Il G20 di Pittsburgh: un breve resoconto

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Il G20 di Pittsburgh: un breve resoconto

E’ indubitabile che i grandi della terra sappiano individuare i luoghi che coniugano possibilità di sicurezza elevata con qualità e bellezza. Pittsburgh da città degli altiforni, da città iper-inquinata si è man mano trasformata in una città verde dove gli edifici energeticamente autosufficienti stanno diventando la normalità, dove l’aria è pulita, il verde dei parchi ha grande estensione, la qualità della vita migliora. Perfino la crisi immobiliare pare essersi fermata alle porte di questa città: I prezzi degli immobili hanno subito appena lievi ritocchi in raffronto ai crolli registrati altrove.

Qui per tre giorni i grandi della terra hanno proseguito sotto la veste del G20 gli incontri incominciati all’ONU nei giorni scorsi.

Qualche giocherellone, poco fiducioso, aveva ironizzato:i risultati del G20 saranno inversamente proporzionali alla frequenza dell’utilizzo della parola ‘etica’. Gli si può dar torto? Di nuovo ad insistere sui bonus e sugli emolumenti dei manager di banche ed istituzioni finanziarie. Di nuovo ad affrontare la questione prendendola dal lato simbolico del capro espiatorio da offrire alle opinioni pubbliche ben attenti a non intervenire su ciò che ha determinato la crisi e sta inducendo le banche salvate dai quattrini dei contribuenti a ricominciare il giochino forti delle gigantesche liquidità immesse nel mercato da governi e banche centrali. Se ne è appropriatamente occupato il Prof. Luigi Zingales sostenendo alcune tesi che faranno storcere il naso ai teorici del declino del capitalismo e del liberismo. Ma è difficile contraddire l’ipotesi che il plafonamento degli stipendi dei manager bancari imposto dal Presidente Clinton nel 1993, atto legislativo e politico, non abbia a che fare con l’esplosione dei bonus. E’ difficile sostenere che un addetto del settore finanziario-bancario guadagni 70 volte in più di un pari grado di altri settori se non in forza di protezioni e griglie di ingresso. E’ difficile credere che le responsabilità vadano tutte ai manager e banchieri avidi e senza cuore quando gli azionisti sono quelli che più beneficiano ed hanno beneficiato dei megagalattici profitti che la leva finanziaria ha consentito. E questo meccanismo di profitti attesi dagli azionisti e cercati dal management si innesta su regole di governance che rendono i Consigli di amministrazione e manager clan chiusi nei quali regna il manager che più di altri ha ottenuto stratosferici risultati. Se poi si pensa ai casi nei quali la leva finanziaria è arrivata a 50,60,80 ed oltre, si capisce come i guadagni arrivino con bassi rischi per gli azionisti e grossi rischi per chi presta il danaro, rischi che però sono assai ben sopportabili dai prestatori perché, al momento giusto arriva pantalone. Come si è dimostrato. Se questi temi restano fuori dal dibattito e da possibili interventi, la parola etica sarà sventolata quanto si vuole ma i risultati non arriveranno. Arrivano invece rialzi di borsa che non sembrano collegati con i fondamentali dell’economia e con le prospettive di profittabilità delle imprese che, salvo eccezioni, non paiono affatto entusiasmanti. Anche la stabilità finanziaria è stato un cavallo di battaglia del G20.

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Ma stabilità finanziaria vorrebbe anche dire affrontare la questione dei titoli tossici ancora in giro. Il FMI stima la cifra delle perdite globali inputabili alla crisi in 3.400 miliardi di Dollari, in miglioramento rispetto ai 4.000 delle precedenti previsioni. Ma è la medesima istituzione che stima in altri 1.500 miliardi di dollari le svalutazioni residue, si fa per dire, a cui il sistema bancario dovrà dar corso. E nel silenzio rimane anche la questione del TBTF Too Big To Fail e di certo senza escludere le banche europee di levatura continentale se non mondiale. Un atto concreto e di buon senso, al G20 di Pittsburgh o a Bruxelles sarebbe stato quello di strutturare adeguatamente rispetto alla realtà del mercato gli organismi di monitoraggio e controllo finora gelosamente custoditi a livello nazionale. E, beninteso, sempre con la bandiera dell’etica sul pennone più alto a cui l’Ecofin di questi giorni ha aggiunto l’avidità tanto per non farci mancare nulla. Ma di intervento politico incisivo neppure l’ombra. E c’è da sperare che ci metta una pezza il Governatore Draghi nel ruolo di Presidente del Financial Stability Forum il cui lavoro non garantisce affatto che l’autorità politica se ne serva per incidere sul problema. Insomma se la politica si è caricata dell’onere di interventi colossali a sostegno delle economie quasi dappertutto, di certo in alcuni casi ha colto prontamente l’occasione per riaffermare un primato che mai nessuno le ha negato o le negherebbe se non si connotasse come dirigismo para-sovietico.

Non c’è dubbio che è più facile largheggiare con i soldi dei contribuenti che andare ad incidere sul sistema finanziario, eppure è preciso dovere della politica dotarsi di regole e sistemi di monitoraggio che riescano a prevenire i rischi che, prima dell’esplodere della crisi non sono stati neppure immaginati dalle autorità PUBBLICHE ed ISTITUZIONALI a ciò PREPOSTE. Vale la pena anche sottolineare che al G20 si è preso atto che l’uscita dalla crisi lascerà per strada posti di lavoro a milioni promettendo strategie d’uscita lunghe e dolorose. E costose in termini di quattrini e costi sociali. Pittsburgh ha viceversa presentato qualche aspetto positivo per quanto riguarda le politiche ambientali ed è augurabile sia una piattaforma di lancio per la Conferenza di Copenaghen. Il mutamento radicale dell’amministrazione Obama rispetto alle precedenti impostazioni, le aperture del leader Cinese Hu Jin Tao sono un buon viatico. Non c’è dubbio che lo scopo della riduzione delle emissioni nocive può essere un volano di crescita, di innovazione e di creazione netta di nuovi posti di lavoro per l’economia. L’opzione ‘verde’ dei grandi leader non ha avuto come grembo il G20 così come l’enfasi sulla disoccupazione è una mera presa d’atto, rendono plausibili domande sull’effettività del ruolo di governance mondiale cui il G20 aspira. Ed a nulla rileva che il G20 abbia sostituito il G8 al quale sono stati attribuiti compiti diveri. Un soffio di significatività novità in termini politici, arriva dalla Germania ed è rappresentato dal successo sonante del FDP di Guido Vesterwelle. E’ il partito liberale tedesco, liberale ma sensibile allo spirito del tempo che impone di tener presente che le opinioni pubbliche, i cittadini richiedono sicurezze.

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La FAZ, Frankfurter Allgemeine Zeitung, autorevole quotidiano conservatore, ha fatto sentire la sua voce critica per alcuni aspetti del programma di FDP. E’ però indiscutibile che le fondamenta del FDP sono autenticamente liberali e non mancheranno di influire nel programma che dovrà darsi il nuovo governo. E’ un evento che di questi tempi un partito liberale abbia ottenuto un significativo aumento del suo consenso elettorale specie dopo un governo di Grosse Koalition che non ha mancato di rendere sin troppo laschi i cordoni della borsa con provvedimenti iper costosi e dalla chiara matrice acchiappa voti che ha funzionato poco per il partito della Kanzlerin Merkel e malissimo per i socialdemocratici di SPD.. E’ un germe positivo che, pur piccolo sta a dimostrare quanto almeno dal 14,6% degli elettori tedeschi sia ritenuta uggiosa e strumentale la querelle sulla fine del capitalismo e del liberismo o addirittura del mercato. Non c’è alcun dubbio peraltro che il futuro per tutti passa attraverso la stabilizzazione e la bonifica del sistema finanziario. E pesa, peserà ancora di più l’inazione che a due anni di distanza dall’esplosione della crisi riguarda i governi. Il primato della politica lo si dimostra con provvedimenti consoni alle dimensioni ed alle complessità dei problemi sul tavolo e non certo con lai, accuse e sventolii delle bandiere dell’etica. Anche perché etica e/o avidità non sono né potranno mai essere elementi dell’economia o della finanza dovendo essere invece connotazioni tipiche dell’individualità di ciascun uomo.

Politici compresi.

di Gobettiano ed il suo omonimo blog su “La Stampa”.