Se in Italia cambia il vento, i poteri forti scaricano Berlusconi

silvio berlusconi

Abbiamo descritto in queste settimane di “Termometro Politico” Silvio Berlusconi come un uomo politicamente sempre più isolato o comunque in una situazione politicamente non facile.
Ne abbiamo parlato durante la celere approvazione della manovra finanziaria, dove di fatto il governo è stato commissariato dal dicastero dell’economia, dal Quirinale e dalle autorità comunitarie che dettavano le necessità e somministravano le ricette. Ne abbiamo parlato anche per quanto riguarda il rimpasto di governo di luglio che non si è delineato per la volontà del Quirinale e che si è risolto solo con la nomina di due “esterni” all’esecutivo come Nitto Palma e Bernini.
Si tratta senz’altro di segnali. Segnali che possono danneggiare Berlusconi ma non necessariamente, lo possono logorare definitivamente. Scandali a parte. Emergono però nelle ultime settimane segnali preoccupanti per il cerchio del Cav. e che non riguardano solo singole vicende politiche dirette contro Palazzo Grazioli. Ma un movimento strutturale, da parte dei poteri forti, verso altri orizzonti e altri lidi.
Partiamo da Confindustria, per esempio. Ha fatto molto discutere la sua proposta di un tavolo di concertazione per la risoluzione o il tamponamento della crisi. Una crisi che sembra non essere del tutto finita non solo per l’altalenarsi delle borse europee, ma anche per lo stallo e l’incertezza che accompagna l’innalzamento del livello massimo di indebitamento americano e che, inutile dirlo, ha conseguenze su tutta l’economia mondiale, considerando tra l’altro la cattiva reazione di Wall Street ai pesanti tagli allo stato sociale. Per non parlare poi della minaccia dell’agenzia di rating Moody’s che probabilmente nel mese di ottobre declasserà il rating dell’Italia. Ha stupito molto l’atteggiamento di Confindustria in questi frangenti perché non si è accontentata della proposta governativa di incontrarsi assieme a tutte le parti sociali. Viale dell’Astronomia ha chiesto a viva voce un incontro “totale” anche con l’opposizione.

Per non parlare poi del “Piano per l’Italia” della Presidente Marcegaglia che non ha escluso di scindere “le sorti dell’organizzazione da quelle del governo” se non arriveranno dall’esecutivo in tempi rapidi risposte su cinque temi caldi, tra cui liberalizzazioni, sistema pensionistico ed infrastrutture (a detta di Berlusconi cose che dovrebbero essere presenti nel piano per la crescita da varare in settimana).
Un’opposizione che ci ha messo del suo per porsi come interlocutore politico degli interessi economici. E capace di scavalcare su questo tema il governo, così come il centrodestra per anni ha cercato di scavalcare il Pd “scegliendosi” come opposizione la più intransigente, e quindi attaccabile, Italia dei Valori di Antonio Di Pietro.
Fa molto riflettere in questo senso l’iniziativa congiunta di Bersani e Casini di qualche mese fa che addirittura aspiravano a convocare un’assise sui temi dell’economia con tutte le parti in causa. Una scelta che ha risvolti politici anche sul tema delle alleanze nel centrosinistra e che, come minimo, ci confermano che il livello massimo di consultazione sulle materie economiche e lavorative, per quanto riguarda il Pd, non coinvolge tanto gli “alleati naturali” Idv e Sel ma il partito di Casini (tradotto: già qualcuno in casa democratica può incominciare a preoccuparsi legittimamente…).
Confindustria quindi è come se ragionasse o in chiave di governo d’unità nazionale, chiedendo un incontro esteso a tutte le forze dell’arco parlamentare, o in chiave quasi opportunistica chiedendo uno spiraglio e un spazio anche per i futuri governanti del paese. Per aprire un primo canale, fiutando il vento.

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Altri spunti interessanti arrivano dal mondo del sindacato. Non solo infatti anche loro parteciperanno, o comunque sono invitati, al tavolo di concertazione e di confronto col governo. Ma stanno prendendo delle iniziative autonome estremamente interessanti.
Prendiamo la Cgil. Scientificamente il governo Berlusconi, e lo dimostra il patto per l’Italia siglato nel 2002 sull’articolo 18 senza l’assenso del sindacato guidato da Sergio Cofferati, ha sempre perseguito la volontà di dividere il sindacato. Anche in questo ambito scegliendosi l’interlocutore più malleabile e accomodante. Questo andazzo per quanto possa apparire scontato è in realtà qualcosa di meticoloso e di scientifico. Una volontà politica esistente ben prima della nomina dell’anti-Cgil Maurizio Sacconi alla guida del dicastero del lavoro e che molto spesso i sindacati non sono stati abili a sconfiggere ed arginare (ebbene si: le colpe non stanno solo tra chi vuole dividere ma anche tra chi non fa nulla per scongiurare il rischio certo!).
Inutile dunque dire che la presenza della Cgil a quel tavolo di concertazione è già di per se una notizia. Per nulla scontate invece sono le dichiarazioni di Susanna Camusso che dichiarò “ci sediamo al tavolo e chiediamo la modifica della finanziaria”. E non tanto per la quanto mai attesa contrarierà di Corso d’Italia nei confronti della manovra, ma per l’espediente tattico che comunque non porta l’esecutivo ad isolare la Cgil che dichiaratamente afferma i suoi propositi “poco costruttivi” su questo tema.
Del resto se anche in Confindustria qualcuno si è seccato di Giulio Tremonti è innegabile notare come il commercialista di Sondrio stia facendo di tutto per rinsaldare una forma di asse sindacale. In prospettiva futura, magari per velleità di leadership. Nonostante il caso Milanese. E dunque anche se Confindustria tentenna i sindacati possono elevare Tremonti come loro punto di riferimento, per quanto forzato, tra gli ex socialisti al governo cercando di isolare gli ultra-falchi Brunetta e Sacconi.
Anche se gli ultimi casi non fanno guardare al futuro politico di Tremonti con ottimismo. Insomma, quella frase magistralmente recitata dal Narratore Romolo Valli nel film “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick dove si afferma che « Nessun ragazzo, per la prima volta libero e con venti ghinee in tasca, si sente veramente triste. E Barry partì alla volta di Dublino senza tanto pensare alla cara mamma rimasta sola e al focolare lasciato alle sue spalle, quanto al domani, con tutte le meraviglie che gli avrebbe portato » non pare la più appropriata per il superministro dell’economia. E le uniche cose in comune sembrano le misere venti ghinee. Che per un ragazzo di vent’anni saranno pure tantissime. Ma per le casse dello stato è puro pauperismo.