Fischiailvento analizza i risultati delle Elezioni Regionali in Sardegna

Ugo Cappellacci, candidato alle elezioni regionali in Sardegna

Fischiailvento analizza i risultati delle Elezioni Regionali in Sardegna

Il verdetto delle urne sarde per il rinnovo del Consiglio Regionale non lascia dubbi. Vince con forza Ugo Cappellacci del PDL, che sfiora il 52%, e perde Renato Soru, staccato di quasi nove punti percentuali. E’ una vittoria per Berlusconi che si è speso in campagna elettorale ed è un duro colpo per il PD al punto da spingere Veltroni a dimettersi da segretario nazionale.

I sondaggi della vigilia facevano pensare a un testa a testa. Sia in casa del centro-sinistra, sia in quella del PDL e soci. Non è andata affatto così. Cerchiamo di analizzare le dinamiche. Innanzitutto non c’è stato il bis della diserzione delle urne registrata in Abruzzo in dicembre. L’affluenza finale è stata del 67,58% degli aventi diritto, con i picchi massimi nel Nuorese e nel Sassarese (69,54 e 69,19%) e quelli minimi nel Sud-Est della Sardegna (64,96% nel Medio Campidano e 64,50% nella provincia di Carbonia-Iglesias).

Da più parti si è detto che il vento che spira in Italia in questi tempi è di destra e che in Sardegna Soru si è logorato inimicandosi troppi soggetti. Sono ambedue considerazioni veritiere.

La vittoria del PDL in Sardegna fa il paio con quella in Abruzzo due mesi fa. Dal canto suo Soru ha rappresentato un’esperienza di governo, da qualunque parte la si guardi, di rottura col passato. Ha parlato di informatica, semplificazione burocratica e di istruzione, realizzando alcune cose buone come la banda larga in tutta l’isola e lo Sportello Unico per le Imprese guadagnandosi il plauso di Confindustria. Ha ottenuto che Cagliari fosse sede di un progetto intergovernativo molto avanzato per tutti i paesi del Mediterraneo. Ha dato alla Sardegna molte nuove rotte aeree e navali. Al tempo stesso ha fatto chiudere un grosso numero di enti legati di riffa e di raffa alla politica e al sottogoverno. Ha tagliato drasticamente il numero delle comunità montane e posto dei ferrei vincoli alla costruzione nelle aree costiere. Questi ultimi interventi, di per sé innovatori, sono stati alla base della sua sconfitta. Queste decisioni gli hanno inimicato tutti quanti alle passate regionali del 2004 non erano con lui, ma corsero da soli (l’UDS di Floris e il Partito Sardo d’Azione di Trincas e Maninchedda), oltre ai socialisti che, suoi alleati per 4 anni, hanno deciso di correre da soli. E al tempo stesso hanno lasciato il segno in alcune frange del PD. Basti vedere la bagarre esplosa in dicembre all’interno del partito sulla definizione del piano paesaggistico regionale che portò alle sue dimissioni. A tutto ciò poi fecero seguito le polemiche per aver imposto l’impossibilità per il PD, avallata dal commissario Passoni, di ricandidare diversi consiglieri con alle spalle due o più legislature. Gente navigata in politica capace di portare parecchi voti. E dulcis in fundo la strisciante e duratura guerra sotterranea tra l’ex governatore e uno dei più scafati protagonisti della politica sarda. Quell’Antonello Cabras ex socialista confluito poi nel PDS. A questa condizione di partenza obiettivamente più difficile rispetto al 2004 (quando come già ricordato il centro-destra faceva a meno del partito di Floris e quando i sardisti agivano in solitaria) è andata ad aggiungersi la discesa in campo di Berlusconi con frequenti viaggi nell’isola per politicizzare la competizione e l’appoggio fornito a Cappellacci da gran parte del clero isolano e, non ultimo, da parte della CISL sarda a cui non è andato giù nel recente passato un taglio di finanziamenti regionali alla sua scuola professionale (IAL).

Una serie di fattori in grado di indirizzare la partita in una certa direzione. Ciò che stupisce è un così netto margine tra i due contendenti, assolutamente imprevisto da tutte le rilevazioni della vigilia.

In questo senso una possibile chiave di lettura potrebbe essere fornita dalla cura impiegata dal centro-destra per la composizione delle liste. Al di là del 30% del PDL, i risultati per i Riformatori Sardi (quasi il 7%), per il PSDAZ (4,3%) e per l’UDS (3,5%) sono estremamente lusinghieri e sono figli di candidature di un elevato numero di amministratori locali capaci di raccogliere effettivamente consensi. Analogo discorso e con forse ancora maggior enfasi vale per l’UDC che sfiora il 9% complessivo e fa registrare su tutti un 30% a Iglesias con il leader regionale Giorgio Oppi e un 41% a Tempio Pausania, dove il sindaco è appunto un esponente di quel partito. Dall’altra parte invece la somma dei partiti dell’area ex-Sinistra Arcobaleno arriva al 6,5% che è migliore del 3,5% delle politiche, ma è comunque deludente, in quanto incapaci di andare oltre il bacino tradizionale di riferimento. I Rossomori (formazione nata da una scissione nel PSDAZ dopo che questo decise di andare a destra) conseguono il 2,5% pur senza essere stati presenti nell’Ogliastra, nell’Oristanese e nell’Iglesiente. L’IDV di Di Pietro, al di là dei proclami del leader, cresce rispetto alle politiche di un solo punto percentuale e tocca il 5% e paga il fatto di avere un radicamento territoriale ancora tutto da consolidare. Dal canto suo il PD, praticamente orfano di tutti i “notabili” non più ricandidati, non arriva neppure al 25%.

(per continuare la lettura cliccare su “2”)

In questo quadro di menomature presenti già in partenza non si capisce perché rinunciare a priori a una formazione civica di stampo centrista con candidati qualificati e conosciuti sul territorio. Che è né più né meno quello che il centro-sinistra fece ripetutamente alle amministrative negli anni del passato governo Berlusconi quando oltretutto le condizioni generali erano più favorevoli, come testimoniato dai diversi successi negli enti locali in quella fase. O meglio si capisce benissimo. Visto che Soru tagliando i ponti col passato ha assunto una precisa decisione che ha avuto come corollario il fatto di rinunciare in partenza a un buon numero di voti. Lui stesso inoltre ha detto no ad un possibile bis della lista Progetto Sardegna presentata nel 2004. In questo senso il suo rammarico post-voto per il magro risultato delle liste che lo supportavano pare quantomeno stridente rispetto alla linea di condotta precedente.

A conclusione di questo ragionamento c’è il risultato elettorale della città di Sassari, dove l’amministrazione comunale di centro-sinistra guidata da Gianfranco Ganau, accreditata di un buon apprezzamento, ha fatto da traino al successo di Soru con 10 punti di margine su Cappellacci, 4 in più rispetto alle politiche 2008, 3 in meno rispetto alle politiche 2006. A Sassari ben 5 assessori della giunta Ganau si sono dimessi per candidarsi alle regionali. Osservando i risultati in giro per la Sardegna si confermano roccaforti del centro-destra le province di Olbia-Tempio (+23% per Cappellacci), di Oristano (+18%) e Cagliari (+13% complessivo, mentre nel capoluogo il margine è di 6 punti). Cambia invece colore l’Ogliastra ed è un fatto storico perché finora aveva sempre premiato il centro-sinistra, che stavolta risulta staccato del 12%, e il PDL con gli alleati ottiene un vastissimo consenso anche nell’Iglesiente, il territorio di Antonello Cabras. Qui, dove di solito c’è molto equilibrio, i punti percentuali di scarto tra le due coalizioni sono 18. L’unica eccezione in zona è Carbonia dove Soru stacca Cappellacci del 7,5%, ma è un risultato più magro rispetto alle politiche di aprile. L’ex patron di Tiscali resiste nel Medio Campidano e nel Nuorese (in entrambi +6%) e di un soffio pure in provincia di Sassari. In questa provincia il centro-sinistra riesce di pochissimo a migliorarsi ad Alghero rispetto al risultato delle politiche, dove la base di partenza per il centro-destra era il 53%, mentre Cappellacci si ferma due punti percentuali più sotto.

In particolare in tutte le aree costiere Cappellacci ottiene risultati buonissimi. Le polemiche sulla tassa sul lusso e il paventato rischio di veder ridurre l’afflusso di turisti e soprattutto i timori per un blocco prolungato dell’edilizia turistica oltretutto in un periodo di crisi economica molto forte hanno avuto un peso non di poco conto sul giudizio dell’elettorato. Ridurre il risultato delle elezioni regionali sarde a un plebiscito pro-Berlusconi, che indubbiamente attraversa una fase di luna di miele prolungata con l’elettorato, sarebbe riduttivo.

Hanno pesato anche altri fattori a cui si è accennato. Una sorta di pro o contro il presidente uscente, nella quale di fatto una parte dei suoi ufficiali sostenitori avevano motivi di risentimento per diverse motivazioni. Da questo punto di vista la lettura data da più parti sul voto disgiunto pro-Soru è poco fondata. In realtà Soru raccoglie molti più voti rispetto ai partiti che lo sostenevano perché in primo luogo, a differenza di Cappellacci e del centro-destra, molti elettori di centro-sinistra hanno votato solo per il fondatore di Tiscali senza esprimere un segno su alcun partito a lui collegato. In qualche modo lo stesso Soru in un’intervista a Repubblica.it (http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/politica/elezioni-sardegna/soru-dopo-sconfitta/soru-dopo-sconfitta.html) pare cogliere a bocce ferme e passata la botta iniziale parte di quei problemi a cui si è accennato. “Il centro-destra ha promosso i portatori di preferenze” dice lo sconfitto a un certo punto. Vi consigliamo di leggerlo tutto l’articolo perché ne esce un quadro assai complesso, una sorta di “incubo” nel quale il “fare”, ciò che “la gente” chiede alla politica (”Ma Tizio cosa ha fatto?…” è frase ricorrente) pare non essere sufficiente per essere riconfermati (qui nemmeno per non esser travolti…) quando subentrano altri fattori, siano essi mediatici, emotivi o quello che volete voi.

In previsione delle prossime amministrative di giugno conteranno molto le scelte sulle alleanze che vorrà fare l’UDC (in Trentino appoggiò il centro-sinistra, in Abruzzo corse da sola, qui ha dato un contributo decisivo al successo di Cappellacci) e la capacità, ma forse prima ancora la convinzione, dei progressisti di adoperarsi per riannodare i fili del rapporto con quelle comunità locali che da più parti amministrano. Sia in quanto a capacità di ascolto dell’elettorato, sia per quanto concerne l’offerta politica in termini di contenuti e di uomini.