Spending e spanding

Spending review, in italiano revisione della spesa pubblica, è un termine che sembra esser diventato di uso comune. In questi tempi di crisi e di antipolitica, tutto ciò che serve per far funzionare, più o meno bene, la macchina amministrativo-costituzionale viene visto con sospetto, quasi con odio.

Prima non era così. Prima i cittadini vedevano le tasse che servivano al funzionamento dell’apparato burocratico come una sorta di male necessario, un impegno che politici di razza, e passione, si caricavano sulle loro spalle togliendolo al popolo. Ovviamente nessuno pensava che i politici fossero dei santi calati in Terra che si sobbarcavano tutti i nostri problemi senza chiedere nulla in cambio; anche venti, trenta, quarant’anni fa si sapeva che c’erano troppi soldi che giravano in politica, troppi parlamentari, troppe correnti, troppi centri di potere (addirittura con spregio gli oppositori della DC chiamavano i rappresentanti locali della Democrazia Cristiana “Ras”, come a voler significare il potere assoluto che essi avevano nelle loro comunità con l’avallo della segreteria nazionale). Ma forse si pensava come ad un male necessario anche perché gli esempi di politici che c’erano nella I repubblica sono certo paragonabili a quelli di questa II morente repubblica, né lo saranno con coloro che andranno a sedersi sugli scranni del Parlamento della III repubblica.

Adesso,invece, oltre alla stanchezza e alla paura di una crisi che morde da oltre quattro anni, si è anche unita l’insofferenza per un sistema che appare sempre più elefantiaco, corrotto ed inutile.I cittadini sono stanchi e lo fanno capire in tutti i modi: dall’altissimo livello di astensionismo toccato alle ultime elezioni amministrative (di solito quelle più partecipate), al voto a partiti o movimenti che dalla politica prendono,spesso con toni aspri, le distanze.

Il Ministro per i rapporti con il parlamento Giarda, qualche giorno fa, ha fatto un intervento che molti si aspettavano, ma non di questa portata: cento miliardi di euro la spesa pubblica aggredibile nel breve periodo, trecento miliardi nel lungo periodo. Queste somme fanno paura. Una manovra economica pesante ammonta a circa 40, 50 miliardi di euro ed imporrebbe, come difatti è avvenuto in Italia, sacrifici notevolissimi per tutta, o gran parte, della popolazione. Ma le cifre imposte all’opinione pubblica dal Ministro, stanno a significare che in Italia, si “spreca” nella pubblica amministrazione l’equivalente di sei, sette manovre “lacrime e sangue”. E’ lo stesso principio degli sconti: il capo che il giorno prima costava cento, ora ne costa settanta e, se sei fortunato a trovarlo a fine stagione, lo puoi trovare anche a trenta. Lo compri, contento, ma poi pensi “ma se prima lo vendevano a cento e io l’ho comprato a trenta, quanto ci guadagnavano prima?”. E’ un pensiero molto semplicistico ma spesso viene fatto.

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La pubblica amministrazione, quindi, si prepara a dei tagli che toccheranno ogni suo comparto, dallo Stato al Comune, indipendentemente dalla loro grandezza. Giusto, ottimo, ma l’importante è che i tagli, se davvero ci saranno, dovranno essere ponderati e decisi uno per uno, a colpi di fioretto e non di machete, come ha fatto presente il Presidente Napolitano.Soprattutto il comparto comunale, è quello che rischia maggiormente. La Costituzione prevede, all’articolo 114 che “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane e dallo Stato”. Il legislatore del 2001, con la legge n.3 ha portato alla riforma del titolo V della Costituzione, e uno degli articoli toccati è stato proprio il 114. E’ stato messo in primo piano il Comune, ma non come mero esercizio stilistico, ma come segnale forte ai cittadini e agli amministratori: il Comune è il primo impatto che la gente ha della pubblica amministrazione. Esso deve quindi gestire tutti i servizi primari ed essenziali che la gente richiede e, qualora non fosse possibile, tali servizi verranno erogati dalle Province, dalle Città metropolitane e via via fino ad arrivare allo Stato.

Quindi i Comuni, e i sindaci con loro, sono sempre in prima linea per quanto riguarda il rapporto con i cittadini; spesso sono loro ad essere la faccia dell’odiato Stato vessatore e subiscono i peggiori insulti, sintomo di una insofferenza montante. Il Governo, quindi, dovrà fare molta attenzione ai tagli poiché, se è vero che è necessario tagliare, è giusto farlo nei comparti nei quali si spreca di più.

Intanto Enrico Bondi, già commissario straordinario per le aziende coinvolte dal crac Parmalat del 2003 e presidente del Parma Calcio fino all’avvenuta cessione, è stato nominato dal Premier Monti dall’Aprile di quest’anno, Commissario alla Revisione della Spesa dello Stato Italiano. Egli ha iniziato a parlare di tagli pari a circa 4,2 miliardi di euro, dei cento che il Ministro Giarda ha ritenuto “aggredibili”, da attuare entro Giugno di quest’anno (pari,quindi ad un 4,2%). Con il suo ruolo egli potrà segnalare al Consiglio dei Ministri le varie norme di legge che determinano spese o costi da abbattere o razionalizzare. Inoltre egli dovrà agire sugli acquisti di beni effettuati dalla pubblica amministrazione: infatti non si capisce come mai, ad esempio, in Veneto una protesi da ginocchio costi 100 mentre in Calabria ne costi 180, e così via. In questo modo egli dovrà riuscire ad ottenere un prezzo unitario d’acquisto per tutti i beni su tutto il territorio nazionale, senza impennate che sarebbero difficili da comprendere e da giustificare.

Inoltre Bondi ha chiesto aiuto ai cittadini i quali hanno potuto segnalare, entro il 29 Maggio, tutti gli sprechi di cui fossero a conoscenza. E’ inutile dire che i computer del Governo sono stati inondati di messaggi i quali, alla fine del periodo, sono risultati essere oltre 140 mila, indice di un’Italia fondata, oltre che sul lavoro, anche sugli sprechi.

I vari Ministeri hanno avuto tempo fino al 31 Maggio per attuare un prospetto complessivo di tutte le aree o macro aree di loro competenza nelle quali sarà possibile tagliare spese inutili o ridurre quelle troppo elevate. In questo modo si arriverà al Consiglio dei Ministri del 12 Giugno con una visione di insieme tale da permettere di attuare entro questo mese i primi tagli previsti.