A metà del guado: il punto sui ricorsi elettorali in Piemonte

Mentre il riconteggio dei voti prosegue nella provincia di Torino, la vicenda dei ricorsi elettorali in Piemonte appare vicina ad un punto di svolta.

 

Nei prossimi giorni i giudici chiamati a decidere sulla legittimità delle ultime elezioni regionali dovrebbero assumere le decisioni più importanti e risolutive. Vediamo quali.

 

Prima delle date, sulle quali non vi è ancora – come vedremo – una assoluta certezza, è opportuno riassumere i passaggi logici della vicenda giudiziaria, passati e futuri. Questo permetterà anche di mettere da parte alcune incomprensioni che sembrano dominare il suo racconto giornalistico, nonché la maggior parte dei commenti politici di queste settimane.

Chiariamo quindi questo: anche se l’attività svolta dagli uffici elettorali è tecnicamente un riconteggio (si ricontano i voti conseguiti dai candidati alla presidenza) non ha molto senso parlare, in termini giornalistici, di “riconteggio”. Infatti, nessuno ha contestato che i voti siano stati contati male, che si siano verificati errori o – peggio – manipolazioni nello spoglio delle schede.

L’attività di verifica (o “verificazione”, secondo l’antica denominazione tuttora prevista dalla legge) disposta dal T.A.R. ha infatti una finalità del tutto diversa. Dopo aver deciso che alcune delle liste che hanno preso parte alle ultime elezioni regionali (“Al centro con Scanderebech” e “Consumatori”) non avrebbero dovuto essere ammesse  alla competizione (questo è il contenuto essenziale della sentenza emessa dal Tribunale amministrativo ed ora al vaglio del Consiglio di Stato) i giudici piemontesi hanno infatti ritenuto indispensabile verificare quali conseguenze abbia, in concreto, l’esclusione sull’esito del voto.

Per farlo, hanno ordinato di controllare, una per una, le schede elettorali che contengono voti per una delle due liste escluse e di chiarire in quante di queste è stato attribuito un “doppio voto” – alla lista ed al candidato presidente. Infatti, nonostante la sentenza non lo affermi esplicitamente, il T.A.R. Piemonte è orientato a considerare validi per il candidato Roberto Cota solo i voti attribuiti con la “doppia croce” (se così non fosse, non si spiegherebbe il riconteggio). Questo significa, in concreto, che dopo la lettura dei verbali della “verificazione”, i giudici sottrarranno dal totale dei voti conseguiti dal presidente eletto quelli che erano stati attribuiti alle sole liste escluse (con un’unica croce).

Se all’esito di questa operazione, come appare al momento probabile, Roberto Cota avrà conseguito meno voti di Mercedes Bresso, il T.A.R. avrà di fronte a sé due scelte (e questo sarà il contenuto essenziale della prossima sentenza, la sentenza definitiva): o annullare il voto, sulla scorta di alcuni precedenti, o proclamare eletta Mercedes Bresso e modificare la composizione del Consiglio Regionale attribuendo il premio di maggioranza alla coalizione di centrosinistra.

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La legge attribuisce entrambi i poteri: saranno considerazioni giuridiche e di opportunità a determinare la decisione. La prima ipotesi, l’annullamento del voto, sarebbe giustificata dalla seguente considerazione: non è possibile prevedere come avrebbero votato gli elettori che (inconsapevolmente ed in perfetta buona fede) hanno scelto le liste escluse. Di conseguenza: è preferibile ripetere le operazioni elettorali, per assicurare a tutti il diritto di scegliere i candidati preferiti. La seconda ipotesi, cioè il “ribaltamento” del risultato sarebbe sorretta invece da una considerazione altrettanto persuasiva: l’annullamento del voto danneggerebbe ingiustificatamente un gran numero di soggetti (a cominciare da tutti coloro che sono stati eletti regolarmente) e – inoltre – si configurerebbe come una mera finzione. A differenza di un procedimento amministrativo che può essere ripetuto, a distanza di tempo, in condizioni sostanzialmente immutate, il voto è invece un evento naturalmente irripetibile. Basti pensare al fatto che i candidati alla carica di presidente, in caso di nuove elezioni, sarebbero quasi certamente diversi: il centrosinistra pare orientato a non ricandidare Bresso. Non si possono riportare indietro le lancette dell’orologio, e della politica, a prima dell’estate.

All’esito del riconteggio, quindi, i giudici del T.A.R. avranno di fronte a loro due difficili alternative. La loro decisione, qualunque sia, sarà certamente contestata da più parti.

Nel frattempo, una seconda partita si giocherà tra le mura di Palazzo Spada, a Roma, sede del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato dovrà decidere sull’appello proposto contro la sentenza parziale del T.A.R. (quella che ha escluso le liste). Infatti, l’accoglimento del ricorso è stato contestato dagli interessati, che ritengono del tutto legittima la partecipazione al voto delle due liste escluse.

Come spesso avviente in questi casi, la decisione d’appello del Consiglio di Stato sulla sentenza parziale giungerà probabilmente in contemporanea (a qualche giorno di distanza) da quella definitiva di primo grado (del T.A.R.). Ciò non comporterà però alcuna distorsione: è evidente, infatti, che l’eventuale annullamento della sentenza parziale porrà nel nulla la sentenza definitiva, che dipende in tutto e per tutto dalla precedente (se non c’è l’esclusione delle liste non si pone il problema delle conseguenze dell’esclusione). In caso di conferma della decisione di primo grado, invece, la sentenza definitiva (annullamento del voto o proclamazione di Bresso) potrà essere autonomamente impugnata – con alcuni limiti: i legali di Cota potranno sostenere unicamente che – ferma l’esclusione delle liste – i voti da queste riportati devono comunque essere considerati validi per il presidente, sulla base della nota regola per cui con una croce sul simbolo della lista si esprime una doppia preferenza (vedi gli spot istituzionali sule modalità del voto). In questo caso, non ci sarebbero conseguenze apprezzabili sul voto.

Le decisioni del Consiglio di Stato saranno inappellabili. E’ vero che la Costituzione prevede la possibilità di ricorrere alla Corte di Cassazione avverso le sue sentenze, ma solo “per motivi di giurisdizione”. In questo caso, risparmiando ai lettori i tecnicismi, non sembra esservi alcun dubbio sul fatto che la decisione spetti al T.A.R. e non ai tribunali ordinari: quindi nessuna possibilità di un ulteriore grado di giudizio.

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Veniamo ora alle date, alle prossime tappe in senso cronologico.

Quando si concluderà il riconteggio? Quando giungerà la sentenza definitiva del T.A.R.? I giudici hanno concesso una ulteriore proroga di 25 giorni. Verosimilmente, quindi, non prima di un mese.

E il Consiglio di Stato, quando si pronuncerà sulla sentenza parziale? L’udienza è fissata per martedì 19 ottobre, ma alcune delle parti (in buona sostanza: i legali del centrosinistra) hanno chiesto di rinviarla per attendere l’esito del riconteggio. Se venisse accolta l’istanza di rinvio – ma il centrodestra ha annunciato che si opporrà – la decisione potrebbe slittare ai primi di dicembre (dipende dai calendari già stabiliti delle udienze del Consiglio di Stato, anche se i ricorsi elettorali godono – in generale – di precedenza). Ai primi di dicembre sarà già intervenuta, probabilmente, la sentenza definitiva del T.A.R., che potrebbe essere impugnata con la richiesta al Consiglio di Stato di “riunire” la decisione dei due appelli in una sola decisione.

A dicembre potrebbe però giungere anche altre, importanti decisioni. Sono infatti attese le sentenze del giudice penale sulle presunte firme false presentate dalla lista di Michele Giovine (Pensionati per Cota) e quella del giudice civile sulla relativa “querela di falso” (rinviamo per un approfondimento ai precedenti articoli sul tema). Non va dimenticato, infatti, che è stata contestata l’ammissione di numerose liste, oltre a quelle di Scanderebech e dei Consumatori, sui quali è già intervenuta una decisione del T.A.R.

Prima di concludere, una breve parentesi. Chi paga il riconteggio? La questione è stata al centro del dibattito pubblico per lunghe settimane. Il T.A.R. si è da poco pronunciato sul punto, con una apposita ordinanza. Sono state respinte tesi “estreme” secondo le quali il denaro necessario avrebbe dovuto essere anticipato dai ricorrenti (Bresso e il centrosinistra) o dai “soccombenti” (Scanderebech e Consumatori). I giudici hanno decisio che il riconteggio si configura come una “verificazione in senso tecnico”, cioè un’attività materiale di accertamento che l’Amministrazione è tenuta a prestare per assistere il giudice nelle sue decisioni: di conseguenza, il Ministero della Giustizia pagherà gli straordinari dei magistrati e dei cancellieri. Il Ministero dell’Interno quelli dei finanzieri (che dipendono dall’Economia, ma non per i servizi di ordine pubblico, come la sorveglianza alle schede elettorali). La Regione pagherà le spese di “movimentazione, custodia e vigilanza” delle schede. A ciascuno il suo.

Questi i fatti. Ai lettori diamo appuntamento all’indomani delle prossime decisioni del T.A.R. e del Consiglio di Stato per un nuovo aggiornamento.


Andrea Carapellucci, analista giuridico di TP, si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino ed è dottorando in Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Milano.