Il gioco delle coppie

gioco delle coppie: Massimo Donadi e Bruno Tabacci

Gli ultimi decenni di politica italiana hanno mostrato, agli occhi degli appassionati, una dura verità: una cosa è lo scenario politico italiano, un altro è lo scenario pre-elettorale. Così avviene ad ogni tornata elettorale un vero e proprio gioco delle coppie tra partiti e formazioni politiche, di diversa estrazione culturale ed ideologica.

Formazioni politiche che vivacchiano in Parlamento, che riempiono di manifesti i muri delle nostre città, ma che temendo la dura prova delle urne preferiscono, se non il salvagente, un abbraccio politico in grado di risollevare le loro sorti.

Tra questi “perversi matrimoni” quello di cui si è discusso di più nelle ultime ore è stato quello tra i Radicali e La Destra di Francesco Storace. Un matrimonio naufragato in quanto l’ex ministro della sanità, impegnato nella presentazione delle sue liste su scala nazionale, non ha potuto consegnare in tempo ai Radicali le liste per raccogliere le firme in sostegno alla sua corsa alla presidenza della Regione Lazio.

Un matrimonio non riuscito dunque che però rischia di aver già compromesso la reputazione di Pannella, considerato ormai alla stregua di un voltagabbana politico dai pochi punti di riferimento ideali.

In realtà l’idea di un’accoppiata Pannella-Storace nasceva da una specifica necessità legata al caso Lazio che tra l’altro non comprometteva la corsa in solitaria della lista pannelliana Amnistia, Giustizia e Libertà. Il candidato alla presidenza della regione per il centrosinistra Nicola Zingaretti infatti ha chiesto alle liste che lo sostengono di non ricandidare i consiglieri uscenti, colpiti da un netto calo di popolarità dopo le varie vicende Fiorito e co. I radicali si sono impuntati nel voler ripresentare i due consiglieri alla Pisana, Berardo e Rossodivita, considerati da Pannella come coloro i quali avevano colto Fiorito con le mani nella marmellata.

Da qui l’uscita dei radicali della coalizione di centrosinistra a livello regionale e la volontà di un accordo con un’altra coalizione per poter superare una soglia di sbarramento altrimenti considerata proibitiva.

E la cosa comica è che per rimediare al ritardo dell’arrivo della documentazione ha anche proposto a Berardo e Rossodivita di candidarsi all’interno delle liste della Destra (proposta rifiutata da ambedue).

Un matrimonio fallito e strano, che però ha una forma di precedente storico nel tentativo pannelliano di reinserire la vicenda politica dell’Msi all’interno dell’alveo, se non costituzionale, almeno democratico (congresso dell’Msi a Roma nell’82).

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Ma non è solo l’unica strana accoppiata quella tra Storace e Pannella. Il gioco delle coppie è praticato a destra come a sinistra.

Perché infatti non parlare di Tabacci e Donadi? Il primo la storica “spina del fianco” (copyright Silvio Berlusconi) nel corso della XIV legislatura dove nella vesta di presidente della commissione attività produttive della Camera molto spesso fustigò l’operato del Cavaliere, il secondo in rotta con Di Pietro (pare che nell’Idv viga nei confronti di Donadi una forma di damnatio memoriae) e desiderosa di continuare il dialogo interrotto con la grande casa democratica.

Nasce dunque Centro Democratico, strano coacervo che sfugge a qualsiasi tipologia di catalogazione a livello internazionale e che comprende tra le sue liste l’ex guardasigilli e presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick.

Il caso più eterogeneo però riguarda senz’altro Fratelli d’Italia: cosa c’entra l’iperstatalismo di matrice sociale della Giorgia Meloni col liberismo sfrenato e d’impronta einaudiana del cuneese Crosetto? Per non parlare della tradizione della destra meneghina rappresentata dal lombardo – siculo La Russa che, nonostante il forte aplomb neo-conservatore, in molti nell’entourage continuare a definire, a differenza di Gasparri, “un vero fascista”?

Caso più omogeneo, ma strambo per logica politica e quindi inseribile nel nostro “gioco delle coppie”, è l’asse Tremonti-Lega. E’ vero che per anni, così come Aldo Brancher, Tremonti è parso più un esponente leghista che forza italiota. Ma perché, da parte di un partito storico come il Carroccio, questo riferimento nel suo simbolo al movimento “3L” di Tremonti, forza politica potenzialmente quanto mai residuale?

La triste conclusione, che attristisce tutti i malati di politica, e che formazioni politiche minori ma folkloristiche spesso purtroppo prendono la decisione di non correre. E si salvarsi in corner.

Quanti, per cinque lunghi anni dal 2001 al 2006, hanno sognato di assistere e di poter provare la consistenza politica dello Sdi a livello nazionale (considerando il flop del Girasole), vedendosi negata questa soddisfazione sia in occasione delle Europee 2004 (Uniti nell’Ulivo) sia in occasione delle politiche di due anni dopo (La Rosa nel Pugno)?