Pd, Bersani: “Partito Democratico in crisi per isolamento e inconsistenza”

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E’ un duro atto di accusa al Pd, al suo partito, quello lanciato da Pier Luigi Bersani in un’intervista concessa alla rivista Pandora. “La crisi del Partito democratico cammina su queste due gambe. Isolamento e inconsistenza. Sono due facce della stessa medaglia” Secondo l’ex segretario bisogna ricomporre un “dialogo con le parti sociali”. “Osservo quel che accade oggi nel nostro campo. Non essendo più il Partito un luogo in cui si discute, fioriscono associazioni e simili. È fortissima l’esigenza di guardarsi in faccia e parlare. Non dico che si sia tornati alle caverne, ma insomma”.

“Io – continua Bersani – suggerisco però di prenderla anche di lì. Le energie che si sono attivate vanno messe in rete. Dall’altro lato è necessario condurre una battaglia politica nei partiti, in cui i gruppi dirigenti devono preoccuparsi di affrontare una discussione larga e partecipata sul tema del partito stesso. Su come, cioè, i partiti si organizzano e trovano una funzione politica chiara e definita nella società italiana. Questo significa, anche, ricomporre forme di dialogo con le parti sociali. Se ti dai una tua struttura, una tua identità, un tuo profilo organizzativo, viene da sè che ti trovi a parlare con gli altri. Come ci sei, ti apri, come non ci sei, ti isoli”.

Bersani: “La soluzione? Creare collettivi stabili e radicati”

Secondo l’ex segretario il Partito Democratico deve tornare alle origini: basta uomini soli al comando, si torni alla collettività. “Dobbiamo creare dei collettivi stabili e radicati. È vero, io ho spinto fortemente in questa direzione durante la mia Segreteria, ma non ho mai sentito di avere una maggioranza, all’interno del gruppo dirigente del mio partito, anche tra i dirigenti a me più vicini, su idee di radicamento del partito e di un collettivo nei territori. Nemmeno l’idea di regolare le primarie era condivisa”.

“Non dobbiamo sottovalutare – afferma – quello che è successo nella mentalità del Paese e quanto sia ancora in salita l’idea di regolare un collettivo. La tendenza strutturale va verso un’ulteriore personalizzazione della politica. Personalmente ho misurato, con tutti i miei limiti, la difficoltà di questo progetto, ma credo che, pur essendo un lavoro di lunga lena, debba essere considerato ineludibile. Tant’è che le nuove formazioni in giro per l’Europa, i 5stelle, Podemos, SYRIZA (pur molto diverse tra loro) cercano di uscire da meccanismi eccessivi di personalizzazione. Ritengo necessario tradurre l’antipolitica – prosegue Bersani – in una sfida radicale di cambiamento, sociale e liberale: onestà, libertà, socialità, solidarietà, attaccando dei punti forti di senso comune con radicalità. Riassorbire questa lunga fase di antipolitica con meno di un’idea di cambiamento radicale non è possibile. Il berlusconismo ha conformato l’immaginario, riducendo la politica a demagogia, tifoseria o rabbia impotente. Questa fase, che ha comportato estrema personalizzazione e impronunciabilità della parola partito, ha generato fenomeni che hanno mescolato sempre politica ed antipolitica. Anche noi, io stesso per esempio, abbiamo dovuto concedere qualcosa a questo sentimento. Caduto Berlusconi, quel senso comune non è svanito, anzi: siamo ancora pienamente inseriti nelle sue conseguenze profonde. Lo sforzo titanico del Pd, ai miei occhi, doveva e deve essere ribadire l’esigenza di un collettivo radicato e produrre leadership attraverso la selezione del collettivo”.