Preferenze, ecco il paradosso: gli elettori M5S le usano meno di tutti

preferenze M5S

L’Italia è una Repubblica fondata sulle preferenze. Per alcuni rappresentano l’humus perfetto per il voto di scambio, con il radicamento di potentati locali, capibastone e mammasantissima, secondo altri sono il sale della democrazia. Sta di fatto che uno degli aspetti dell’Italicum giudicati più controversi – e per questo contestati – riguarda proprio le preferenze e i capilista bloccati.

Nei 100 collegi, i partiti che conquisteranno i voti necessari potranno infatti eleggere il loro capolista, che è appunto calato dall’alto, deciso dalle segreterie. Le preferenze scatteranno a partire dal secondo eletto: sulla scheda elettorale sarà dunque possibile segnalare due nomi, nel rispetto dell’alternanza di genere.

Nonostante la mediazione sulle preferenze con la minoranza del suo partito, Renzi e i suoi non sono riusciti a dribblare l’accusa di voler creare un “parlamento di nominati” e a staccarsi di dosso l’etichetta di “ladri di democrazia”, come recitava uno degli slogan più fortunati della campagna anti-Italicum.

Il M5S figurava tra i protagonisti più accesi della partita sull’Italicum, che – complice una certa stampa – è stata fatta passare come una battaglia campale per le sorti della democrazia in questo Paese. Per le preferenze sono stati versati fiumi di inchiostro: nei salotti televisivi, nell’Aula della Camera, si elevavano accorati appelli in loro difesa, con la medesima partecipazione emotiva che gli attivisti di Greenpeace profondono nella salvaguardia della balenottera azzurra o della foca monaca.

L’esito delle ultime regionali segnala però che a differenza dei loro rappresentanti in Parlamento, gli elettori del Movimento Cinque Stelle non hanno certo perso il sonno per le preferenze, strumento di cui – dati alla mano – hanno fatto volentieri a meno in occasione dell’ultima tornata elettorale.

Gli elettori M5S e le preferenze

Uno studio condotto da Stefano Rombi dell’Università di Cagliari, pubblicato sul sito del Centro Italiano Studi Elettorali della Luiss, ha calcolato l’indice di preferenza (IP) per partito nelle sette regioni al voto. In fondo alla classifica troviamo proprio il M5S, con una media IP pari allo 0,25. Penultima è la Lega Nord (media IP di 0,27 punti). “Ciò mostra come i due partiti più decisamente avversi all’attuale assetto del sistema politico italiano – si legge nel rapporto – siano anche quelli meno legati ad un tipo di consenso basato sulla relazione personale candidato-elettore”.

Stefano Rombi (Università di Cagliari) – cise.luiss.it

L’Ncd di Alfano risulta essere il partito con l’indice di preferenza più elevato. Interessante anche la tabella che illustra l’indice di preferenza nelle sette regioni al voto, dove lo scarto di ogni regione è stato calcolato in base alla media del gruppo di appartenenza: da qui si evince come le regioni con l’IP più alto della media siano la Puglia e la Campania.

Stefano Rombi (Università di Cagliari) – cise.luiss.it