Protesta dei malati di Sla: senza respiratori per avere più fondi

Protesta dei malati di Sla

Schiacciata tra la notizia della sfiducia alla ministra Cancellieri bocciata e gli aggiornamenti del disastro in Sardegna, rischia di passare inosservata o quasi una notizia importante e “grave”, che costringe chi la legge e la ascolta (ma anche, se ci è lecito dirlo, chi la scrive e ne parla) a riflessioni pesanti. Oggi, infatti, davanti al ministero dell’economia si è svolta l’ennesima manifestazione dei malati di Sla e dei disabili gravi per chiedere al governo di stanziare più fondi per l’assistenza domiciliare indiretta.

Non si tratta della prima protesta di questo tipo e le richieste del comitato 16 novembre (che si occupa appunto di difendere i diritti dei disabili gravi) sono semplici: “Chiediamo che i malati di Sla e disabili gravi possano ricevere assistenza a casa e non inviati per forza nelle Rsa – spiega la vicepresidente del comitato, Marianangela La Manna -. Basta togliere i soldi a queste strutture e darli alle famiglie, in modo che il malato possa scegliere. Per l’assistenza a domicilio basta meno di un quarto di quelle risorse”. I malati chiedono anche che il fondo di non autosufficienza sia adeguatamente innalzato.

Il momento più drammatico si è toccato quando il segretario del Comitato, Salvatore Usala, ha staccato le batterie del suo respiratore pur essendo in crisi respiratoria: l’autonomia dura poco più di tre ore e anche in quel tempo la persona rischia la vita. “E’ un gesto estremo – ha precisato con forza La Manna – per dire al Governo che siamo disposti a tutto: dopo le tre ore di Usala, saremo accusati tutti di omissione di soccorso. E ci sono tre persone in ipotermia, perché in attesa da ore sotto al ministero. Il Governo non può dire di non essere responsabile”.

E’ lo stesso Salvatore Usala, che ha preparato un emendamento apposito alla legge di stabilità, a chiedere che il governo si faccia carico della loro situazione. “Abbiamo fatto oltre 10 presidi, con persone la cui salute è delicatissima”. Al termine di uno di questi presidi, tra l’altro, in ottobre è morto il medico Raffaele Pennacchio, anch’egli malato di Sla. “In piazza ci sono malati con condizioni di salute gravissima – ha spiegato – il Governo deve prendersi la responsabilità di costringerci a questo. Se dobbiamo morire, scegliamo di farlo urlando la nostra rabbia. Non ci fermeremo”.

Alla fine un risultato con la protesta dei malati di Sla è stato ottenuto: il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha incontrato i rappresentanti del Comitato 16 Novembre Onlus. Per il risultato vero, che ha le sembianze delle risorse, forse si dovrà aspettare ancora. La dignità, però, non può aspettare.