L’Islanda al voto, il congresso dei laburisti norvegesi, la Finlandia tra voti di fiducia e euroscetticismo

Ci siamo, l’Islanda è pronta al voto di questo fine settimana. Il parlamento del paese verrà rinnovato e stando ai sondaggi gli equilibri politici sono destinati a cambiare profondamente. Se le previsioni troveranno conferma nelle urne, il centrodestra tornerà a guidare il paese e l’attuale governo di centrosinistra finirà per essere pesantemente ridimensionato.

Negli ultimi giorni sembra essersi riacceso il testa a testa tra il Partito dell’Indipendenza (di nuovo in crescita, al 27,5%) e il Partito progressista (che sta perdendo qualcosa e scivola al 25,5): una battaglia tutta interna ai conservatori, questa, che servirà a calibrare i rapporti di forza nel prossimo governo. Un buon risultato lo potrebbe ottenere il Partito dei Pirati (nel quale è confluito ufficialmente il Miglior Partito del sindaco di Reykjavík Jón Gnarr) che secondo un sondaggio della MMR si attesterebbe sul 7%. I laburisti della premier Jóhanna Sigurðardóttir (che non guida i suoi in questa tornata elettorale avendo annunciato da tempo il suo ritiro dalla vita politica) sono al 13,5.

L’Islanda è ormai arrivata al giorno del voto, la Norvegia corre spedita verso le urne. A Oslo si vota a settembre, la campagna elettorale è già partita e in questi giorni i protagonisti sono stati i socialdemocratici. Il partito dell’attuale primo ministro Jens Stoltenberg si è riunito per il congresso annuale: un appuntamento che è servito a serrare le fila, armarsi di coraggio (i sondaggi annunciano una sconfitta) e prendere qualche posizione. Tutto seguendo il consueto copione. Primo, rivendicare i risultati ottenuti: surplus nel bilancio statale, disoccupazione bassissima, utilizzo accorto dei proventi petroliferi, crescita economica. Secondo, gli obiettivi: creare posti di lavoro, infrastrutture e benessere per tutti i cittadini. Terzo, gli attacchi agli avversari: se il centrodestra dovesse andare al governo, per Stoltenberg l’economia norvegese sarebbe in pericolo e ci sarà più ingiustizia sociale, visto che il Partito del Progresso avvierebbe privatizzazioni su larga scala in campo sanitario e distruggerebbe lo stato sociale.

Quarto, alzare la testa: è possibile vincere nonostante i numeri diffusi dai sondaggi? Si, ha dichiarato Stoltenberg, è possibile: non bisogna avere paura. In fondo, le decisioni per il futuro: il partito ha dato il via libera alle esplorazioni petrolifere nelle acque degli arcipelaghi Lofoten e Vesterålen. Un tema molto caldo in Norvegia, sul quale i laburisti fino a poche settimane fa avevano sempre evitato di prendere posizione nette. La linea di Stoltenberg è passata anche se nel partito s’è registrata una spaccatura piuttosto evidente. Via libera dunque a uno studio approfondito sui vantaggi e gli svantaggi, ma ogni decisione operativa verrà presa solo 2015. Questo non sminuisce però il peso politico della decisione, e infatti Audun Lysbakken, leader del Partito della Sinistra Socialista che fa parte del governo, non ha perso tempo per commentare: “Noi e i laburisti abbiamo posizioni molto diverse su questo tema, è un aspetto di cui gli elettori terranno conto”.

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Anche a Helsinki i rapporti tra i membri del governo non sono tutti rose e fiori. Ad ammetterlo è stato il premier Katainen nel corso di un’intervista rilasciata qualche giorno fa: i compromessi raggiunti negli ultimi mesi sono soddisfacenti “ma alcune questioni sono complicate da risolvere”. Per ora queste difficoltà non mettono in dubbio l’esistenza stessa dell’esecutivo, che forte dei numeri parlamentari ha superato il tredicesimo voto di fiducia da quanto è cominciata la legislatura. A proporlo è stata l’opposizione, per niente soddisfatta del coinvolgimento finlandese nel salvataggio europeo di Cipro.

Timo Soini, leader dei Veri Finlandesi, da settimane accusa il governo di aver utilizzato i soldi dei cittadini per salvare un paradiso fiscale. Le posizioni euroscettiche dei Veri Finlandesi sono note, come è nota la determinazione del loro leader. Soini non ha infatti battuto ciglio di fronte al voto parlamentare che ha mantenuto in sella il governo (il risultato non era in discussione, del resto) e ha rilanciato: “Siamo il partito più in crescita, diventeremo la principale forza politica del paese” (anche se per ora, dicono i sondaggi, a crescere di più è il Partito di Centro). E poi gli affondi alla condotta politica del governo: “La disoccupazione sta distruggendo le fondamenta della società finlandese, per i giovani peggio della disoccupazione c’è solo la guerra”, ha tuonato Soini. E a proposito di disoccupazione: i numeri diffusi martedì scorso parlano di un tasso di senza lavoro lievitato al 9%, più di quanto si aspettassero a Helsinki.

Il problema è che le esportazioni stanno calando e la produzione industriale si contrae di conseguenza: questo costringe molte aziende a tagliare posti di lavoro. Una situazione che ha evidentemente molto a che fare con il sondaggio Gallup pubblicato pochi giorni fa: il 47% dei finlandesi è del parere che si debba prendere in considerazione l’ipotesi del fallimento per i paesi indebitati nell’eurozona, anche se una soluzione di questo tipo aggraverebbe la situazione nel breve periodo l’economia di Helsinki. Appena il 28% crede che i paesi in difficoltà finanziarie debbano rimanere nell’euro a tutti i costi. Molti finlandesi, quei costi, sembrano non volerli sostenere più.