Ucraina, il mercato della stampa quotidiana

La pretesa di rintracciare le famiglie politico-ideologiche ispiranti le linee editoriali dei principali quotidiani di informazione in Ucraina risulta sforzo vano. Liberal-conservatore-progressista divengono, nel mercato della stampa nazionale, nulla più di astratti concetti mascheranti gli interessi economico-politici delle proprietà.

 L’implementata internazionalizzazione, un numero crescente di testate offre oggi una versione inglese, oltre all’intramontabile versione russa, nasconde infatti il radicamento locale degli editori, vecchi e nuovi, e delle loro tetre mosse volte a far scacco matto sull’opinione pubblica ucraina. Così, se le vicende raccontate sulle loro pagine inducono alla noia, diverse disposizioni d’animo suggeriscono gli intrecciati fili ingarbuglianti le loro matasse proprietarie. Procedendo a targhe alterne, intervallando le influenze politiche alle pressioni economiche, entriamo quindi all’interno dell’intricato mondo dei quotidiani di informazione della Repubblica Ucraina.

Den, testata rivolta all’intellighenzia cultural-accademica, propone come editore super partes Larysa Ivanyshyn, moglie del navigato Yevhen Marchuk, membro del Kgb e primo Presidente, dal 1991 al 1994, dei servizi segreti (SBU) dell’Ucraina indipendente.

Affaticandosi lungo i plurimi ribaltoni della recente storia politica del Paese, ha intrapreso una carriera fedelmente servile ai potenti di turno. È stato infatti deputato parlamentare e Primo Ministro (1995-1996) sotto la Presidenza di Leonid Kuchma, Ministro della Difesa nel primo governo Yanukovich (2003-2004), avvicinandosi infine, a seguito dei trionfali momentanei successi della Rivoluzione Arancione, al neo-eletto Presidente Yushchenko. Meriti sufficienti, a quanto pare, al fine di garantire una sicura indipendenza della testata edita dalla moglie.

Passando al Kyiv Post, quotidiano nato nel 1995 ad opera del ricercatore americano Jed Sunden, domiciliato in Ucraina e desideroso di proporre un nuovo format al pubblico locale, due sono state le fasi del suo ciclo di vita editoriale.

La riconosciuta indipendenza, dimostrata nella copertura dei principali eventi del Paese, frutto dell’audacia di Kp Media e del suo fondatore statunitense, si è dovuta infatti accomodare nel 2009 alle brame del nuovo proprietario, Mohammad Zahoor. Cittadino britannico di origini pakistane, congiunto in matrimonio alla popolare pop singer ucraina Kamaliya, ha rilevato la testata integrandola all’interno dell’eterogeneità operativa del proprio gruppo: Istil (International Steel & Tube Industries Ltd.).

Questo, nato all’epoca delle privatizzazioni eltsiniane dei primi anni novanta, sotto il nome di Metal Russia, ha acquisito nel 1996 la fruttifera compagnia metallurgica ucraina Donetsk Metallurgical Plant (DMZ). Nel 1999, saldati i necessari legami politici, e conseguentemente assicuratosi futuri finanziamenti a pioggia, ha cambiato poi, in ragione dell’internazionalizzazione del proprio business, il proprio nome in Istil, trasformando anche DMZ in Istil Ukraine.

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Nel 2004, è iniziato il raccolto. L’EBRD, European Bank for Reconstruction and Development, ha infatti avviato la prima tranche di concessioni, assegnandogli 25,6 mln di euro, diventati 85 mln nel 2007. Il 2007, anno di lotterie per Istil, gli ha regalato inoltre un credito di 170 mln da parte delle principali banche internazionali (Unicredit, Bnp Paribas, BCV).

 Goduti i benefici di tanta fortuna, oltre a quelli ottenuti dalla vendita dei propri assets nella produzione dell’acciaio alla holding russa Estargroup (aprile 2008), il 2009 è diventato l’anno dell’arrembaggio. Istil ha infatti intrapreso investimenti nei settori della real estate, dell’energia, del produzione e distribuzione cinematografica e, appunto, con l’acquisto del Kyiv Post, dei media.

Se le ombre di possibili conflitti di interesse risultano palesi, le complicità con l’odierna classe politica hanno mostrato i propri censori tratti nell’aprile 2011 quando, l’editor Brian Bonner, è stato inaspettatamente licenziato a seguito della pubblicazione di un’intervista con il Ministro dell’Agricoltura, Mykola Prysiazhniuk. Zahoor, incalzato dagli scioperi della redazione, è stato però costretto a reintegrarlo in meno di una settimana, vantandosi oltre della comprovata indipendenza del quotidiano.

Onde evitare simili incidenti, pregiudicanti l’efficacia delle proprie pressioni sui media privati, l’entourage politica ucraina gode quindi di un proprio quotidiano governativo, il Uryadovy Kuryer. Questo, retaggio di un passato scomodo, oltre a presentare prolissi report sulle attività presidenziali e ministeriali delle principali istituzioni del Paese, offre un’ampia schiera di analisi politiche, economiche, societarie, non disprezzando approfondimenti culturali.

Integra inoltre la sua (im)parzialità con l’inserto Holos Ukrayiny, megafono diretto del Parlamento della nazione ucraina, garante della rappresentazione delle principali iniziative proposte dalle contrapposte fazioni politiche.

Il cerchio dei quotidiani di informazione si chiude con Komsomolskaya Pravda v Ukrayne, testata in lingua russa, annoverante un assetto detenuto per il 51% da Ukrainian Media Holding, partecipata della compagnia Privat Group, proprietà dei tre oligarchi Ihor Kolomoyskyi, Henadiy Boholyubov e Oleskiy Martynov.

La holding, notoriamente vicina alle classi governative russe e ucraine, basando su ciò il suo sconfinato successo nei settori bancario, metallurgico, energetico, chimico e alimentare, e affossando contemporaneamente la dovuta indipendenza, si costituisce megafono di una delle più occultate trame di potere dello spazio post-sovietico. Fondamenta, apparentemente non sufficienti, ad interromperne la diffusione.

L’amara post-fazione, oscurata da cotal tetro scenario, porta la speranzosa firma di Ukrayinska Pravda. Esso, quotidiano fondato dal giornalista ucraino Georgiy Gongadze, sequestrato e barbaramente ucciso nel 2000 dalla trasversale complicità della classe politica ucraina, pur costituendo un ammirabile esempio di indipendenza, non risulta però nulla più di un’infinitesimale goccia in un oceano di corrotti interessi. Da difendere. Da cui ripartire.