Sergio Mattarella: chi era il fratello Piersanti vittima degli insulti

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Sergio Mattarella: chi era il fratello Piersanti vittima degli insulti

C’è chi ha deciso di gridare all’impeachment (alias la messa in stato di accusa di colui che riveste una carica pubblica), impugnando l’articolo 90, e chi si è spinto molto più in là nel manifestare il proprio dissenso rispetto alle delibere del capo dello Stato Sergio Mattarella (e le conseguenze che ne sono derivate): piovono gli insulti sul Presidente della Repubblica che non risparmiano il fratello, Piersanti Mattarella.

Gli insulti di cui Mattarella è stato vittima

Il forte livore generale non ha trovato espressione solo negli insulti verbali; si è spinto ben oltre: è stato augurato a Mattarella, “burattino e camorrista” come è stato definito, di fare la fine di suo fratello, che, ricordiamo, esser stato vittima innocente della mafia il 6 gennaio 1980. Fu freddato a colpi di arma da fuoco in Via della Libertà a Palermo. Era appena salito a bordo di una Fiat 132 insieme con i suoi familiari. Allora, Sergio Mattarella era ancora professore di Diritto Parlamentare all’Università di Palermo.

Ma gli toccò un compito ben più arduo della futura nomina a 12esimo Presidente della Repubblica: fu lui a estrarre Piersanti, agonizzante, dalla vettura; mentre la moglie Irma, stoica al dolore per le proprie dita spezzate dai proiettili, ne spingeva il corpo verso l’esterno. Fu il nostro Capo dello Stato – col volto più bianco dei suoi capelli, come scrive di lui Attilio Bolzonia stringerne le spalle senza vita e ad annunciare che non c’era più nulla da fare. Piersanti era Presidente della Regione Sicilia. E uomo attivo nella lotta contro la mafia imperante negli anni 80 a Palermo.

Perchè Piersanti Mattarella fu ucciso

Erano gli anni dell’omicidio di Peppino Impastato, quando Piersanti Mattarella si recò a Cinisi, città di cui impastato si era candidato a sindaco, e levò un discorso contro Cosa Nostra che spiazzò i presenti. Nella Conferenza regionale dell’agricoltura, tenutasi nel 1979; il fratello del nostro capo dello Stato riconobbe la necessità di correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali: non difese perciò, a dispetto di quanto tutti si sarebbero aspettati, il proprio assessore Giuseppe Aleppo; sostenne, invece, le accuse del deputato Pio La Torre che additò Aleppo come colluso alla delinquenza regionale e attaccò lo stesso Assessorato dell’agricoltura.

Alla guida dell’assessorato fu comunque confermato Aleppo, ma l’interesse di Mattarella alla lotta contro le ingerenze malavitose non conobbe sosta. Nello stesso anno chiese all’allora segretario nazionale Benito Zaccagnini di indagare sui rapporti intrattenuti tra l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino e Salvo Lima; altra vittima nel 1992 di Cosa Nostra, la cui alleanza consegnò il piano regolatore di Palermo nelle mani di pregiudicati e boss mafiosi.

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Le parole dell’attuale Sindaco di Palermo

Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, in onore del memoriale per la morte dell’ex Presidente della Sicilia ha parlato di una Palermo finalmente scevra dalla mafia, nel suo governo; grazie al sacrificio di Piersanti, seppur nell’onesta ammissione di una sofferta presenza, ancora difficile da estirpare, nella regione siciliana.

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