Oltre il New Labour: Ed Miliband e la “One Nation”

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A tre anni dalle prossime elezioni per Downing Street, sarebbe stato troppo attendersi un programma dettagliato da Ed Miliband, nell’annuale discorso ai delegati del Partito Laburista. Quello che invece il leader dell’opposizione nel Parlamento inglese ha voluto dare è stata una visione del ruolo del partito nel futuro della Gran Bretagna.

Un discorso con numerose suggestioni, che nelle intenzioni di Miliband e del suo staff dev’essere il trampolino di lancio per la futura corsa a Downing Street, che a sorpresa ha come punto focale un concetto espresso 140 anni prima da un premier del campo avverso, Benjamin Disraeli: il concetto di “one nation”, “una nazione” in grado di superare le sfide che gli si sono imposte negli anni proprio perché unita. Lo stesso concetto utilizzato dal premier laburista Attlee per incitare il popolo britannico a ricostruire dopo i danni della guerra. Da qui, però, non ha derivato un modo per scappare dall’attualità, ma una critica complessiva alla vision ed alle policy dell’attuale governo liberal-conservatore. Una critica con cui il leader laburista si è rivolto direttamente agli elettori che nel 2011, dopo un lungo periodo blairiano hanno dato fiducia ai tories di David Cameron: c’è comprensione, ammissione di responsabilità per gli ultimi anni di governo, ma anche l’intento di spiegare agli elettori che essi hanno dato fiducia al partito sbagliato.

Non è certo il Tory – infatti – che può ricostruire l’unità d’intenti del popolo britannico: non lo può fare perché non lo vuole fare. Mancata crescita, maggiore disoccupazione, niente taglio delle tasse per le famiglie: sacrifici di tutti gli inglesi sprecati, perché le priorità del Premier Cameron è stato il taglio delle tasse ai milionari. Motivazioni che non sono quelle che possono colpire l’elettore della City, ma che possono riportare all’ovile chi aveva perso fiducia nel partito di governo.

Infatti, se nel progetto di Miliband non c’è quello di tornare all’Old Labour (le cui posizioni con consentirebbero di unire le classi sociali britanniche) non c’è neanche quello di riprendere le posizioni del New Labour, troppo permissivo nei confronti dell’upper class. Il Labour della One Nation dovrà riportare le banche al servizio della società; favorire l’istruzione, in primis quella tecnica e professionale; trovare un sistema che, favorendo l’immigrazione, non penalizzi i lavoratori, non comprimi occupazione e salari; chiudere l’esperimento conservatore della privatizzazione della sanità.

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Queste le priorità con cui Ed Miliband vuole rilanciare l’immagine del suo partito, che finora non è stato granché capace di approfittare del malcontento popolare nei confronti del governo in caso. Bisognerà vedere però come coniugare le nuove parole d’ordine con le ammissioni del “ministro ombra” Liam Byrne a proposito della necessità di tagli e riforme nel welfare state (tagli e riforme che non sono stati affrontati negli oltre dieci anni di governo).

La strada che si sta valutando è quella della pre-distribution, “una riforma (elaborata a Yale, nda)dei mercati che favorisce una maggiore distribuzione del potere economico e dei suoi benefici, anche prima che il governo raccolga le tasse e distribuisca i sussidi”, “attraverso un controllo dei profitti, un limite ai guadagni delle società, un miglioramento delle paghe, un abbassamento dei prezzi”. Un’idea che taglia i ponti con il New Labour, e che dovrebbe cambiare i connotati dell’economia britannica. Riuscirà ad imporsi la nuova figura del “capitalista responsabile”?