Perche’ no alla patrimoniale

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In modo molto schematico vi sono 3 ordini di ragioni per cui una imposta patrimoniale, strutturale o una tantum sarebbero ciò di cui l’Italia NON ha bisogno ora:

1) Una motivazione morale, da dividere in due argomentazioni:

a) La patrimoniale colpisce beni già a suo tempo tassati, o meglio, ciò che con un reddito già tassato è stato acquistato, non colpisce il frutto di questo acquisto, ovvero l’affitto ricavato da un immobile o gli interessi da investimenti in fondi, poiché per questi redditi vi sono già tasse, recentemente giustamente aumentate. Si tratta quindi di tassare due volte, cosa in teoria vietato dalla Costituzione. Chiaramente vi è la possibilità che come ogni reddito anche quello che ha dato vita a un dato patrimonio sia sfuggito al fisco e si parla allora di evasione, se non di redditi illeciti, ma pensare di recuperare fondi dalla tassazione dei patrimoni perchè così si colpirebbe anche questa ultima categoria è una po’ una strategia in stile “Erode e la strage degli innocenti”, ovvero colpire tutti, in mezzo ci sarà quello che cerchiamo, una strategia rozza nel XX! secolo, tipica di chi non riesce a mettere in atto ricerche efficienti e strategie investigative contro l’evasione.
b) La patrimoniale colpisce chi ha fatto la formica e salva chi ha fatto la cicala: tra due famiglie con lo stesso reddito percepito per 30 anni quella che ha scialacquato, che ha acquistato auto, vacanze, gioielli, beni di ogni genere, spendendo tutto quello che guadagnava ora si troverà esentata da questo balzello, mentre quella che ha rinunciato a tutto ciò cui poteva rinunciare e ha invece accumulato per acquistare degli immobile, poniamo (è l’investimento preferito dagli italiani), ora viene colpita dalla tassa, come se fosse una specie di punizione keynesiana a chi ha osato risparmiare invece di consumare, ma è anche un premio per l’edonismo e il consumismo, valori che in teoria non appartengono molto all’Olimpo della sinistra italiana e internazionale.

 

2) Una motivazione micro-economica:

La patrimoniale, come già l’ICI del resto, e ogni imposta che si basa sul patrimonio e non sul reddito, mette insieme mele e pere, e chiede di pagare con pere la tassa su quante mele possiedo: fuor di metafora si tassa uno stock facendo pagare la tassa con reddito corrente, è una distorsione che si presta a innumerevoli danni. Si tassa allo stesso modo persone con redditi molto differenti se ereditano immobili dello stesso valore, introducendo un elemento di non progressività, la tassa risentirà poi dei cambiamenti intervenuti nel valore catastale di determinate zone nel frattempo che l’immobile era posseduto da persone il cui reddito non è aumentato proporzionalmente. La tassa, soprattutto se imposta al di sopra di una certa cifra, risente della concentrazione delle proprietà, spesso involontaria, come nel caso di figli unici eredi, che si trovano a superare il limite mentre enormi proprietà in un’altra famiglia possono essere spalmate tra molti soggetti e ricadere ognuna sotto la soglia. Le distorsioni sono molte, come è chiaro per imposte rozze e medievali tipiche del periodo in cui un accertamento del reddito era quasi impossibile e allora si tassavano le cose e gli oggetti, con tasse censuarie o le terre.

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3) Una motivazione macroeconomica:

Come economisti ed osservatori hanno sottolineato (Giavazzi, Alesina, De Bortoli), in un Paese con già ridottissimi senso civico e fiducia verso lo Stato, un ulteriore prelievo sul risparmio diminuirebbe ancora di più quel patto sociale tra cittadino risparmiatore e istituzioni, aumentando evasione ed elusione, che già non a caso diminuiscono il gettito potenziale in Paesi come Francia e Australia, si può immaginare in Italia dove la fantasia e la creatività nel trovare modi di eludere sono sopra la media mondiale, e abbondantemente. Lo si è visto con la tassa di successione che dava un gettito abbastanza irrisorio per l’abitudine degli italiani di intestare anzitempo ai figli le proprietà. Per esempio visto che ci sarebbe una soglia abbastanza alta oltre la quale far scattare l’imposta non sarebbe difficile “spezzettare” il patrimonio facendo rientrare ogni pezzetto sotto la quota.
Vi è poi un’altra ragione più prettamente economica: una imposta una tantum per dare uno shock e abbattere il debito al 90-100% non avrebbe i problemi precedenti, ma sarebbe una droga, un’alibi per non fare riforme per la crescita, o tagli, scomodi per le mille corporazioni e lobbies del Paese, esattamente come le svalutazioni della vecchia lira ma anche come l’entrata nell’euro, per motivi diversi. Si è dato fiato in un caso alla bilancia dei pagamenti e nell’altro si è abbattuto il servizio del debito, senza cambiare la struttura della spesa pubblica, renderla più efficiente, fare riforme che permettessero più crescita perchè nel breve periodo “andava bene così” e allora, perchè “rovinarsi il fegato” con sindacati e corporazioni? Peccato che a regime la bassa crescita, le inefficienze della spesa pubblica siano proseguite annullando gli effetti di quegli shock, ma in realtà quello che preme è instaurare un percorso di calo del rapporto debito/PIL costante, anche senza shock, cosa possibile con un ampio avanzo primario ottenuto grazie a tagli strutturali di spesa e a una crescita finalmente decente.