Settimana Politica – Berlusconi, Scilipoti e quell’intervento criptico

Scilipoti e berlusconi

Chi ha avuto modo di vivere e di assistere al primo congresso del Movimento di Responsabilità Nazionale di Mimmo Scilipoti (e a noi del Termometro Politico è capitata questa fortuna/sfortuna) senz’altro sarà tornato a casa con dei sentimenti controversi nel suo cuore: da una parte una forma di velata tristezza nei confronti di una kermesse che senz’altro ha riservato momenti trash e a tratti squallidi. Dall’altro la “gioia” della curiosità politica che si registra ogni qual volta si assiste ad un evento politico senz’altro originale ma che al tempo stesso racchiude i germi di una vera e propria svolta di carattere politico.

Conciliare questi due sentimenti porta ad un’analisi oggettiva sulla giornata di sabato 21 ottobre.

Del resto, come diceva Sant’Agostino, “in interiore homine habitat veritas”.

Per prima cosa però occorre ribadire una premessa che altrimenti renderebbe il succo del discorso poco chiaro. Un chiarimento quanto mai necessario alla luce anche di alcuni equivoci che sono emersi in sala stampa tra qualche giornalista e Domenico Scilipoti: quello di sabato non era il congresso “dei responsabili”. Era il congresso del Movimento di Responsabilità Nazionale che è uno dei movimenti e dei micro partiti che alla Camera dei Deputati aderiscono al gruppo “Popolo e Territorio” (ex Iniziativa Responsabile). L’equivoco che molto spesso si fa sta non solo nell’aggettivo “responsabile” che dal movimento viene attribuito a tutto il gruppo di Montecitorio, ma anche al fatto che Scilipoti è considerato, nella sua fenomenologia, come “il responsabile per antonomasia”, capace con la sua sola personalità di rappresentare un idem sentire nelle aule parlamentari.

Ma veniamo a noi: il sentimento di tristezza è scoramento non si è potuto che registrare quando ci si è accorti che in sala era presente una delegazione del Partito Nazionalista Italiano e del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale (uno dei pochi casi, almeno penso, di partito che pur riprendendo una denominazione della Prima Repubblica non ha veramente niente a che fare col partito si intende ricordare col suo nome). Era presente del resto Maria Antonietta Canizzaro, moglie del leader “missino” Gaetano Saya, che tra l’altro era accompagnata da strani tipi con la divisa ocra. La delegazione ha lasciato il congresso dopo che si è accorta che nessuno intendeva citarli o dargli un riconoscimento nel corso dei lavori.

Una presenza quella dell’estrema destra alla kermesse più folkloristica che altro. E c’è da credere che, per quanto Scilipoti abbia copia-incollato in un suo manifesto valoriale gran parte del programma fascista, si tratti più che altro di un tentativo di questo gruppetti di estrema destra di mettere un cappello su un gruppo politico che, in quanto ancora non ben delineato, è comunque pienamente collocabile nell’alveo delle forze di centrodestra. Del resto, pochi lo ricordano, nel 2006 fu lo stesso Berlusconi ad intavolare un’insperata trattativa con Saya e consorte per collocare il simbolo dell’Msi, ricusato più volte dal Viminale, accanto a quello della Casa della Libertà. Trattativa portata avanti da Carlo Vizzini e del suo staff ma andata in fumo dopo il naufragio dell’operazione riguardante Roberto Fiore, anche lui in quella fase in trattativa con Berlusconi (così come Pino Rauti, al quale però Berlusconi riservò parole di elogio, ricordando forse il sostengo dell’Msi, quello vero, alle politiche del ‘94).

Così come un po’ di tristezza metteva la banda Gazzelloni che riempiva la sala dell’Auditorium. Per non parlare delle famiglie con figli al seguito.

Ma al tempo stesso ci sentiamo di dire che questo congresso di sabato ha riservato anche novità politiche. E sorprese.

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In primo luogo l’intervento di Domenico Scilipoti. Che può essere definito senza ombra in dubbio un grande oratore. Ha tenuto un discorso di circa un’ora a braccio. E sembrava molto convinto delle sue tesi. A tratti è parso reazionario ma ha dimostrato di aver colto l’importanza strategica di presidiare 3-4 punti politici per elaborare poi un ipotetico programma organico di governo. Ne è emersa quasi la figura di un reazionario, ma al tempo stesso convinto delle proprie tesi. Tanto che tendeva ad innervosirsi quando gli si ponevano delle domande sulle solite cose e tendeva a parlare più che altro di temi politici specifici, come l’omeopatia e il signoraggio bancario.

E soprattutto non va sottovalutato un aspetto di questo congresso: l’intervento di Silvio Berlusconi. Un intervento quanto mai criptico e che pur riadattando evergreen classici del suo repertorio (le riforme da fare, l’accanimento della magistratura) non ha lesinato soprattutto chicche e ricordi storici della sua discesa in campo. Con riferimenti inediti nei suoi discorsi su presunti sondaggi dell’Università di Perugia, che nel 1994 attribuiva una netta vittoria elettorale ai “comunisti ortodossi”, e su cene ad Arcore con Fini, Bossi…e Segni!

L’intervento del premier del resto è finito con una citazione da un discorso dello stesso Berlusconi ai supporter di Forza Italia nel 1994. Un discorso che, sulla scia di un rispettabile liberalismo, riprendeva temi classici del tanto sognato (e tanto vano?) “partito liberale di massa” e dei primi ideologi forzisti come Giuliano Urbani e Antonio Martino.

E in questo intervento originale, in un questo discorso criptico si è percepito un profondo attaccamento di Berlusconi nei confronti di Scilipoti. E non solo perché lo ha salvato il 14 dicembre del 2010. Ma anche perché quel nucleo interno al gruppo responsabile potrebbe assumere il ruolo di “Terza Forza” all’interno del centrodestra, dopo PdL e Lega. Una vecchia aspirazione berlusconiana coltivata negli anni dal sostegno a piccole liste civetta all’ipotesi di presentare in un unico contenitore politico tutti i micro-partiti da affiancare nel 2008 al partito del premier a quello di Bossi.

Il sogno e l’aspirazione di ridisegnare la geografia politica del centrodestra italiano e i suoi equilibri sistemici. Un disegno che deve partire da un cambio di nome del PdL, ma che può giungere fino a Mimmo Scilipoti, elevato a rango di leader politico.