Un paio di problematiche legate al Pd

pd eletti i segretari regionali

Il Partito Democratico ha un problema. E qualche buontempone potrebbe ironizzare su questa mia prima affermazione con frasi ad effetto del tipo “magari solo uno!”.
Ma siccome un alto numero di problemi interni è speciale prerogativa del Pdl, non intendo soffermarmi più di tanto sulla nascita di questo grande partito riformista che è il Pd ne sugli errori compiuti in passato, su quelli compiuti nel presente e su quelli che verranno compiuti in futuro del futuro.
Volevo dunque concentrarmi sue due aspetti che ritengo strategici, per quanto scontati, per tutto il Partito Democratico e che possono essere la base per una piattaforma politica e programmatica in grado di rilanciare il partito e tutto lo schieramento di centrosinistra.
1)Il problema dell’agenda: Il Partito Democratico è, e soprattutto aspira ad essere, il perno di uno schieramento di centrosinistra che intende essere alternativo al governo delle destre. Essendo il dunque il fulcro di questo schieramento che possiamo definire col nome di “centrosinistra” subisce un problema che per anni ha colpito il centrosinistra tutto: la subalternità alla destra nel dettare l’agenda politica. In Italia è Berlusconi a dettare l’agenda politica e ciò porta sia ad effetti singolari (si trattano temi che alla gente non interessano più di tanto) sia ad un problema per il Pd che è costretto ad inseguire Berlusconi su questi temi. Mentre è probabile che se il centrodestra impone delle tematiche politiche specifiche è perché essa stessa è maggiormente ferrata a proposito e più probabilmente può trarne consenso elettorale. Forse l’unico periodo in cui il Pd ha dettato l’agenda politica di questo paese è stato durante la campagna elettorale del 2008 e ciò ha portato ad una notevole semplificazione del quadro politico. Ma qui non voglio fare un’analisi storica ne alimentare polemiche su quella stagione.


Il Partito Democratico deve stabilire in primo luogo al suo interno la sua identità non a livello strettamente ideologico, ma sui singoli temi secondo una modalità pragmatica che consenta anche il voto interno degli iscritti. Oggi come oggi forse sta emergendo un’identità, ma è fortemente contestata da gran parte del partito.
Stabiliti i temi principali arriva la fase in cui occorre portarli avanti. Sulle riforme istituzionali il Pd ha presentato un programma a Napolitano ben più chiaro e coerente di quello del centrodestra. Ora però bisogna portarlo avanti e farlo conoscere ai cittadini facendo scoppiare le contraddizioni della maggioranza.
Dovrebbe essere eliminato il luogo comune secondo cui il Pd non vota al proprio interno perché non omogeneo.

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2)Sindrome di George Orwell: nel libro di Orwell “1984: nel 2000 non sorge il sole” si afferma che il totalitarismo inizia quando si incomincia a negare che la somma di 2 più 2 è uguale a 4. Questo è ancor più vero oggi nel nuovo millennio: la democrazia rischia di svuotarsi del suo significato sostanziale, pur conservando la sua struttura formale e di facciata. Ciò non solo ci deve ricordare che occorre sempre e comunque la massima vigilanza democratica, ma anche che per ogni grande impresa democratica occorre una cosa sostanziale: l’obbiettività.
Nel Pd questi canoni d’obbiettività si sono persi: si sostiene una tesi più per convenienza di parte che per altro, tralasciando le caratteristiche che possono rendere questa tesi sia utile sia obbiettiva. Ciò porta a conseguenze gravissime per il Pd: manca la franchezza all’interno e ciò non può proiettarsi verso l’esterno. Se si è costretti a negare una sconfitta elettorale perché si teme la resa dei conti da parte della minoranza il Pd ha perso una seconda volta! Perchè si fa un danno ben più grave di quello che può nascere da una discussione interna al partito stesso.
Può apparire scontato, ma visti i tempi in questo paese la questione si rafforza: superare i canoni correntizi a favore dei canoni d’obbiettività politica può essere un atto fortemente rivoluzionario. E una vera garanzia per il Partito Democratico.