Quale legge elettorale vogliono i partiti? (1)

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L’attuale legge elettorale è figlia di una tattica precisa. L’allora ministro delle Riforme, il leghista Calderoli, la scrisse con la volontà di creare scompiglio nel panorama politico italiano e favorire la propria coalizione. Ad ammetterlo fu proprio il ministro quando nel 2006 partecipò a Matrix e sconfessò in diretta tv la propria creatura normativa, definendola “una porcata”.

Tutti i partiti di opposizione concordavano e concordano tuttora sul fatto che la legge Calderoli si debba cambiare. In molti la considerano responsabile della schiacciante maggioranza di cui ha potuto godere il quarto governo Berlusconi nel suo primo biennio di vita. Il problema è che nella “cucina” delle opposizioni comandano troppi “chef”, i quali hanno ricette diverse e non concordano su tutti gli ingredienti. Ecco i vari menu:

È bene ricordare che dei cinque leader menzionati ben due, Casini e Fini, sono tra coloro che nel 2005 sostennero e votarono la legge Calderoli e che gli altri tre – Rutelli, Di Pietro e Bersani – non fecero nulla per cambiarla quando ne ebbero l’opportunità dal 2006 al gennaio 2008 (se si escludono le varie “bozze” firmate Bianco e Vassallo-Ceccanti). Alla luce di queste e altre vicende, sarebbe stato molto difficile scrivere e approvare una nuova riforma elettorale condivisa, anche nel caso in cui Berlusconi non avesse incassato la fiducia in Parlamento lo scorso 14 dicembre. Oramai, la proposta – seppur parziale e mirata – di riformare l’attuale legge elettorale potrebbe partire addirittura dagli scranni del centrodestra, ed essere usata eventualmente come “merce di scambio” per l’approvazione di leggi di comodo a sostegno del governo.

Giuseppe Ceglia