Catalogna, giovani e laureati guidano l’onda indipendentista

Ieri pomeriggio, in occasione dell’11 settembre, festa nazionale della Catalogna, una grande manifestazione in favore dell’indipendenza ha bloccato le strade del centro di Barcellona. Si tratta di un fatto con pochi precedenti, tanto che El País lo considera “una storica dimostrazione di forza dell’indipendentismo catalano” (http://ccaa.elpais.com/ccaa/2012/09/11/catalunya/1347375808_419590.html). Le stime di partecipazione alla manifestazione, che aveva come lemma “Catalogna, nuovo Stato dell’Europa”, oscillano tra i due milioni dichiarati dagli organizzatori ai seicentomila della Delegazione del Governo a Barcellona. Buona parte della stampa internazionale invece ha preso come riferimento il milione e mezzo di partecipanti stimato dalla polizia locale. Al di là del rituale dibattito sulle cifre, è chiaro che si tratta comunque di una partecipazione straordinaria, in una regione che conta 7 milioni e mezzo d’abitanti.

Il successo della manifestazione costituisce soltanto in parte una sorpresa. 

Negli ultimi anni i catalani favorevoli all’indipendenza sono duplicati. Dal 2005 il Centre d’Estudis d’Opinió (CEO), il centro studi del governo catalano, include nel suo sondaggio trimestrale alcune domande sulle preferenze dei cittadini per quanto riguarda l’organizzazione territoriale dello Stato. Nel 2005 soltanto un 13,6% si dichiarava favorevole ad uno Stato indipendente, mentre un 31,3% avrebbe preferito un’organizzazione più decentralizzata di tipo federale e un 40,1% si diceva favorevole al mantenimento dell’attuale sistema territoriale. Oggi i rapporti si sono rovesciati: i sostenitori dell’indipendenza sono diventati il 34%, i federalisti il 28.7%, mentre i favorevoli del mantenimento dello statu quo sono scesi al 25,4%. Inoltre, dal 2011 il CEO include nel suo questionario anche una domanda specifica sulla posizione dell’intervistato in un eventuale referendum d’indipendenza. Per la prima volta, lo scorso luglio i Sì in questo eventuale referendum hanno superato il 50%, mentre i No sarebbero oggi poco più del 21%. Il supporto all’indipendenza è particolarmente forte tra giovani (55,3% nella fascia 18-34) e le persone con alti livelli d’istruzione (58% tra i laureati).

Anche se si tratta di una tendenza già in atto da prima dello scoppio della crisi, è chiaro che la grave situazione economica spagnola ha accentuato le spinte centrifughe in Catalogna. Negli ultimi anni la questione del cosiddetto deficit fiscale, la differenza tra quanto pagano i contribuenti catalani e quanto ricevono in termini di spesa pubblica, è diventata sempre più centrale nel dibattito pubblico. Per molti la situazione è arrivata ad un punto di non ritorno lo scorso 28 agosto, quando il governo catalano ha dovuto inoltrare al Ministero delle Finanze una richiesta di aiuti al fondo di liquidità regionale per 5 miliardi di euro. 

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In molti si sono interrogati sul paradosso di una regione che dagli anni ’80 trasferisce annualmente allo Stato una media dell’8% del suo PIL (più di 16 miliardi la differenza nel 2009 tra quanto apportato alle arche dello Stato e quanto ricevuto come spesa pubblica) sia costretta a richiedere allo Stato un salvataggio relativamente modesto, se paragonato al proprio contributo. 

Le conseguenze politiche di questa manifestazione sono al momento difficili da valutare, ma potrebbero spingere il governo di Convergència i Unió (CiU), partito catalanista e conservatore che ha governato la regione durante 25 degli ultimi 33 anni, a riconsiderare la propria strategia, consistente nel tentativo di negoziare con Madrid un sistema di finanziamento meno oneroso per la Catalogna. CiU ha avuto tradizionalmente una posizione attendista e pragmatica, più incline alla trattativa per ottenere nuove quote anche piccole di autogoverno che a plateali gesti di rottura. Ma persino al suo interno le correnti secessioniste iniziano a farsi sentire e potrebbe avere la tentazione di cavalcare il momento, sciogliere il parlamento, in scadenza nel 2014, e cercare di mettersi alla testa del movimento indipendentista. A giudicare dai sondaggi e dal successo della manifestazione, in molti sembrano essersi iniziati a chiedere se il prezzo a pagare per rimanere in Spagna non stia diventando insostenibile.

Di Ton Vilalta