Alta Velocità: il tempo della protesta, il tempo delle decisioni.

alta velocità

Oramai la costruzione l’Alta Velocità legata alla tratta Torino – Lione ha assunto, dagli iniziali connotati localistici, la fisionomia di un vero e proprio dilemma nazionale per tutta la nostra comunità.

I sindaci e i cittadini della valle (o almeno, una parte di loro) si scagliano contro l’opera perché la considerano dannosa per il territorio circostante oltreché inutile. D’altro canto amministratori locali ed altri cittadini della zona si sono detti, da tempi non sospetti, favorevoli ad una costruzione di questo tipo.

Il governo Monti, che si trova questa gatta da pelare così come tutti i governi della Repubblica degli ultimi vent’anni, si è detto fortemente favorevole alla realizzazione dell’opera.

Agli occhi di Monti infatti la vicenda della Tav non rappresenta solo uno di quei tabù storici del nostro paese capaci di rallentare le riforme strutturali di cui tutti la comunità nazionale avrebbe così tanto bisogno. Ma è un anche una prova generale d’europeismo, e nei comunicati dell’esecutivo è quasi sempre ribadita la volontà di sfruttare la Torino – Lione come aggancio all’Europa di una penisola che altrimenti rischierebbe di restare fuori da tutti i circuiti di carattere internazionale.

Per quanto riguarda le forze politiche l’unico aspetto veramente da analizzare è quello dell’Italia dei Valori, che oggi cavalca la protesta ma che in realtà, nel corso del biennio 2006-2008, non si era espressa contro un’opera di questo tipo quando Antonio Di Pietro ricopriva il ruolo di ministro delle infrastrutture. Anzi, l’ex pm, i più attenti se lo ricorderanno, finì per essere coinvolto, il 17 maggio del 2006, nel primo scivolone del secondo governo Prodi quando si disse possibilista sulla costruzione del ponte sullo stretto di Messina al contrario del colleghi del ministro dell’ambiente (Pecoraro Scanio) e trasporti (Bianchi). Insomma, sui quei temi Di Pietro sembrava favorevole.

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La Lega Nord è a favore, c’è di mezzo del resto il presidente Cota, ma teme le proteste No Tav come un veicolo per dirottare parte dei voti di protesta contro l’attuale governo su altri canali.

Il Pd, a parte qualche voce fuori dal coro, è compatto nel dire sì a questa proposta. E forse il nuovo corso bersaniano, improntato ad una certa intransigenza su certi temi in primis quelli sul lavoro, risente del fatto che sia i Ds sia la Margherita si erano oramai già detti favorevoli al progetto.

Insomma, è troppo tardi per l’estremismo.

Il tema di fondo legato all’alta velocità però è un altro: il governo vuole puntare sulle infrastrutture come volano dello sviluppo economico e come simbolo della fine della lunga stagnazione italiana. Un progetto a tratti keynesiano e che rimembra, secondo alcuni economisti, la politica economica statunitense degli anni ’30. Corrado Passera del resto ha una certa esperienza nel campo e si era proposto come un ministro dotato di una vera e propria ricetta magica per affrontare il problema.

Questa consapevolezza spinge il governo a perorare fortemente la causa della Tav (basti pensare al decalogo dei 14 punti per cui vale la pena fare l’alta velocità), ma al tempo stesso sfrutta il tema per far capire che il clima è cambiato in Italia. E dunque va bene la protesta, se pacifica. Ma poi giunge il momento delle decisioni.

Altrimenti il gap col resto del mondo non può che aumentare ulteriormente.

E questo governo Monti, indipendentemente dalla sua durata, intende lasciare un segnale forte alle future generazioni.