Riforma Copyright Ue: testo e spiegazione, ecco in cosa consiste

Riforma Copyright

Riforma Copyright Ue: testo e spiegazione, ecco in cosa consiste


Era stata già rinviata il 5 luglio 2018 per una nuova revisione; oggi è stata adottata dal Parlamento Europeo. Era stata presentata come una delle più controverse e contestate riforme in ambito europeo. Tuttavia la nuova regolamentazione del diritto d’autore passa con 438 voti a favore, 226 contrari e 39 astenuti. Ma in cosa consiste la Riforma Copyright?

Riforma Copyright Ue: modernizzato il quadro normativo fermo al 2001

In Europa di diritti d’autore se ne era già parlato. La normativa però era rimasta al palo, ferma all’anno 2001. Il suo adattamento non è stato facile anzi ha incontrato parecchie difficoltà. Da qui la decisione della Commissione Europea di valutare la possibilità di una nuova riforma; possibilità divenuta concreta dopo una serie di consultazioni. Si tratta quindi solo di un ammodernamento? Sì, in parte, ma è anche una normativa “rivoluzionaria”. Alcuni l’hanno già condannata etichettandola come nuovo bavaglio della rete; altri la ritengono necessaria.

La proposta è arrivata nel settembre 2016, il pacchetto di norme conteneva una direttiva riguardo al diritto d’autore nel mercato unico digitale. Dal 5 luglio ad oggi sono state registrate due modifiche proposte dal relatore Axel Voss. Dopo l’approvazione di questi due cambiamenti (articolo 11 e 13) c’è stato il voto favorevole della plenaria che spiana ora la via alle trattative con il Consiglio.

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Riforma Copyright Ue: l’Europa strizza l’occhio agli editori e imbavaglia la rete?

Quali sono i settori che la riforma va a normare? Innanzitutto, è opportuno chiarire che la riforma punta a creare un nuovo diritto che consenta agli editori di ottenere un pagamento per l’utilizzo digitale delle loro pubblicazioni. In secondo luogo la norma crea eccezioni al copyright nell’ambito del text and data mining, cioè nell’elaborazione ed esplorazione di grandi quantità di dati. Infine si chiede alle grandi piattaforme – ad esempio YouTube -di controllare i contenuti con lo scopo di garantire la remunerazione per i diritti d’autore.

La direttiva precedente permetteva l’utilizzo di alcune opere protette di essere utilizzate per determinati scopi. Tali eccezioni erano già considerate dagli Stati membri ma senza nessuna obbligatorietà. C’è da dire inoltre che la riforma affronta anche un altro problema, sicuramente reale, l’incapacità e la difficoltà degli editori a concludere accordi per l’utilizzo dei loro contenuti online. Praticamente, spiega il Parlamento Europeo, l’editore non ha potere contrattuale in quanto c’è un vuoto legislativo circa la remunerazione per l’utilizzo dei contenuti degli editori in via digitale.

Riforma Copyright Ue: il value gap e la direttiva sul commercio elettronico del 2000

La relazione del Parlamento Europeo spiega che c’è un problema di sostenibilità per quanto riguarda l’industria dell’editoria. In poche parole chi possiede diritto d’autore su determinate opere ha una seria difficoltà a controllare l’utilizzo dei suoi contenuti; questo genera un ammanco di valore, un value gap. È complicato, data la vastità e la vocazione stessa della rete, controllare i contenuti immessi, protetti dal copyright, su piattaforme online.

In questo caos i confini risultano poco definiti; entra in gioco infatti anche una direttiva sul commercio elettronico del 2000 che solleva da ogni responsabilità colui che utilizza contenuti forniti da un terzo al di fuori dell’UE sebbene tale materiale sia ritenuto illegale.

Una proposta di revisione della Commissione su incentivo di Parlamento e Consiglio ha portato ad una richiesta per gli Stati membri di un adeguamento della legislazione nazionale circa il diritto di riproduzione e il diritto ad impedire l’estrazione da un database. Questa modifica dovrebbe garantire a chi lavora per text and data mining di accedere a tali contenuti in maniera legale senza commettere violazioni.

Riforma Copyright Ue: articolo 11 e 13, link tax e upload filter

L’introduzione dell’articolo 11 segna la nascita di un nuovo diritto per gli editori. Fino ad oggi questo copyright aveva protetto solo i lavori letterari; non c’era un diritto alla remunerazione per le pubblicazioni giornalistiche. Si configura in tal modo un diritto esclusivo per l’editore che potrà chiedere una remunerazione per l’utilizzo dei suoi contenuti in forma digitale. Un notevole rinforzo al potere contrattuale dell’editore stesso con gli aggregatori di notizie.

Tutto ciò però deve trovare ancora importanti risposte. Ad esempio, questa normativa vale per i blog? E cosa intendere per contenuti “digitali”?. Con l’articolo 13 (il più controverso) la Commissione vuole potenziare lo status dei titolari di diritti d’autore; chi permette di pubblicare un numero considerevole di opere da parte di altri utenti dovrebbe monitorare che vi sia una effettiva osservanza degli accordi contratti con i titolari di diritti. Tale obbligo vincolerebbe il provider a prescindere dalla direttiva sul commercio elettronico.

Riforma Copyright Ue: questione economica? Sì, ma anche e soprattutto politica

Quello che sembra essere mancato è un reale dibattito fuori dalle istituzioni europee sull’impatto che questa normativa potrebbe avere sui diritti fondamentali. Da un lato l’ammodernamento risolleva in qualche modo l’editoria finora in declino; dall’altro lato, quello politico, i comuni cittadini sentono minacciato il loro diritto all’espressione.

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