Umberto Eco: libri, frasi e figli. Chi è l’autore de Il nome della rosa

La serie kolossal in onda sulla Rai Il nome della rosa riporta in auge la figura Umberto Eco, compianto autore dell’omonimo romanzo

Umberto Eco: libri, frasi e figli. Chi è l'autore de Il nome della rosa
Umberto Eco: libri, frasi e figli. Chi è l’autore de Il nome della rosa

Vita privata Umberto Eco e chi è


La serie kolossal in onda sulla Rai Il nome della rosa riporta in auge la figura Umberto Eco, compianto autore dell’omonimo romanzo.

Umberto Eco: un profilo difficile da inquadrare

L’autore de Il nome della rosa è stato uno degli intellettuali italiani più importanti e influenti della seconda metà del Novecento. È difficile inquadrare la personalità poliedrica di Eco in una definizione rigida. Filosofo e semiologo, scrittore e traduttore, professore: si potrebbe continuare ancora a lungo con l’elenco di tutte le categorie in cui è possibile inserirlo senza però essere mai esaustivi.

Nato ad Alessandria nel 1934, si laureò in Filosofia a Torino nel 1954. Nello stesso anno entrò in Rai, allora alla ricerca di giovani talenti in grado di “svecchiare” i programmi. Lasciò la televisione pubblica alla fine degli anni ’50. Dal 1959 al 1975 fu condirettore della casa editrice Bompiani. E nel 1961 ebbe inizio la sua carriera accademica. Eco ha insegnato tra Torino, Milano, Firenze e Bologna.

Nel capoluogo emiliano, nel 1975, ottenne la cattedra di Semiotica. Sempre a Bologna ispirò la creazione dei corsi di laurea in Dams (discipline dell’arte della musica e dello spettacolo) e Scienze della Comunicazione. La sua attività di professore universitario, terminata nel 2007, negli anni si snodò tra i migliori atenei di Usa e Regno Unito, con dei passaggi in Sudamerica e, soprattutto, all’Ècole Normale Superieure di Parigi. In tutta la vita ha ricevuto una quarantina di lauree ad honorem.

Umberto Eco: il successo de “Il nome della rosa”

Eco si è spento a Milano nel 2016. Tra le condizioni del testamento lasciato ai due figli (Stefano e Carlotta) che non si tengano conferenze su di lui fino al 2026. Sin dal 1985, anno della sua fondazione, proprio all’anno della sua morte ha tenuto la famosa rubrica “La bustina di Minerva” sull’ultima pagina del settimanale L’Espresso. Tuttavia, scrisse anche per La Stampa, Corriere, Repubblica e Manifesto.

Nel 1980 il suo esordio da – prolifico – romanziere con, appunto, Il nome della rosa che gli valse il Premio Strega oltre alla fama internazionale. Del romanzo ha pubblicato anche un’edizione “riveduta e corretta” nel 2012. Oltre alla serie Rai, è stato tratto dal libro un film di successo con Sean Connery nei panni del frate Guglielmo da Baskerville.

“Sono un fallito. Da piccolo, prima volevo fare il bigliettaio del tram, perché avevano delle bellissime borse a dieci scomparti con mazzetti di biglietti di vario colore. Non come ora, che si entra nel metro infilando il biglietto in una macchinetta automatica. Un po’ più tardi avrei voluto diventare generale (sotto il fascismo, il modello era il guerriero) e invece, fatto il servizio militare, sono andato in congedo col grado di caporale maggiore di fanteria distrettuale. Come se non bastasse, negli anni Sessanta ho collaborato a fondare il Comitato per il Disarmo atomico. Ma so che la mia vera ambizione sarebbe stata quella di fare il pianista di pianobar. Sino alle due o tre di notte, la sigaretta all’angolo delle labbra, un whisky, e via a suonare Smoke gets in your eyes e Time passing by. È andata proprio male. Beh, pazienza”.

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