Una prima analisi del voto europeo

Una prima analisi del voto europeo

La tornata di elezioni di quest’anno, che avrà una coda non insignificante tra dieci giorni con i ballottaggi in molte realtà locali, ha sorpreso chi prefigurava uno scenario netto. Univoco. O meglio ancora: definitivo.

In questa analisi passeremo in rassegna i principali elementi entrati in gioco nelle elezioni europee del 6-7 giugno.

Alcuni fattori erano stati complessivamente previsti, o erano comunque prevedibili alla luce dell’esperienza passata:

- il redirezionamento di voti verso le forze medie e medio-piccole, tratto riscontrato anche nel 1999 e nel 2004: Lega, UDC e IDV passano dal 18,3% delle Politiche 2008 al 24,7 per cento. In termini di voti assoluti la cosa è ancora più significativa: dai 6,7 milioni dell’anno scorso le preferenze diventano quasi 7,6, con un saldo di 900 mila voti.
– il buon risultato delle forze minori, cioè quelle che hanno totalizzato meno del 2 per cento a testa: nonostante molte rilevazioni demoscopiche non le considerassero nemmeno, hanno sfiorato il 3% complessivamente, con più di 800 mila voti.
– la sofferenza del Partito Democratico, ravvisata in tutti i sondaggi, che tuttavia non porta il PD a un crollo drammatico (il 22-23% registrato a febbraio) ma lo ridimensiona sensibilmente rispetto al 2008: i voti persi sono oltre 4 milioni e il passaggio di voti a Di Pietro lo fa arretrare al secondo posto in regioni dove la Lega è debole e il Pdl fa il pieno dei voti a destra, come Marche e Umbria. Inoltre, l’erosione di consenso è ancora più drammatica al Nord, dove il partito di Franceschini finisce al terzo posto in Lombardia ed è addirittura spettatore della contesa PDL-Lega in Veneto.
– L’exploit di Sinistra e Libertà nel Sud, dove supera il 5%, e segnatamente in Puglia, dove sfiora i 7 punti, pur nel quadro di un risultato largamente inferiore alle previsioni dei leader di SL e PRC-PDCI. A significare, ancora una volta, il peso delle dinamiche locali anche nel voto nazionale – in questo caso, anzi, l’elezione europea aveva una dimensione persino sovranazionale.

Altri sono stati invece elementi non previsti e per certi versi sorprendenti:

– il risultato deludente del PDL, che i sondaggi accreditavano di almeno il 38% nelle intenzioni di voto e che ha sofferto delle aspettative troppo alte riversate da Berlusconi sulla formazione di centrodestra: se il premier non avesse parlato di 43-45 per cento probabilmente il 35,3% di oggi parrebbe meno cocente. Il calo è in ogni caso spiegabile in larga misura alla luce del crollo dell’affluenza nel Sud e nelle Isole soprattutto: in Sicilia quasi dimezza i voti (da 1,3 milioni a meno di 700 mila), in Sardegna va ancora peggio (da 415 mila preferenze a 202 mila, rischiando di farsi superare dal PD), e lascia sul terreno 135 mila voti in Calabria e 430 mila in Campania.

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- la tenuta complessiva dei rapporti di forza tra centrodestra e centrosinistra: nel 2008 c’era un margine di 45,7% a 41,6% contando Pdl e Lega da una parte e PD, IDV, Sinistra arcobaleno e PS dall’altra. Un divario di circa 1,5 milioni di voti, oggi ridotto, se guardiamo al distacco tra Pdl e Lega da una parte e PD, IDV, PRC-PDCI, SL e lista Bonino dall’altro, a meno di 750 mila.
– il buon dato della lista Bonino, che ha verosimilmente beneficiato dell’esposizione mediatica nelle ultime settimane di campagna elettorale e dell’autonomia rispetto al PD nelle cui liste era invece confluita l’anno scorso: e il 2,4% nazionale non rende giustizia dei risultati molto migliori ottenuti nelle grandi città: se prendiamo le quattro metropoli italiane (Roma, Milano, Napoli e Torino) i radicali si attestano nel complesso al 4,2%.

Molti sono ancora i profili di interesse di queste elezioni europee. A breve pubblicheremo analisi dettagliate basate sui nostri sondaggi pre-elettorali e sugli instant poll, che avevano sottostimato l’effetto dell’affluenza al Sud ma che hanno dimostrato, pur richiedendo risorse largamente inferiori, di essere validi come, se non per certi versi di più, delle tradizionali inchieste CATI. Ma questa è un’altra storia: ed è giusto che la raccontiamo in uno spazio a sé.