PSG il vero investitore straniero in Italia

Non saranno dei veri e propri “IDE” (investimenti diretti esteri), ma i soldi dello sceicco proprietario del club parigino fanno comunque comodo al sempre più asfittico calcio italiano.

Flussi di denaro che possono assumere diversi significati a seconda del punto di vista, da “panacea” (per i bilanci dei club nostrani) ad “emorragia” (per il risultato che producono sulla Serie A, cioè l’inarrestabile esodo dei grandi calciatori, al netto di sporadiche eccezioni come Tevez, Gomez e Balotelli).

La politica “aggressiva” della proprietà qatariota del PSG, rappresentata dallo sceicco Nasser Al-Khelaifi, è chiara: riportare il club in vetta al campionato francese (vinto peraltro appena 2 volte prima dell’avvento dell’attuale proprietà, l’ultima ai tempi del pallone d’oro George Weah) e nell’élite europea, in cui i parigini non recitavano un ruolo da protagonisti dalla Coppa delle Coppe vinta nel 1996.

Per far ciò, lo sceicco ha riversato una valanga di liquidi nel club parigino, rilevato poco più di due anni fa. Per rendersene conto, basta osservare l’ultimo decennio di calciomercato del PSG, comparando il saldo delle ultime due campagne acquisti (2011-12 e 2012-13) con quello delle otto sessioni precedenti.

Acquisti, cessioni e saldo trasferimenti nel periodo giugno 2003-giugno 2013 (espressi in milioni di euro). Dati transfermarkt.de

Come si può notare dal grafico, l’ultima volta in cui il PSG ha speso oltre 30 milioni sul mercato (prima dell’avvento dell’emiro) risale a ben 10 anni fa, in una sessione di calciomercato in cui peraltro poté usufruire dei proventi della cessione a peso d’oro dell’allora astro nascente Ronaldinho (venduto per oltre 32 milioni al Barcellona), con un saldo trasferimenti in sostanziale pareggio.

Negli ultimi due anni gli investimenti sul mercato sono decuplicati. Dai 25 milioni spesi sul mercato nel biennio 2009-2011 si è passati agli oltre 250 dei primi 24 mesi dello sceicco. Che hanno portato, non senza difficoltà iniziali, ai primi risultati sul campo.

Dopo un primo anno di rodaggio caratterizzato da grandi delusioni (lo scudetto perso incredibilmente per mano del sorprendente Montpellier e l’eliminazione ai gironi di Europa League) il PSG ha spiccato il volo, tornando a vincere il campionato dopo 19 anni ed entrando nei primi 8 club d’Europa, raggiungendo i quarti di finale di Champions League. A risentirne in positivo è stato anche il Ranking UEFA, in cui il PSG è passato dal 48° posto di 12 mesi fa all’attuale 19°, che gli garantirà un piazzamento in seconda fascia nei sorteggi per i gironi della CL 2013-14.

Ma dov’è finita tutta la massa di denaro spesa dalla nuova proprietà del club parigino? In gran parte in Italia. Nel Belpaese, infatti, il PSG ha fatto letteralmente “razzia”, prelevando ben 15 elementi, tra calciatori e staff tecnico nonché dirigenziale.

(Per continuare la lettura cliccate su “2”)

A capo della struttura amministrativa è stato posto Jean Claude Blanc, ex amministratore delegato della Juventus. A dirigere la parte sportiva è stato chiamato invece il fresco dimissionario Leonardo, dapprima dirigente del Milan e poi allenatore sia dei rossoneri che dell’Inter, prima del ritorno dietro alla scrivania con il trasferimento a Parigi.

Insieme al brasiliano sotto la Tour Eiffel è approdato anche Angelo Castellazzi, già suo vice allenatore a Milano e confermato nel ruolo anche a Parigi.

Per quanto riguarda lo staff tecnico, alla scelta dell’ormai ex allenatore Carlo Ancelotti ha fatto seguito anche l’assunzione del fido preparatore atletico Giovanni Mauri, con lui sin dai tempi di Parma (e che lo seguirà anche nella sua nuova esperienza a Madrid). A loro si è aggiunto, nell’estate 2012, il fisioterapista Dario Fort, prelevato dal Milan.

Da Milano è giunto anche 1/3 del blocco di giocatori prelevati in Italia. A Thiago Motta, acquistato a gennaio 2012 dall’Inter, hanno fatto seguito nell’estate successiva le acquisizioni di Thiago Silva ed Ibrahimovic dal Milan. Oltre a loro, altri sei calciatori hanno fatto le valigie dall’Italia in direzione Parigi. Ai precursori Pastore, Sirigu (acquistati in un’unica soluzione dal Palermo) Menez e Sissoko (prelevati rispettivamente da Roma e Juventus) si sono aggiunti l’estate scorsa anche Verratti (preso dal neopromosso Pescara) e Lavezzi (strappato al Napoli).

La tabella mostra come in realtà non siano mancati gli investimenti anche in patria (4 acquisti su 20) e nel resto d’Europa (4 giocatori pescati tra Premier League, Liga, Eredivisie e campionato turco) o addirittura del mondo (con l’acquisizione di Lucas dal campionato brasiliano e di Beckham, appena svincolatosi dai Galaxy di Los Angeles). Tuttavia, la torta è decisamente sbilanciata a favore dell’Italia, come mostra anche il seguente grafico.

Il 69% dei 257,1 milioni di euro spesi nelle ultime due stagioni dalla proprietà parigina è finito nelle tasche dei club italiani. Poco più di 1/5 degli investimenti si è rivolto invece ad altri campionati esteri, mentre a quello francese sono rimaste solo le briciole (meno di un milione ogni 10 spesi).

In Italia, a giugno 2013, la parte da leone spetta al Milan, con ben 63 milioni incassati (il 35.5% degli investimenti parigini in Italia, il 24.5% del totale) dalla doppia cessione di Ibrahimovic e T. Silva. Al club rossonero segue il Palermo, con 46.9 milioni (26.4% degli investimenti in Italia, 18.2% del totale) incassati dal doppio trasferimento di Pastore e Sirigu (anche se in realtà una cospicua fetta dei ricavi della cessione del “Flaco” è stata distribuita tra il suo procuratore ed altri ex club, quale quota di valorizzazione). Più distanziati seguono nell’ordine Napoli, Pescara, Inter, Roma e Juventus, che si spartiscono il restante 28% di investimenti transalpini nello stivale.

Per quanto riguarda il futuro immediato, questo flusso di capitali sembra non accennare a cambiar rotta ne’ a diminuire. Anzi. Negli ultimi giorni il PSG ha pressoché chiuso l’affare Cavani (per una cifra tra i 63 ed i 70 mln, comprensivi di commissioni varie, che renderà De Laurentiis il presidente più “foraggiato” d’Italia da parte dei munifici qatarioti). Sembra vicina anche l’acquisizione del giovane difensore Marquinhos della Roma, per una cifra vicina ai 35 milioni. Senza dimenticare il forte interesse per altri due giocatori capitolini, il laziale Hernanes ed il romanista De Rossi, per i cartellini dei quali il PSG sembra disposto ad offrire cifre a sette zeri.

Resta da chiedersi quanto potrà durare. Il Fair Play Finanziario voluto dal presidente della Uefa, Michel Platini, ad oggi continua a chiudere più di un occhio nei riguardi del club parigino. Il riferimento è in particolare alla mega “auto-sponsorizzazione” (tramite la Qatar Tourism Authority) con la quale lo sceicco (e, nello specifico, lo Stato arabo) a gennaio scorso ha finanziato il PSG per la cifra faraonica di 800 milioni di euro fino al 2016, di cui oltre 150 con effetto retroattivo, in modo da ripianare i bilanci del primo anno e mezzo di gestione qatariota del club, che presentavano fatturati troppo asfittici (intorno ai 100 milioni annui) per poter far fronte ai grandi investimenti effettuati.

(Per continuare la lettura cliccate su “3”)

Tale escamotage non sembra aver attirato l’attenzione dei vertici Uefa, attentissimi quanto inflessibili invece su altri casi spinosi, come quello del Malaga, escluso dalle competizioni europee per la prossima stagione.

Tanto da scatenare le polemiche sulla figura di Platini (ritenuto compiacente verso i suoi connazionali nonché verso la Qatar Sport Investments, con cui collabora suo figlio) e sui massimi organi calcistici internazionali, accusati di accondiscendenza in virtù dell’assegnazione al Qatar dei Mondiali di Calcio del 2022.

Il “caso PSG” dirà molto anche in merito al futuro professionale dello stesso Platini, che con il Fair Play Finanziario rischia di giocarsi la faccia e con essa, molto probabilmente, anche la poltrona di futuro capo della FIFA. In caso di affermazione definitiva del FPF, con conseguente ridimensionamento del PSG e, con effetto domino, dei vari Monaco, Manchester City e compagnia cantante, anche i club italiani dovranno inventarsi una strategia per porre in atto una seria ristrutturazione dei propri bilanci disastrati che non passi più attraverso i generosi investimenti di sceicchi e magnati.