Moldavia, se Tiraspol diventa l’ago della bilancia tra Russia e Nato

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Moldavia, se Tiraspol diventa l’ago della bilancia tra Russia e Nato

 

“Al fine di integrare i Paesi dell’ex Unione Sovietica serve la creazione dell’Unione Euroasiatica. Questo è l’imperativo del nostro tempo, cercare di ripristinare quanto di buono esisteva quando avevamo una singola economia nazionale”. Così, Andrej Denisov, Vice Ministro degli Esteri russo, riportando di decenni indietro le lancette degli orologi, ha esordito all’incontro sul tema “Cooperazione Eurasiatica: Prospettive e Sfide”, organizzato dalla testata editoriale La Voce della Russia. Tra i membri delle diplomazie post-sovietiche partecipanti all’iniziativa, i delegati moldavi si sono rivelati essere i non tanto velati destinatari della spigolosa sentenza.

 

I rapporti tra Mosca e Chişinău, a seguito delle dichiarazioni sul possibile riconoscimento russo della Transnistria, hanno subito infatti ulteriori raffreddamenti nelle ultime settimane. Seppur rimangano identiche le posizioni e le susseguenti rivendicazioni – Chişinău preme per una rapida intensificazione del suo percorso europeo e transatlantico, la Russia contrariamente non desidera perdere la sua influenza su una determinante area geopolitica di frontiera – recentemente nuovi episodi hanno inasprito le diatribe.

Il 16 ottobre scorso, il capo del Committee for State Security (Kgb) della autoproclamatasi Repubblica indipendente di Transnistria, Vladislav Finagin, ha illustrato, precisando l’attendibilità delle sue fonti, il presunto piano intrapreso dalla Moldavia al fine di creare una base Nato ai confini con la repubblica indipendentista. Finagin ha inoltre svelato la presunta congiunta presenza di specialisti americani e rumeni deputati all’addestramento di unità del Ministero degli Interni e del Ministero dell’Informazione e dei Servizi Segreti moldavi. Evidenziando, infine, il processo di revisione costituzionale che le autorità di Chişinău sarebbero pronte ad intraprendere unicamente al fine di legittimare l’installazione di basi militari estere sul territorio moldavo. Seppur smentite ufficialmente dall’entourage governativa moldava, le dichiarazioni hanno perpetrato il loro eco negli ambienti diplomatici. Il raggiunto scopo del Cremlino era infatti, in momenti di relativa tregua tra Chişinău e Tiraspol (parziale ristabilimento di uno spazio socio-economico condiviso), agitare le acque, riaffermando la propria influenza e la sua necessità, militarmente manifestata dalle forze di peacekeeping russe (Operative Group of Russian Troups – OGRV) ancor’oggi presenti ai confini moldavo-transnistri, scongiurando così le chiacchierate voci che ne prevedevano una futura sostituzione con le forze di sicurezza Nato.  Ritrovarsi una base Nato all’interno della Csi, Comunità degli Stati Indipendenti, comporterebbe infatti un ulteriore sgretolamento della capacità di influenza geopolitica di Mosca sullo spazio ex-sovietico. In quest’ottica, le anacronistiche dichiarazioni sopra riportate del Vice Ministro degli Esteri russo, intendono implementare il processo di coinvolgimento di Chişinău all’interno della costituitasi Comunità Euroasiatica. Essa, frutto delle volontà congiunte di Russia, Kazakistan e Bielorussia, ha posto le proprie basi nel novembre 2011, quando i Presidenti dei tre Paesi hanno siglato un accordo, impegnandosi a celebrare la nascita ufficiale e il consolidamento dell’Unione entro il 2015. Nell’accordo si definiva la road map costitutiva, prospettando l’imminente nascita di una Commissione Eurasiatica, sul modello europeo, e dello Spazio Economico Euroasiatico, operante dal primo gennaio 2012.

La politica estera del Cremlino, all’interno dello spazio post-sovietico, ha iniziato infatti a servirsi, oltre dei già ampiamente abusati aut aut energetici, di un nuovo strumento di pressione: le instabilità politiche nazionali. La Trasnistria, oggetto delle recenti dichiarazioni dei rappresentanti degli Esteri russi, non è infatti altro che un semplice strumento, tra i tanti, usato da Mosca al fine di incanalare i percorsi degli Stati post-sovietici su direttive a lei più consone. Al desiderio europeo della classe politica moldava, soggiogato ai continui dikat indiretti del Cremlino, viene proposta oggi una scelta di campo, e di convenienze geopolitiche, tra il percorso scelto, la Comunità Europea, e il percorso ruffianamente suggerito, la Comunità Euroasiatica.

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C’è inoltre chi, in queste settimane, seguite alle dichiarazioni di Finagin, e all’intensificazione della cooperazione militare moldava con gli alleati europei e americani (finalizzazione della partecipazione moldava nella European Security and Defense Policy e offerta di un prestito statunitense di 1,6 milioni di dollari al fine di sviluppare e migliorare le infrastrutture moldave di peacekeeping) propone paralleli con le fasi precedenti la recente guerra in Ossezia del Sud. A metà ottobre, infatti, le autorità russe, senza preavvisi ai colleghi moldavi, hanno tentato di armare le forze di peacekeeping presenti in territorio moldavo con lanciagranate e fucili di precisione. Riprese dal Ministro della Difesa moldavo, Vitalie Marinuta, riguardo il tentativo di violare gli accordi siglati introducendo armamenti lontani dagli scopi di peacekeeping, le autorità di Mosca compiendo un passo indietro, si sono scusate, evidenziando contemporaneamente però il vero scopo del malinteso: sondare le acque. Alla vicenda si sono successivamente aggiunti l’intensificarsi dell’addestramento delle forze militari trasnistrie e il progetto di ammodernamento della base militare aerea di Tiraspol, intrapresi dal Cremlino. Le richieste di delucidazione di Chişinău hanno visto le autorità militari russe giustificare l’ammodernamento con la necessità di trasportare a Tiraspol otto elicotteri e altro materiale militare.

La rapida successione di eventi viene così letta, da coloro che propongono similitudini con i preamboli del conflitto ossezio, come il tentativo intrapreso da Mosca al fine di scoraggiare militarmente l’intensificazione dei rapporti di Chişinău con le istituzioni europee, minacciando altrimenti un preoccupante cambiamento degli scenari interni.

In questi giorni, il rappresentante russo per la Transnistria, Dmitry Rogozin, è in visita ufficiale a Chişinău e Tiraspol con lo scopo di discutere la risoluzione del conflitto. Il 29-30 novembre giungerà in Moldavia, il Presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, al fine di intavolare discussioni riguardo la futura implementazione delle trattative europee. Entrambi proveranno ad ottenere mediatiche dichiarazioni legittimanti le loro antitetiche posizioni. L’augurio è che non dimentichino di discutere il dovuto assestamento delle plurime instabilità a cui la geopolitica ha condannato il Paese.