Se la Fornero diventa un problema per Monti

elsa fornero

Se la Fornero diventa un problema per Monti

 

Una riforma dolorosa. Sacrifici duri che spezzavano il fiato agli stessi che li proponevano. È stato questo l’inizio di una storia che pare non finire mai. Della riforma delle pensioni, presentata alla stampa il 4 dicembre dello scorso anno, una delle immagini che rimarrà a lungo nella memoria della politica è senz’altro il pianto della ministro Fornero nel pronunciare la parola “sacrifici”, che si rendevano necessari per la generazione dei padri al fine di rendere migliore il futuro dei figli. Si alzava, allora l’età della pensione, per tutti, e si introduceva il sistema contributivo, per tutti, da qui in avanti. E per molti, si bloccava l’adeguamento della pensione all’inflazione.

Una riforma che, riducendo la spesa previdenziale dello Stato, avrebbe favorito i giovani, non tanto in termini di posti di lavoro (anzi, su quelli avrebbe avuto l’effetto opposto), quanto sul piano della finanza pubblica: meno costi, meno tasse (o meno debito) nel prossimo futuro.

Solo che, quando si toccano le pensioni, si toccano strati della società che – al contrario dei trentenni – sono molto ben organizzati: lo SPI, per dire, è tra le federazioni più corpose della Cgil. Non potevano quindi mancare né polemiche, né proposte di adeguamento della riforma allo stato reale delle cose. Così, si è diluito l’impatto del mancato adeguamento solo a pensioni di tre volte superanti il minimo.

Sul piatto è però sorto un problema che nei primissimi giorni non era stato calcolato: gli “esodati”. O meglio, tutte le riforme pensionistiche che inaspriscono i requisiti per – appunto – andare in pensione, lasciano nel limbo alcune persone, che avendo raggiunto i requisiti, lasciano il lavoro o accettano di rientrare nei piani di mobilità previsti dalle rispettive aziende. Non è – come pure affermato dal Ministro – un problema causato dalle aziende; è semplicemente approfittare di una possibilità che la legge concede. Solitamente, si creano le condizioni per risolvere il problema, perché solitamente i numeri in questione sono relativamente ridotti.

Il problema, in questo caso, è stato proprio capire quante persone dovessero essere considerate “esodate”, e quindi quante posizioni “salvaguardare”.  C’è un problema di risorse economiche: per risolvere il problema, si utilizzano alcuni dei risparmi per i quali si è fatta questa riforma, andando così a ridurre l’effetto finanziario della stessa. Il problema sta quindi nella quantificazione sia delle risorse necessarie, che della platea di persone coinvolte.

In un primo momento – a dir la verità, diverso tempo dopo la presentazione della riforma – la Ministro Fornero ha fornito un dato subito giudicato poco credibile sulla numerosità dei casi coinvolti: 65000 persone, per i quali il governo garantiva un impegno a risolvere subito la questione. Questo dato è stato, come detto, contestato da subito, in primis dai sindacati, ma anche da tutti i partiti, sia di maggioranza che d’opposizione. E da lì, la prima precisazione: i 65000 “salvaguardati”, son quelli che lasceranno il lavoro entro il 2013, e per loro un apposito decreto approvato il primo giugno ristabilisce le condizioni di prima della riforma: per gli altri, se ne riparlerà.

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È di ieri però la notizia che il dato reale sulla consistenza della platea, non solo è ben maggiore (390mila unità, sei volte il dato iniziale), ma era stato reso noto dall’Inps al Ministero sin dal 22 maggio. Allora perché dare numeri così platealmente sbagliati? Perché si è partiti dalle risorse disponibili. Il Governo ha infatti stanziato 5 miliardi di euro in 7 anni, mentre per coprire tutta la platea, secondo stime (approssimate per difetto) diffuse dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro, sarebbero necessari 12 miliardi nei soli due prossimi anni. Tanti, che non si hanno.

Ora, la posizione della Ministro Fornero è davvero difficile: indubbiamente, le decisioni difficili da lei prese sono coerenti con la linea politica del Governo stesso, e lei ha accettato un ruolo in prima linea. Ma oggi non c’è solo la mozione di sfiducia individuale, promossa dalla Lega Nord e subito accolta dall’IdV; c’è anche un diffuso malessere della politica e delle parti sociali nei suoi confronti, ci sono le sue dichiarazioni avventate, come quella di ieri sulla responsabilità dei dirigenti dell’INPS, e c’è l’impressione che anche per il Governo stesso lei possa costituire un peso (è stata più volte ripresa dal Premier, ha avuto divergenze con Passera e Patroni Griffi, è stata ignorata da Giarda).

La misura sembra colma, ma dimissionare il Ministro sarebbe una sconfitta per tutto il Governo.