Moldova, nuova geo-politica tra Mosca e Bruxelles

Moldova, nuova geo-politica tra Mosca e Bruxelles

Nel gioco degli scacchi la conformazione della partita può assumere una doppia traiettoria. Una posizione aperta, quando si hanno pochi pedoni centrali, le diagonali sono libere e almeno una colonna è sgombra da impedimenti. Una posizione chiusa quando, contrariamente, i pedoni sono ancora quasi tutti presenti sulla scacchiera e mantengono una struttura forte. Nel primo caso, lo scontro sarà violento, le catture e gli scambi continui, la partita breve e rapida. Nel secondo, le manovre dei giocatori molto rallentate, la partita ricca di mosse complesse ed impostata sulla difensiva, la durata del gioco prolungata.

Lo scenario geo-politico che coinvolge il triangolo di relazioni tra Unione Europea, Moldova e Russia assume la forma della seconda opzione di gioco. Il premio è duplice. Per la Moldova il proseguimento dei processi di avvicinamento all’Unione Europea (e un’eventuale riannessione alla Romania). Per la Russia il proseguimento del controllo su un (ex)feudo che non ha intenzione di perdere. Le abili e ingannevoli mosse adottate dal Cremlino, e la ferrea risposta difensiva di Chişinău, hanno visto il loro importante intensificarsi nell’arco delle ultime settimane. Tutto è cominciato con l’avvelenata offerta di una riduzione del 30% dei prezzi di acquisto del gas proposta da Mosca al fine di interrompere, o quantomeno rallentare, la cooperazione energetica che il governo moldavo aveva intavolato con l’Unione Europea. L’esemplare risposta del Presidente moldavo Nicolae Tomifti,“il nostro corso di integrazione europea non può essere oggetto di negoziato”, somigliante più a un gancio da ring che a una mossa da scacchiera, ha ricordato al Cremlino (ce n’era bisogno vista l’accondiscendenza di molte altre ex-repubbliche sovietiche) che l’arroganza e la convinzione russa di poter comprare chiunque con i gasrubli non sempre può sfondare porte aperte.

La contro-offensiva moldava è stata rinforzata inoltre dal premier Vlad Filat che ha, dapprima, stabilito l’entrata in vigore di una legge bandente i simboli riferentesi al comunismo e ha, successivamente, declinato l’offerta di l’ingresso del paese nell’unione doganale e nella Comunità Economica Euro-Asiatica guidate da Mosca. Il Ministro degli Esteri Russo, Sergej Lavror, ha tentato quindi di riprendere in mano il gioco. In una recente dichiarazione ha espresso la disponibilità del governo russo, nel caso in cui la Moldova perdesse la propria sovranità o neutralità (ossia se riannettendosi alla Romania entri de facto nella Ue e nella Nato), a riconoscere l’auto-proclamatesi Repubblica separatista di Transnistria, appartenente secondo il diritto internazionale alla Moldova e non riconosciuta da nessun Paese al mondo. In Transnistria vive circa un sesto della popolazione moldava e, la regione, è passata alle cronache come interessante esperimento conciliante un regime politico formalmente sovietico ed un regime economico quasi totalmente aperto al libero mercato. Il problema di Chişinău, se ciò avvenisse, è di natura economica.

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Il separatista governo di Tiraspol, e l’area che esso ingloba, risiedono infatti nella regione economicamente più ricca del Paese e quindi cruciale per lo sviluppo della malconcia economia nazionale (a parte i vini e i prodotti agro-alimentari la Moldova non possiede alcun importante apparato industriale). Per Mosca, invece, il riconoscimento ufficiale dell’indipendenza costituirebbe semplicemente una ratifica a funzione geo-politica su un territorio considerato, sin dalle prime turbolenze interne, come propria proprietà feudale. Il governo del Cremlino non ha mai nascosto infatti la sua ampia disponibilità nella concessione dei passaporti russi (specularmente a quello di Chişinău) e, dal lontano 1992, mantiene di stanza nella regione separatista un suo contingente militare con funzioni di peace-keeping a garanzia della popolazione locale. Chi non sgomenta davanti al possibile riconoscimento di indipendenza avvalora la sua posizione con il dato che indica tra i residenti una forte maggioranza russa. Ciò è vero tanto quanto il fatto che, nell’arco degli ultimi secoli, da Mosca sia stata ripetutamente inviata la direttiva di screditare e colpire la maggioranza rumeno-moldava del Paese e custodire in pianificato esilio la purezza del gruppo etnico slavo (in maggioranza russo) nella zona in cui oggi sorge la pretesa Repubblica separatista. La debole argomentazione si rivela, quindi, una logica conseguenza storica che determina la situazione odierna nella regione.

L’impressione, nonostante le mosse e contromosse delle ultime settimane, è che la partita sarà ancora lunga, gli equilibri strategici sempre più complessi e le relazioni tra i due Paesi ancora più tese. Romania ed Unione Europea monitorano aspettando lo scacco matto.