Distribuzione seggi al Senato – Maggioranze (IM)possibili

Distribuzione seggi al Senato – Maggioranze (IM)possibili

 

Come accennato in altri articoli, alle prossime elezioni la distribuzione dei seggi al Senato rischia di essere un nuova “lotteria” a causa dell’effetto prodotto dai 17 premi di maggioranza previsti per le 17 Regioni. Il rischio, come noto, è quello di avere una centro-sinistra con una maggioranza (o nessuna maggioranza) troppo risicata per poter governare.

Grazie alla proiezione del Cise possiamo osservare due ipotesi rispetto alla distribuzione dei seggi in Senato; in base a queste proiezioni possiamo immaginare le possibili alleanze post-elettorali.

La prima ipotesi posta si sviluppa in tre “scenari possibili” mantenendo ferma la conquista di tutti i seggi da parte del centro-sinistra nelle regioni dove la coalizione guidata da Bersani risulterà perdente; evidentemente tale assunto non troverà riscontro nella realtà ma è comunque utile, nella costruzione di un modello, applicare delle piccole forzature. Tenendo ferma la condizione appena citata, l’ipotesi evidenzia tre possibili risultati in termini di seggi al Senato da parte della coalizione progressista e, tranne che nel primo caso, i seggi ottenuti non garantiscono certamente un vita facile ad un possibile governo Pd-Sel (la maggioranza semplice al Senato è di 158 seggi, quelle previste nei tre scenari sono rispettivamente 178, 169 e 165).

Nell’ ipotesi B vengono introdotti elementi più reali e si immagina un centro-sinistra “costretto” a dividere i seggi con altre formazioni, nelle regioni dove risulteranno vincenti Lega e Pdl. Ovviamente, in questo caso, le previsioni per Bersani e Vendola sono ancora peggiori, considerato che, in questo caso non esiste una maggioranza, neanche risicata.

Osservando quindi gli elementi sistemici non si prevedono mesi facili per il Governo del Paese, anche se la situazione dell’offerta politica è molto diversa dal 2006: infatti mentre cinque anni fa gli schieramenti risultavano divisi in due coalizioni “catch all” oggi il quadro è molto più composito. L’unico polo forte rimane quello di centro-sinistra che, però, rispetto al 2006 è molto meno “pesante” considerata la composizione della coalizione sostanzialmente formata da due soggetti Pd e Sel.

Il resto dello scenario è completato da tre “poli minori”: M5S, Pdl+ Lega Nord (ammesso che si presentino unite) e Centro. Formazioni diverse con diversa capacità coalizionale, che è l’elemento “nuovo” rispetto al 2006, oltre ad essere la caratteristica in grado di modificare anche la strutturale instabilità di nel nostro sistema partitico. Nelle ultime due legislature abbiamo infatti assistito all’esplosione di molte formazione politiche che hanno generato “pezzi” di ceto politico in grado di agire autonomamente: un esempio fra tutti è rappresentato dall’avventura di Fli.

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Il prossimo Parlamento sarà probabilmente caratterizzato da una instabilità che produrrà maggioranze post-elettorali formate da formazioni “intere” e non da pezzi di partiti fuoriusciti. Il Pd probabilmente dovrà decidere se allearsi con Sel o con il Centro e non con pezzi di essi; inoltre anche le spinte alla fuga verso Monti di esponenti del Pd è frenata dalla certezza di vittoria del partito di Bersani che garantirà posti e posizioni di potere a molti “montani” del Pd (chi mai abbandonerà il cavallo vincente finchè corre?).

Possiamo solo restare in attesa e osservare le prossime mosse dei soggetti in campo, anche se qualche certezze appare già oggi evidente:

– Qualsiasi equilibrio venga raggiunto nel 2013, sarà comunque instabile e porterà il Paese, quasi certamente, ad elezioni anticipate.

– L’intera classe dirigente di questo Paese non pare avere idea di quale forma dare alla competizione politica: il bipolarismo rimane un’illusione e tutti, Monti compreso, sembrano ossessionati dalla scomposizione/ricomposizione del quadro partitico alla ricerca della sintesi perfetta.

Infine occorre rilevare una questione fondamentale. Le proiezioni sulla instabilità al Senato girano ormai da giorni nel circuito mediatico e sono senz’altro note a tutti gli osservatori internazionali; nonostante ciò non si assiste a reazioni isteriche dei mercati e a crolli di sfiducia nell’Italia. In buona sostanza, alla vigilia di una situazione potenzialmente esplosiva nessuno sembra preoccuparsi tantomeno i mercati che, forse più che alla stabilità guardano ad una specifica stabilità che non può prescindere da Monti.