Olanda, economia protagonista della politica Ue.

I Paesi Bassi sono uno Stato spesso riassunto con stereotipi come i mulini a vento, i tulipani e i coffee shops, ma negli ultimi giorni sono giunti alla ribalta per diverse notizie. Innanzitutto l’abdicazione della Regina Beatrix a favore del figlio Willelm-Alexander. La sovrana, raggiunta la soglia dei 75 anni, ha deciso di andare in pensione così come fece sua madre Juliana nel 1980. Un concetto alieno all’istituzione monarchica. Di solito il Re governa fino alla morte. Ma gli olandesi si sono sentiti dire che è il momento di passare la mano a nuove generazioni. Probabilmente la loro nazione è più propensa alle novità rispetto al più conservatore Regno Unito.

A livello economico i Paesi Bassi sono sempre stati una costola della Germania: potenti, ricchi, con un’economia strutturata e solida, rating da AAA (massimo merito di credito) e, per certi versi più duri dei cugini tedeschi. In Olanda la tassazione è leggermente inferiore a quella italiana, ma i controlli contro l’evasione sono molto efficienti e il fenomeno è limitato al minimo fisiologico. Basta fare un giro per Amsterdam per capire quanto gli olandesi siano ligi alle regole della strada e del comportamento.

Nel periodo di massimo splendore per il regno di Beatrix il settore immobiliare ha aumentato dell’80% il proprio valore. Grazie alla politica fiscale per i mutui più espansiva d’Europa: gli olandesi possono portare in deduzione tutte le rate dei loro finanziamenti. Esse vanno a decurtare il reddito prima di calcolare la tassazione. L’effetto di tali vantaggi ha portato a un incremento dell’indebitamento per mutui da un 50% del PIL nel 1996 al 111% nel 2000, vanto della popolazione fiamminga, ma allo stesso tempo croce dell’attuale situazione.

In tale contesto si inserisce la notizia di alcuni giorni fa: la comunicazione da parte dell’intransigente Ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem: la nazionalizzazione da parte dello Stato di SNS Reaal, la quarta banca d’Olanda causata da perdite derivanti dal settore immobiliare, nell’agosto del 2012 i prezzi delle case erano crollati dell’8% e contemporaneamente il gross debt-to-income ratio (le entrate lorde mensili destinate al pagamento dei debiti) olandese raggiungeva la non indifferente soglia del 249,5%, ovvero più del doppio di quello che veniva guadagnato serviva per pagare mutui e prestiti (per inciso lo stesso indicatore vale 88,9% per la Germania e il 65,9% per l’Italia).

Il problema sulla scena internazionale di Dijsselbloem è legato al suo ruolo di Presidente dell’Eurogruppo, ovvero l’insieme dei Ministri delle Finanze dell’Eurozona. Da tempo il Ministro Olandese, classe 1966, andava in giro predicando la politica dell’austerity e del rispetto dei conti, facendo di lui un ostile avversario dei paesi mediterranei, per gli esperti più di Merkel o Schäuble.

Si è definito in sede europea “un Babbo Natale al contrario” poiché non vuole regali per nessuno e tutti dovranno pagare le tasse regolarmente. Ora che la bolla immobiliare scoppia anche nei Paesi Bassi sarà interessante vedere come il Ministro del Governo Rutte spiegherà alla popolazione che il salvataggio per 3,7 miliardi di euro della SNS Reaal sono dovuti a una crescita drogata dal credito facile e da una domanda troppo allegra di immobili e che la crescita economica e la tenuta dei conti olandesi erano in gran parte alimentati dal settore del credito.

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A rendere tutto questo più difficile da digerire ai sudditi di Beatrix si somma un’inflazione sanitaria che negli ultimi dieci anni ha raggiunto un pauroso 71,4%, frutto di una struttura che poggia su due pilastri. Il primo pubblico che assicura il cosiddetto long-term care e le disabilità. Un secondo tramite assicurazione privata per i trattamenti medici di routine (medico di base e ospedalizzazioni) pagato per il 50% dal datore di lavoro, per il 45% dal lavoratore e per il 5% dallo Stato.

Per farla breve un olandese medio ha visto quasi raddoppiare il costo delle assicurazioni sanitarie in dieci anni dando la colpa all’introduzione dell’euro piuttosto che al Governo che le ha introdotte. Come dire “tutto il mondo è paese!”.

Resta in piedi il fatto che in un contesto internazionale dove permane una divisione tra i neo-liberisti sostenitori radicali dell’austerity come soluzione unica per questa Crisi e i paesi mediterranei afferenti al gruppo PIIGS che vedono gli effetti della politica economica imposta dalla Germania alla Grecia e chiedono una maggiore elasticità nell’attuazione delle regole dettate dalla Troika formata da Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Unione Europea.

Una notizia come questa, sommata a una Germania che ha visto aumentare il proprio Prodotto Interno Lordo di pari passo con l’indebitamento privato, potrebbe scuotere la sensibilità dei radicali che toccherebbero con mano gli effetti di una imposizione di regole ferree sulle proprie popolazioni con ritorni elettorali non certo entusiasmanti. Il tutto va poi contestualizzato in uno scenario di guerra valutaria con Yen, Dollaro e Sterlina sempre più deboli e il Super Euro non permette più ai paesi del Nord Europa di esportare verso gli emergenti e la domanda interna, causa austerity, è ridotta all’osso. Forse qualcuno a Berlino comincerà a comprendere che infierire sui paesi “canaglia” non è poi così favorevole nel medio termine.

Sarà interessante osservare come tutti questi avvenimenti quasi inattesi si inseriranno in un’Europa dove manca ancora molto un concetto unitario contemporaneamente consapevole della ricchezza delle differenze che fecero la forza degli Stati Uniti e che potrebbero proiettare un futuro più roseo.

 di Ivan Peotta