Le strategie (ignote) di Fini

Centrodestra, Fini sul rientro di Casini

Le strategie (ignote) di Fini

 

Sembrava che l’aggressione a Berlusconi avesse calmato le acque. Ma il presidente della Camera torna all’attacco dei falchi del Pdl. Quali sono i piani dell’ex leader di An?

Il primo a dirlo chiaramente è stato Francesco Rutelli. L’invito al Presidente della Camera è stato chiaro ed esplicito: con le posizioni che hai che ci fai ancora nel Pdl? L’interrogato del leader di “Alleanza x l’Italia” è un pensiero che molti condividono da molto tempo. Soprattutto dopo aver sentito l’ormai famoso “fuori onda” in cui Gianfranco Fini parlava con il magistrato Nicola Trifuoggi a proposito delle dichiarazioni che il pentito Gaspare Spatuzza si apprestava a fare al processo d’appello che vede Marcello Dell’Ultri imputato per concorso esterno in associazione mafiosa.La “questione Fini” agita ormai da molto tempo le notti di molti dei maggiorenti del Pdl, così come quelli del Governo, e in particolare del Presidente del Consiglio. Tutti a chiedersi che cosa ha in mente Gianfranco Fini. Qual è la sua strategia e quali le prossime mosse? Non c’è bisogno di scomodare analisi psicologiche per capire che qualcosa è cambiato nell’uomo che da sedici anni è il sodale politico di Silvio Berlusconi. Sicuramente alcune delle sue proposte (penso soprattutto al tema della cittadinanza degli immigrati) non sono cosa di adesso. Sono anni ormai che Fini le ribadisce. Semmai quello che stupisce è la tempistica. I distinguo e le prese di posizione dell’ex leader di Alleanza Nazionale sono ormai quotidiane. Si perde nella memoria l’ultima volta che Fini si è detto d’accordo con quanto detto o fatto da Silvio Berlusconi e dal Governo da lui presieduto.

Lo smarcamento da Berlusconi è finito da un pezzo. Ormai Fini è fuggito in solitaria. Verso quali lidi? Lui ha sempre dichiarato che le sue prese di posizione rientrano tutte nell’alveo di una destra moderna, liberale ed europea. Lo dice sempre: le cose che dico sono in linea con quanto dicono altri esponenti del centro-destra in Europa, da Sarkozy alla Merkel. Qualcuno con malizia sostiene che forse sono più vicine a Zapatero, ma Fini tira via dritto. Incurante di chi lo chiama il compagno Fini, piuttosto che Ho-Chi-Fin. I dubbi restano. La strategia, se da un punto di vista culturale convince, da quello politico rischio di finire in un buco nell’acqua.

Il Presidente della Camera deve stare attento ad alzare troppo il tiro nelle sue prese di pozione. Il rischio, infatti, non è quello che venga disarcionato dallo scranno più alto di palazzo Montecitorio, anche perché impossibile dal punto di vista costituzionale. Il problema è la perdita di consensi. Soprattutto a destra.

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A Gianfranco Fini non devono rassicurare gli applausi che vengono dall’opposizione. E neanche gli slogan a suo favore visti al No-Bday di qualche giorno fa. Quelli sono tutti voti che alla fine, nel segreto dell’urna, andranno a “sinistra”. Nonostante qualsiasi tipo di Pd, un elettore di centro-sinistra non voterà mai per Fini. Il Presidente della Camera dovrebbe preoccuparsi di più delle grida di traditore giunte da parte di iscritti e simpatizzanti del Popolo delle Libertà. Sono quelli i voti “naturali” di Fini. È quello il consenso che ha portato l’ex leader di An dove è adesso. Lui non lo deve dimenticare. I grandi uomini politici sono quelli che riescono a guidare i partiti e i loro iscritti verso grandi scelte e importanti obiettivi, anche impopolari. Ma nessun leader è diventato grande prescindendo dal consenso della sua parte politica. E anche Fini non può non considerare che il grosso del consenso (e quindi dei voti) della sua parte politica è ancora saldamente nelle mani di Silvio Berlusconi. Per questo un po’ di prudenza in più (soprattutto nell’utilizzo dei microfoni, sia accesdi che spenti) potrebbe essere un valido aiuto per le sfide che il centrodestra avrà davanti nel futuro dopo Berlusconi.

di Luca Falcone