Contro lo Stato ladro e Berlusconi. Show di Giannino in Versilia

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Nell’abbrivio dell’intervista fa subito capire cosa significhi per lui fare in modo che la politica non tratti più gli italiani da sudditi, ma da cittadini. Dinanzi ad un pubblico straboccante di 500 persone, assiepato nel cortile interno di villa Bertelli di Forte dei Marmi, Oscar Giannino battezza la serata con un colpo da maestro: “Visto che molti di voi sono in piedi per mancanza di sedie sufficienti anch’io starò in piedi a parlare”.

Un gesto di rispetto e di captatio benevolentiae verso la folla che ha donato ieri al giornalista economico, prossimo a scendere in campo per le elezioni politiche del 2013, un tocco di popolarità insolito per un personaggio pubblico interamente costruito su un gusto fra il sofisticato e il kitsch nell’abbigliamento e straborghese nel modus pensandi. Non siamo ai livelli popolani di Berlusconi e della sua bandana, ben intensi.

 

A dirla tutta dall’ex premier prende le distanze. Del resto, il manifesto “Fermare il declino” che ha firmato con altri economisti di estrazione liberale e contigui all’associazione Italia Futura (Michele Boldrin, Andrea Romano, Nicola Rossi, Luigi Zingales) è la certificazione del fallimento del berlusconismo dalla prospettiva dei fautori del laissez-faire.

E per trasmettere il messaggio che il gruppo anti-declinista non ha in gioco interessi personali da proteggere con la politica, Giannino sferza Berlusconi: “Nessuno di noi è un miliardario col culo da salvarsi davanti ai tribunali. Non vi racconteremo balle per vent’anni, anzi vi daremo le scarpe chiodate per prenderci a calci se non manterremo le promesse”. La platea, però, reagisce in questo passaggio con freddezza. Un applausetto e nulla di più, come quando Giannino insiste sull’argomento e invita a non dare nuovamente fiducia a chi ha firmato il fiscal compact e ora propone di tornare alla lira.

Invece, il cuore del suo intervento infiamma i residenti di Forte dei Marmi, una constituency naturale dei liberal-capitalisti, che apprezzano molto lo show contro lo “Stato ladro” e le tasse. Eccone un saggio: “Se si considera il Pil con base di riferimento i prezzi del 2010 l’Italia ha avuto una divaricazione di 13 punti percentuali fra il reddito nazionale prodotto e il reddito disponibile. Dov’è finito? L’ha mangiato la politica con più tasse e più spesa”. “A chi dice che per il rigore serve un’imposta patrimoniale io replico che bisogna far fruttare l’attivo patrimoniale. Inoltre, si può tagliare la spesa corrente di 10 punti percentuali senza mandare nessuno per strada”.

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Possiamo considerarlo un momento cruciale nel messaggio narrativo di Giannino. Lui, cinquantenne padre preoccupato per quale paese lascerà ai figli sembra non voler proporsi in questa prima fase alla stregua di lady Thatcher vs i minatori improduttivi. Si allontana dal turbocapitalista Mitt Romney, quello che godeva da manager nel licenziare centinaia di dipendenti per salvare aziende vicine al crack. A ben vedere quella di Giannino non ha le sembianze di una destra economica. “Tagliare le tasse non è né di destra né di sinistra” sintetizza, escludendo fra le altre cose che il suo progetto possa rappresentare una scialuppa di salvataggio per la politica tradizionale. Casini & co. sono avvertiti.

Il suo ingroup (il termine col quale gli psicologi sociali denominano la tecnica di inclusione in gruppo da parte di un leader), conseguentemente, è potenzialmente sterminato. La sua è la battaglia che si rivolge a tutte le fasce di contribuenti, perché in troppi hanno soffiato sulla “divisione sociale, facendo credere che i lavoratori autonomi fossero degli evasori”.

Lui dà il buon esempio: nelle sue attività imprenditoriali extragiornalistiche preferisce conferire il 72% dei suoi utili allo Stato in tasse e imposte, piuttosto che andarsene in Svizzera. E pur deprecando gli effetti della sentenza di sospensione dell’attività produttiva all’Ilva di Taranto rifiuta di vellicare gli istinti anti-magistratura dell’elettorato moderato: “In nessun paese al mondo si esce dall’acciaio per mano di un giudice penale. Questo è lo Stato di Diritto che assicuriamo per attrarre investitori stranieri? Detto questo, rispetto il GIP e non voglio polemizzare con la magistratura a differenza di quanto avvenuto negli ultimi vent’anni”.

Altra stoccata antiberlusconiana, nuova risposta impacciata della folla. Ma a Giannino non interessa più entrare nelle simpatie di Berlusconi, bensì del suo elettorato in fuga. Che a villa Bertelli tributa una grande sintonia nell’unica grande polemica del Giannino aspirante premier, quella contro il fisco.