenti amministrazioni in 13 dei 31 Stati che compongono la Federazione Messicana. Le prossime elezioni saranno probabilmente rivelatrici di quello che potrebbe essere il futuro politico messicano: si voterà infatti per rinnovare il mandato o eleggere circa 1600 nuovi amministratori ed il clima di instabilità che contraddistingue il paese potrebbe rivelarsi la causa prima di cambiamenti importanti.

Il sistema multipartitico, formato da tre formazioni maggiori che si contendono la maggioranza in Parlamento e da alcuni gruppi fondamentali per le alleanze con i partiti più grandi, potrebbe favorire il Partido Revolucionario Institucional (PRI). La compagine, che ha guidato il paese per quasi settant’anni, è ora guidata da Beatriz Paredes e dai sondaggi è data come la probabile vincitrice nel prossimo luglio. Le percentuali indicano infatti al 34% la formazione di centro contro il 28,2% del Partido de Accion Nacional (PAN), guidata dall’attuale Presidente Felipe Calderon e su posizioni più conservatrici, e l’11,3% del Partido de la Revolucion Democratica (PRD), guidato da Jesus Ortega e rappresentante la sinistra del paese.

Sebbene la campagna elettorale si sia svolta in sordina a causa dell’emergenza provocata dall’influenza A, che ha portato al sostegno bipartisan per l’attuale premier Calderon, queste elezioni potrebbero rivelarsi un segnale interessante per capire eventuali cambiamenti nella tendenza di voto della popolazione in vista delle prossime elezioni presidenziali. Al momento sembra poter essere Enrique Pena Nieto del PRI il principale sfidante del Presidente, ma bisognerà attendere i risultati delle prossime consultazioni elettorali per capire di quanto sostegno gode ancora Calderon da parte di una popolazione che si trova a vivere una situazione sempre più insopportabile.

Narcotraffico e crisi economica flagellano infatti il Paese rendendo ancora più dure le già difficili condizioni di vita degli strati sociali più svantaggiati e negli ultimi mesi più di 7000 persone sono state uccise, in quella che può essere definita una guerra tra trafficanti e il potere di questi ultimi è in costante ascesa. Il ricorso all’esercito voluto dal Presidente Calderon non ha per il momento portato risultati positivi né tanto meno significativi nella lotta a quelle che sono “multinazionali del crimine e della violenza”. I cartelli della droga messicani controllano infatti alcune contee nel nord del paese, ricevendo armi da organizzazioni statunitensi al di là del confine ed esportando la droga in tutti gli Stati Uniti attraverso componenti delle comunità messicane sparse sull’intero territorio.

L’intervento di Washington a sostegno del Governo messicano, incentrato sul Piano Merida, sembra non aver ancora favorito lo sviluppo di politiche per il territorio capaci di supportare a livello sociale l’operato delle forze di polizia sul livello della sicurezza interna. L’emergenza sembra essersi acutizzata negli ultimi 12 mesi per via della crisi economica che ha colpito il paese e che ha portato molti disoccupati a divenire “manovalanza armata” per i signori della droga che controllano i maggiori traffici extranazionali. L’incapacità dell’esecutivo di gestire una così grave calamità per il Paese sembra aver danneggiato il Messico non solo dal punto di vista della sicurezza ma ancor più da quello strettamente economico.

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Il Paese, considerato nei ranking internazionali in grave difficoltà dal punto di vista istituzionale, è stato recentemente paragonato al Pakistan quanto ad instabilità interna. Questo ha portato ad un parziale collasso del numero dei turisti statunitensi nel paese, con conseguenze anche gravi per uno dei comparti che da sempre sostengono l’economia messicana. A ciò si va ad assommare una crisi economica mondiale che ha portato al calo dell’8,2% del PIL nel primo trimestre del 2009, rispetto all’anno precedente, ed una probabile contrazione dell’economia di una percentuale variabile tra il 4,1 ed il 5,5%.

Le prossime elezioni serviranno quindi per capire quale formazione si è rivelata in grado di intercettare le istanze della popolazione proponendo al contempo risposte adeguate, almeno sulla carta, ai due maggiori problemi che minano la vita del paese intero. Non sarebbe da escludersi a priori l’ipotesi per cui a fronte di ogni risultato, come ad esempio una vittoria del PRI, i partiti maggiori decidano di appoggiare comunque l’operato del Presidente Calderon per non inimicarsi i molti sostenitori che ancora credono in lui, cercando nel prossimo biennio di lavorare per proporre alternative capaci di portare alla vittoria alle elezioni presidenziali. I messicani sceglieranno nel 2012 chi sarà il loro prossimo Presidente. Tre anni sono un tempo sufficiente per ridurre definitivamente un paese come il Messico in un narcostato o mandarlo alla rovina istituzionale rendendolo un Failed State, uno Stato fallito? Forse è troppo presto per dirlo, ma queste elezioni potrebbero rendere la situazione politica interna ancora più instabile e percorsa da tensioni paralizzanti: un primo passo per avviare il paese sulla via del fallimento e lasciarlo anche in futuro nelle mani dei signori della droga.

di SIMONE COMI

SIMONE COMI è analista di geopolitica e relazioni internazionali. Esperto di questioni riguardanti gli Stati Uniti, è responsabile dello Stati Uniti Global Focus per la rivista di geopolitica Equilibri.net e collaboratore del Centro di Formazione Politica nell’area Relazioni Internazionali e Politica Globale. L’indirizzo del suo blog è http://simonecomi.blogsome.com