Il nuovo finanziamento ai partiti è una truffa?

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Il nuovo finanziamento ai partiti è una truffa?

Roberto Perotti, economista e ordinario di Economia Politica alla Bocconi, lo ha scritto in un articolo apparso su lavoce.info (rivista online di economia e attualità): in sostanza, la notizia sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è falsa. Perché se il 13 dicembre il premier Enrico Letta ha annunciato con un tweet “Ad Aprile avevo promesso l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti entro l’anno, ora in Consiglio dei Ministri manteniamo la promessa”, già il giorno dopo Perotti ha risposto: “Il finanziamento pubblico ai partiti non è stato abolito dal governo Letta, diminuirà, ma di poche decine di milioni di euro e dal 2017”.

La legge approvata dalla Camera il 18 ottobre, riproposta nel decreto legge del 13 dicembre, continuerà a far pesare sul contribuente il sistema dei partiti per un valore che va dai 30 ai 60 milioni di euro, poco meno rispetto ai 91 milioni – 63,7 di rimborsi per spese elettorali e 27,3 di cofinanziamento per quote associative ed erogazioni liberali ricevute – previsti dall’attuale normativa: oggi, inoltre, il 26% delle erogazioni liberali ricevute dai partiti sono detraibili dall’imposta dovuta.

Fin qui le nuove regole – che prevedono la riduzione progressiva del 25% dei rimborsi elettorali ogni anno per eliminarli definitivamente nel 2017 (-25% il primo anno, -50% il secondo e -70% il terzo anno), la detrazione portata dal 26% al 37% per le erogazioni liberali fino a 20mila euro e la possibilità per ogni contribuente di destinare il proprio 2 per mille Irpef a un partito – sono interpretate nel senso che, a partire dal 2017, i partiti non prenderanno più un euro dallo Stato, ma la realtà per Perotti è molto diversa.

“La prima cosa da notare è che i soldi ricevuti dai partiti attraverso il 2 per mille non sono un regalo deciso da privati: sono a carico di tutti i contribuenti – sottolinea Perotti – Il motivo è che il 2 per mille è di fatto una detrazione al 100 percento dall’imposta dovuta. Se lo stato raccoglieva 10.000 euro in tasse per pagare sanità e pensioni, e ora un contribuente destina 1 euro a un partito attraverso il 2 per mille, tutti i contribuenti nel loro complesso dovranno pagare 1 euro di tasse in più per continuare a pagare pensioni e sanità”.

Inoltre, intervistato dal Corriere della Sera, Perotti ha rilevato un altro particolare “odioso”: “la detrazione al 100 per cento sarà possibile per circa 45 dei sessanta milioni (che potranno essere versati ai partiti). I restanti 16 milioni saranno detraibili al 37 per cento. Ebbene, se invece un cittadino vuole destinare soldi ad esempio alla ricerca sul cancro, la detrazione è e rimane solo del 19 per cento”. Quindi i partiti sottrarranno allo Stato molto di più delle organizzazioni benefiche.

In pratica il finanziamento rimane, cambia soltanto il sistema che lo regola. Per usare le parole di Giovanni Valentini apparse sulla Repubblica: “un meccanismo in base a cui i contribuenti possono alimentare fondi da destinare ai partiti attraverso il 2 per mille dell’imposta sul reddito, non può che essere considerato “pubblico” a tutti gli effetti. Tant’è che si prevede anche la possibilità di finanziamenti privati, con una detrazione che sale dal 26 al 37%, scaricando così ulteriori oneri sullo Stato”. Detto in altri termini per via delle detrazioni si passerà da un finanziamento diretto a uno indiretto, che è pur sempre un finanziamento.

Aggiunge Valentini “nel concreto, il contribuente avrà tre alternative: destinare il 2 per mille a un partito politico; affidarlo allo Stato o non assegnarlo. Nel caso in cui la scelta non sia stata espressa, il 2 per mille confluirà appunto in un fondo che verrà suddiviso fra i partiti in base ai voti rispettivamente ottenuti. Ma, com’è noto, in questi casi la maggior parte dei contribuenti non indica una destinazione e così “i pochi che scelgono, di fatto scelgono anche per tutti gli altri”.

Se non bastasse: “è falsa pure l’affermazione secondo la quale l’attuale sistema di finanziamento pubblico scomparirà gradualmente nei prossimi tre anni, per cessare nel 2017. In effetti, mentre partirà dal 2014 una riduzione progressiva dei contributi ai partiti (-25% il primo anno, -50% il secondo e -70% il terzo), verrà istituito parallelamente il fondo previsto dal decreto legge a copertura del 2 per mille: la spesa autorizzata è di 7,75 milioni di euro per il 2014, di 9,6 per il 2015 e di 27,7 per il 2016. Poi, dal 2017, si arriverà a un massimo di 45,1 milioni all’anno”.

Oltre il “danno” anche la “beffa”, si nasconde tra le pieghe della legge, secondo Alessandro Gilioli che su Micromega nota come attraverso provvedimenti di questo genere vengano messe in difficoltà le “pari opportunità democratiche”, infatti, “i partiti non posseduti da tycoon si mettono in una condizione di debito e di subalternità nei confronti di operatori dell’economia i quali un domani potrebbero anche chiedere qualcosa in cambio”.

Inoltre sempre secondo Gilioli, grazie al sistema del 2 per mille, “una forza politica i cui supporter appartengono prevalentemente al ceto medio-alto riceverà dal due per mille una cifra assoluta più alta di un’altra i cui sostenitori hanno redditi bassi: anche se questi ultimi sono magari più numerosi”, oltre al fatto che “se un cittadino, con il suo due per mille, vuole finanziare una forza politica nuova, non ancora rappresentata, semplicemente non può farlo. E se vuole offrire a questo nuovo partito o movimento una donazione privata, non ha diritto a detrazioni fiscali se questo alle ultime politiche non si è presentato (magari perché non esisteva ancora!)”.