Tasse e politica: l’allarme delle imprese del Lazio

Pessimismo diffuso, stanchezza, la sensazione che l’immediato futuro continuerà ad essere complicato: gli imprenditori del Lazio tracciano un quadro dettagliato della condizione economica nella regione e chiedono alla politica risposte efficaci e tempestive.

A condurre l’indagine è stata Federlazio, l’associazione delle piccole e medie imprese della regione. Lo studio fotografa la situazione vissuta nella prima metà di quest’anno da 350 Pmi, analizzando ciò che vedono per il futuro e quali interventi metterebbero all’ordine del giorno.

Per i prossimi sei mesi gli imprenditori della regione si aspettano una situazione molto complessa: dovrebbe contrarsi un po’ il mercato europeo (che fino a oggi ha trainato l’economia regionale), dovrebbe migliorare la situazione sul fronte della domanda intera e dovrebbe riprendere a girare la richiesta di prodotti e servizi dai paesi extraeuropei. Ma non basta.

Maurizio Flammini, presidente Federlazio

Per dirla con un’immagine, il cielo si starà anche rischiarando ma gli imprenditori laziali preferiscono aspettare prima di chiudere gli ombrelli. “Le statistiche sembrano dirci che la crisi sta frenando la sua corsa e che il ritmo di contrazione dell’economia è in leggera attenuazione” ha riassunto Maurizio Flammini, presidente di Federlazio, “sembra che qualcosa si stia muovendo, solo che le nostre imprese non se ne accorgono”.

E infatti l’umore degli imprenditori laziali resta nero. Il 64,8 per cento delle aziende dice al momento di non intravedere alcuna via d’uscita dalla crisi: un numero in salita di quasi venti punti percentuali rispetto alla precedente indagine.

Capitolo occupazione. Solo il 9 per cento delle aziende ha incrementato il proprio personale, mentre aumenta di poco la percentuale di quelle che l’hanno ridotto – si passa dal 24,1 per cento al 25,8 per cento. La maggior parte degli imprenditori laziali (il 66,7 per cento contro il 61,8 della precedente rilevazione) conta di mantenere inalterato il proprio organico. Ma c’è un inquietante rovescio della medaglia: il 20 per cento ammette di correre seri rischi di chiusura nei prossimi sei mesi – un dato rimasto praticamente identico rispetto al secondo semestre del 2012.

I problemi di casa nostra sono sempre gli stessi, primo fra tutti il ritardo nei pagamenti, sia dei privati, sia della Pubblica amministrazione. Seguono questioni irrisolte come il credit crunch e la difficoltà di partecipare agli appalti. Ma la vera urgenza per le aziende si chiama pressione fiscale: sono le tasse a tirar giù le imprese, più del costo del lavoro e più della burocrazia.

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Se allora la Regione Lazio ha messo a punto alcune misure apprezzate dal mondo dell’impresa (ad esempio lo sblocco di parte dei pagamenti della PA), l’intervento che le aziende aspettano con più ansia è proprio una riduzione del carico fiscale. Un aspetto sul quale non ci sono dubbi. “A una nostra esplicita domanda su quale fosse l’azione che il governo regionale dovrebbe prioritariamente mettere in atto per uscire dalla crisi” ricorda Federlazio, “il 67% delle risposte sono andate proprio in questa direzione”.

“L’auspicio”, aggiunge Flammini, “è che la Regione voglia raccogliere i segnali che la Pmi sta lanciando alle Istituzioni”, perché tra tasse, burocrazia e fatturati in calo le aziende non possono più permettersi di sostenere anche i costi della mala politica.

Il numero uno degli industriali laziali lo dice chiaro e tondo: “Le imprese, e le Pmi in modo particolare, sono ormai stanche di provvedimenti che si annunciano ma che non vengono mai adottati o di provvedimenti invece adottati ma che si sarebbe fatto meglio a non adottare, sono stanche di un quadro politico nazionale così atipico da non riuscire ad esprimere una progettualità di medio-lungo periodo”.