Lavoro e occupazione: il 2014 della ripresa mancata

Per l’occupazione il 2014 è stato un anno di chiaroscuri, di speranze di ripresa e di docce fredde. Fino a giugno vi è stato un leggero calo della disoccupazione accompagnato da un aumento dell’occupazione e da un calo degli inattivi. Nell’estate invece sono giunte le prime docce fredde, mentre proseguiva il calo della popolazione inattiva, anche gli occupati hanno ripreso a scendere facendo schizzare il tasso di disoccupazione, tendenza aggravata nei mesi successivi quando gli inattivi che si immettevano sul mercato non sono riusciti a trasformarsi tutti in occupati, fino a giungere a un tasso di disoccupazione del 13,2% a novembre. nonostante il record di occupazione di settembre (cui è corrisposto un grosso decremento degli inattivi), a cui è seguito un calo degli occupati nell’autunno

A dicembre e gennaio l’occupazione ha ripreso a salire, anche se in modo flebile, ed è stato il tasso di disoccupazione che è sceso, in questo caso, complice però una tendenza all’aumento degli inattivi. Fino  gennaio, quando gli occupati e anche i disoccupati si sono attestati circa sui valori dell’inizio della scorsa estate.

Vediamo queste dinamiche di seguito:

 

C’è quindi molta incertezza e attesa per il futuro, a prescindere dai toni naturalmente trionfalistici del governo e dalle speranze che il Jobs Act genera.

All’interno di un andamento interlocutorio e in parte stagnante, in cui la crisi sembra essersi fermata la ripresa ha stentato ad arrivare, quali sono state le peculiarità del 2014 per l’occupazione quindi?

 Le regioni centrali le migliori per il lavoro nel 2014, soprattutto per le donne

Nel complesso l’occupazione nel 2014 è aumentata dello 0,7%, e come da molti anni le donne, che del resto partono da livelli molto minori, hanno aumentato dell’1% la propria occupazione, contro lo 0,5% per gli uomini.

Una delle differenze maggiori però è geografica: al Centro Italia l’occupazione è aumentata del 1,2%, e in particolare quella delle donne del 2,2%, come vediamo di seguito:

 

Donna, abitante a Roma o in Toscana, questo è l’identikit della persona probabilmente più fortunata nel lavoro per il 2014, conseguentemente anche il tasso di occupazione beneficia allo stesso modo. Si noti come l’occupazione femminile rimanga comunque bassissima, in particolare al Sud: solo 3 donne su 10 lavorano tra i 15 e i 64 anni!

 

Ma come sono le performances dell’occupazione nei diversi settori dell’economia? Come si vede dal prospetto ISTAT di seguito c’è molta variabilità.

Va molto bene in agricoltura, con un aumento degli occupati del 7,1%, in particolare al Nord, e certamente in controtendenza con gli ultimi decenni, quasi ci sia un ritorno alla terra, ma l’agricoltura in realtà rappresenta una parte residuale della forza lavoro.

Piuttosto è interessante vedere la ripresa occupazionale nell’industria in senso stretto, +0,6% nel 2014, in particolare al Sud, mentre le costruzioni ancora sono in profonda depressione, con un crollo del 7%.

Sono i servizi, dove lavora la maggior parte degli occupati, a trascinare il risultato nazionale, con un aumento occupazionale del 1,2%, e in particolare al Centro del 2,9%.

Da segnalare vi è che il prospetto distingue tra lavoratori dipendenti ed indipendenti, con una decisa migliore performance dei primi in generale (+0,9% vs +0,2%), che per esempio al centro aumentano di ben il 3,3%

Lavoro: sale di più l’occupazione a termine e part time

Quale tipo di occupazione si è imposta maggiormente nel 2014 lo vediamo dalle seguenti curve, che riassumono anche gli anni precedenti:

 Forse una novità del 2014 è una flebile ripresa del lavoro a tempo pieno che nel 2012-2013 segnavano crolli di centinaia di migliaia di occupati, e che ora segna aumenti quasi analoghi a quelli del part time, in ogni caso ancora poco utilizzati in Italia. Similarmente l’occupazione permanente ha avuto una leggera ripresa, anche se inferiore a quella a termine.

Infatti il settore che tradizionalmente è maggioritario del lavoro, ovvero permanente e a tempo pieno, come vediamo sotto è l’unico campo in cui vi è stato un ulteriore calo occupazionale, dell 0,4%, e costituendo il 53,2% degli occupati ha un grosso peso sulla media finale.

Come si vede sono i dipendenti a termine, sia part time che a tempo pieno, che crescono maggiormente, del 6,6% circa, aumentando la loro quota di occupati, che supera il 10%. L’attesa ora sarà sugli effetti del Jobs Act, se sarà in grado invece di invertire la tendenza sull’occupazione permanente, anche solo part time.

Vi è un tema che si impone, però, ovvero l’efficienza del mercato del lavoro, la capacità di creare un match tra esigenze reali delle imprese, che magari sono in ripresa e vorrebbero investire e assumere, e l’offerta di lavoro.

In un articolo de Linkiesta sull’argomento Manfredi dimostra come all’aumentare o al diminuire delle forze di lavoro (i 15-64enni) ogni mese vi sia una relazione con la dinamica degli occupati che tipicamente negli anni 2000 e anche durante la crisi è stata di 0,5 ovvero per ogni 100 mila nuove forze di lavoro si sono creati 50 mila nuovi posti, naturalmente in base al punto di partenza, ovvero l’intercetta, che per esempio nel 2013 è stata negativa, e si è creata inflazione. Ebbene nel 2014 a parità di forze di lavoro vi erano 8 mila posti in più però per ogni aumento di popolazione lavorativa solo 2 su 10 hanno ottenuto un lavoro, andando gli altri nella disoccupazione o nell’inattività. Si rischia quindi una situazione come quella di decenni passati in cui l’economia comunque cresceva, ovvero un limitato effetto occupazionale, in particolare provocato anche dalla crisi stessa, che ha prosciugato competenze, ed esperienze, e lasciato molte persone virtualmente inoccupabili, soprattutto in assenza di veri piani di formazione e riqualificazione, il braccio mancante del Jobs Act.