Elezioni USA, giovane maschio, ispanico e povero o 50enne bianco poco istruito, l’identikit di chi ha abbandonato la Clinton

elezioni usa barre blu e rosse su dati del 2016

Elezioni USA, giovane maschio, nero e povero o 50enne bianco poco istruito, l’identikit di chi ha abbandonato la Clinton

Dalla sorprendente e da molti inattesa vittoria di Donald Trump alle elezioni americane dell’8 novembre è tutto un fiorire di analisi, commenti, opinioni più o meno autorevoli sulle cause del voto, e sulla cecità di moltissimi grandi media, tradizionalmente liberal e localizzati nei grandi centri urbani dove si respira un’aria e un’ideologia molto diversa da quella che, spesso all’oscuro, nutre milioni di persone dell’america profonda, delle contee suburbane o rurali.

Gli stessi discorsi venivano fatti nel 2004, quando Bush venne riconfermato con un aumento dei voti, e la geografia degli Stati Uniti certificò una netta separazione tra un’area democratica che faceva capo sulla costa Pacifica e sul Nordest e l’area dei laghi degli USA e un glosso blocco centrale e meridionale repubblicana.

La mappa oggi non è molto diversa, ma ad alcuni Stati che hanno vissuto cambiamenti demografici ed economici che li hanno portati verso i democratici, come Colorado, New Mexico, Virginia, si sono sostituiti altri che non votavano democratico da decenni, quelli del Midwest che ha sofferto di più la crisi, abitati prevalentemente da bianchi come Iowa, Wisconsin, Michigan, Pennsylvania.

Ma al di là della geografia,  ritornando alle persone, chi ha abbandonato il partito democratico? Chi sono quei 6 milioni di persone che hanno votato Obama, ma non Hillary Clinton?

Il New York Times ha realizzato degli exit polls dividendo le risposte per tutta una serie di indicatori socio-demografici e facendo il confronto con il 2012.

Elezioni USA, i democratici perdono il 6% tra gli ispanici, il 5% tra i neri

Trump ha avuto meno voti di Romney, e ha anche perso il voto popolare nei confronti di Hillary. Non si tratta quindi di una trionfante vittoria per il miliardario repubblicano, quanto piuttosto di una sconfitta per i democratici: Hillary Clinton ha avuto il 3% in meno e 6 milioni di voti meno di Barack Obama nel 2012.

E quindi chi ha abbandonato i democratici?

Secondo gli exit polls si tratta, a dispetto delle previsioni delle vigilie, proprio delle minoranze.

Tra i neri Clinton ha avuto l’88% contro il 93% di Obama, tra gli ispanici il 65% contro il 71%. In compenso ha perso solo il 2% tra i bianchi.

E si è trattato soprattutto della defezione degli uomini, 4% contro un -1% delle donne.

A livello di età i democratici perdono il 5% tra i 18-29enni, mentre addirittura aumentano, pur rimanendo minoranza, tra gli over 65.

C’è un calo del 3% anche tra i 45-54enni, i più colpiti dalla crisi. Se torniamo per un attimo alla geografia è questa classe di età che ha portato alla vittoria Trump nel Midwest. Sono stati i 50enni bianchi maschi.

Nel complesso degli States invece sono stati i giovani uomini neri o ispanici, che non si sono recati a votare come ci si immaginava

Lo vediamo nei prospetti di seguito:

 

2016:

2012:

Elezioni USA, -10% per i democratici tra i più poveri, -6% tra non ha la laurea, -8% se sono bianchi

Obama era stato il presidente della speranza per gli ultimi nella scala sociale. Aveva sfondato tra i più poveri, tra chi faceva professioni come cameriere, magazziniere, addetto alle pulizie, chi si aspettava un aumento del salario minimo, e voleva un riscatto sociale e una diminuzione delle disuguaglianze.

Hillary Clinton non è riuscita nello stesso intento, non è stata giudicata paladina allo stesso modo, e del resto in questi anni sono giunti miglioramenti nell’economia, ma non per tutti, moltissimi lavoratori sono rimasti poveri, e disillusi.

Così Hillary ha preso il 10% in meno rispetto ad Obama tra chi guadagna meno di 30 mila dollari annui, passando dal 63% al 53%, aumentando invece del 3% tra chi ha un reddito superiore a 100 mila dollari.

Non sempre accade, ma in questo caso il trend del reddito segue quello dell’istruzione. HIllary perde rispetto al presidente attuale il 6% tra chi ha una laurea breve e ha fato il college senza finirlo, mentre guadagna il 3% tra chi ha fatto un master o il dottorato. Giù del 6% anche tra chi ha solo il diploma.

Il New York Times mostra i dati sull’istruzione legati alla razza. Così scopriamo che tra i bianchi non laureati HIllary prende solo il 28% contro il 36% di Obama, mentre sale del 3% tra quelli con una laurea.

2016:

2012:

Un’America insomma sempre più divisa. I democratici vanno bene dove già stavano incrementando i voti, i ricchi, i laureati, e molto peggio del passato dove già stavano perdendo colpi, ovvero i poveri, i poco istruiti. In più è mancato quell’apporto delle minoranza, che del resto appartengono pienamente alle categorie a reddito e istruzione bassi, su cui così tanto i media avevano puntato.

Trump non ha brillato rispetto a Romney, ma ha perso voti laddove in ogni caso non servivano, in Stati fortemente democratici come California e New York, o così tanto repubblicani, come Texas e Utah, che poteva permetterselo, e invece ne ha guadagnati dove serviva, tra i bianchi del Wisconsin (che Hillary non ha mai visitato durante la campagna), del Michigan, della Pennsylvania.

E ha spalmato molto meglio l’elettorato.

Non è però solo sui tecnicismi della legge elettorale che si è basata la vittoria di Trump.

C’è un tema globale, il declino di alcuni lavori e di alcune occupazioni a minore valore aggiunto, che in USA sono concentrati in particolare in alcuni Stati, quelli di cui si parla meno sui media.

Anche in Europa il declino dell’industria sta provocando la ribellione e la frustrazione di larghi settori della popolazione in aree non centrali, ma protagoniste per decenni dell’economia, come il Nord Est italiano, l’Inghilterra settentrionale, la Francia del Nord, tutti luoghi in cui i partiti populisti trionfano più che altrove, oggi e probabilmente ancora più domani.

Non a caso si fanno già collegamenti tra quel che accade oltreoceano e l’attualità italiana, collegamenti favoriti da prese di posizione come quelle di Grillo, che così commenta l’elezione di Trump:

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