Romania: Băsescu sopravvive al referendum, ma la maggioranza è un’opinione

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Dopo mesi di scontri a livello istituzionale, finalmente in Romania arriva il verdetto delle urne: Traian Băsescu sopravvive al referendum sul suo impeachment e viene reintegrato nelle funzioni di presidente della Repubblica. Lo scontro era iniziato con la nomina a primo ministro di Victor Ponta, leader della coalizione di opposizione Uniunea Social Liberală (USL) che era riuscito a forzare a suon di decreti di urgenza un voto parlamentare di impeachment nei confronti del presidente, ottenendone la sospensione esostituendolo ad interim con il proprio alleato Crin Antonescu, nel frattempo nominato da Ponta nuovo presidente del Senato.

Nella giornata di ieri i romeni – compresi quelli residenti all’estero per cui sono stati aperti 150 seggi, 55 dei quali in Italia – sono stati chiamati alle urne, a decidere tramite un referendum il destino di Băsescu e del proprio paese. Il referendum è stato invalidato, non avendo l’affluenza alle urne raggiunto il quorum del 50% più uno degli elettori: secondo il Biroul Electoral Central solo il 46,2% ha risposto alla convocazione elettorale. Di questi l’85,7% ha votato a favore della destituzione di Băsescu. Resta parecchia incertezza però sul destino della Romania, tornata urgentemente sotto l’occhio diffidente della Commissione Europea dopo gli avvenimenti degli ultimi mesi: Ponta, attraverso un decreto d’urgenza – quindi senza l’avallo del Parlamento – aveva modificato in corsa le regole per il referendum di impeachment, modificando la maggioranza necessaria per l’approvazione. Dalla maggioranza assoluta dell’elettorato, la quota di voti necessaria per l’esito positivo del referendum era passata alla maggioranza assoluta degli effettivi votanti; un provvedimento che l’USL era però poi stata costretta a ritirare su pressione della Commissione Europea.

Ora Ponta e Antonescu – che avevano promesso di dimettersi entrambi se la consultazione non fosse andata a buon fine – contestano il risultato elettorale, sottolineando il dato secondo cui l’85,7% di chi ha votato abbia votato contro Băsescu e dimostrando poco rispetto per le procedure e le regole sancite dalla Costituzione. Assurdità e distorsioni matematiche vengono sollevate da testate di opposizione come Antena 3 che, basandosi su un exit poll condotto dalla Companiei de Cercetare Sociologica și Branding (secondo cui il 91% dei votanti effettivi aveva votato a favore della sospensione), ha dichiarato: “Perché la volontà del 91% dei romeni sia applicata, è necessario che sia presente al voto il 50% + 1 del totale degli elettori”. Victor Ponta ha dichiarato al quotidiano Adevărul, riguardo alla fine dell’interim del suo alleato Antonescu e al ritorno al palazzo presidenziale di Cotroceni di Băsescu: “Come può il vincitore dimettersi e chi ha perso andare a Cotroceni?“.

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Sono sopravvissuto a un colpo di stato, un voto che ha riguardato più la Romania che la mia persona. Sono disposto ad aprire comunque la porta all’USL, se dimostrerà di aver imparato la lezione che i romeni gli hanno insegnato”, ha commentato Băsescu. Traian Băsescu risorge per l’ennesima volta, come un gatto con sette vite. Nel 2004 aveva concluso il primo turno delle elezioni presidenziali al secondo posto dietro ad Adrian Năstase che, però, non era riuscito a ottenere la maggioranza assoluta: al ballottaggio Băsescu ribaltò il verdetto e divenne presidente per la prima volta. Già nel 2007, durante il suo primo mandato, dovette affrontare un voto di impeachment e ne uscì indenne e rinforzato al punto da aggiudicarsi anche la rielezione due anni più tardi.

Il suo mandato ora dovrebbe durare fino al 2014, ma Băsescu non può permettersi di ignorare il risultato di un referendum che restituisce l’immagine di un paese spaccato in due, come ha – stavolta giustamente – sottolineato Victor Ponta: “Qualsiasi uomo politico che ignori il voto di nove milioni di romeni è distaccato dalla realtà“. Conti alla mano, più del 40% dell’elettorato romeno ha votato in favore della sua sospensione. Sette milioni, non i nove proclamati da Ponta, ma abbastanza per preoccupare il restaurato presidente in vista delle elezioni parlamentari che si terranno quest’autunno. Una nuova resa dei conti?

Da EastJournal

di Damiano Benzoni