Lodo Mondadori, la storia infinita

Lodo Mondadori berlusconi de benedetti

Fossimo al cinema, si potrebbe immaginare un remake di Neverending story. Perché la vicenda che giornalisticamente è nota come “lodo Mondadori” è davvero una storia infinita, anche se non c’è Giorgio Moroder a scrivere la colonna sonora e Limahl a cantarla. Dopo aver esaurito i tre i gradi di giudizio in sede penale (con sentenza definitiva del 2007) e civile (con la Cassazione che si è pronunciata quest’estate), la Cir di Carlo De Benedetti ha avviato contro la Fininvest di Silvio Berlusconi un nuovo giudizio civile.

I fatti alla base sono gli stessi, ma le pretese non sono proprio uguali. Certo, all’origine di tutto c’è sempre la tangente di 400 milioni di lire) che avrebbe versato Fininvest al giudice Vittorio Metta, colui che scrisse la sentenza d’appello che (al contrario del primo arbitrato che aveva dato ragione a De Benedetti) di fatto consegnò la Mondadori a Berlusconi. In effetti la Cassazione a metà settembre aveva già quantificato un risarcimento a vantaggio della Cir di 494 milioni (di euro stavolta), a ristoro dei danni patrimoniali subiti.

In quella stessa sentenza, però, si può capire che sono risarcibili anche “danni non patrimoniali” (e anche questo punto è passato in giudicato): si tratterebbe dei danni seguiti alla “lesione del diritto a un giudizio reso da un giudice imparziale”, dando per accertato “un plurioffensivo fatto di corruzione”. Danni che però, per la stessa Cassazione (seguendo peraltro un filone copioso di sentenze), un altro giudice avrebbe dovuto quantificare. Ed è proprio quello che la Cir vuole, interpellando di nuovo il Tribunale (civile) di Milano, chiedendo 30 milioni di euro nominali (che si tradurrebbero in circa 90, con la rivalutazione e degli interessi).

La notizia non fa certo piacere a Berlusconi, che rischia di dover pagare (attraverso il suo gruppo) un’altra cospicua somma di denaro, – che si aggiunge a quanto già stabilito a settembre dalla Cassazione – e riapre una storia che tutti o quasi credevano chiusa. Una vicenda che, per lo meno in sede penale, aveva visto uscire il Cavaliere con meno ferite rispetto all’avvocato di Fininvest Cesare Previti e al giudice Metta, perché Berlusconi sarebbe stato punibile solo per “corruzione semplice”, reato che però si prescrive molto prima per chi ottiene le attenuanti generiche. E lui, a differenza degli altri imputati, le aveva ottenute.