Economia italiana in crisi per lockdown: la parola a Confindustria e politica

Economia italiana in crisi per lockdown: la parola a Confindustria e politica. Continuno le preoccupazioni di Confindustria ed il pressing di Conte sull’UE

Economia italiana in crisi per lockdown: la parola a Confindustria e politica

Ad alimentare il dibattito sulle perdite dell’economia italiana interviene l’Ifo, l’istituto diretto da Clemens Fuest.

Il centro di ricerca tedesco calcola che una chiusura parziale di due mesi della produzione può costare all’economia italiana una perdita compresa tra i 143 e i 234 miliardi di euro.

Qualora i mesi di lockdown fossero tre, sempre secondo l’Ifo, i costi potrebbero ammontare tra i 200 e i 342 miliardi di euro, mentre per ogni singola settimana di blocco della produzione in più, l’economia italiana potrebbe perdere tra i 14 e i 24 miliardi di euro. con un calo fino a 1,5 punti del Pil.

Un prolungamento da uno a due mesi di lockdown comporterebbe, invece, una perdita fino a 108 miliardi di euro e un calo delle crescita pari al 6,3%: una cifra immensa in un’economia italiana già fortemente compromessa dalla recessione.

Economia italiana in crisi: le pressioni di Confindustria

Proprio qualche giorno fa, Confindustria ha diffuso un bollettino nel quale si paventa per l’economia italiana il rischio di una “depressione prolungata” e in cui si esorta il governo a intervenire tempestivamente per un graduale ritorno alla normalità nelle fabbriche e nei luoghi di produzione.

Del resto, a Confindustria le misure di lockdown decise da governo, in accordo con i sindacati per tutelare innanzitutto la salute dei lavoratori, non sono mai andate giù. Alla vigilia dell’entrata in vigore del decreto del 21 marzo, il presidente di Confindustria Boccia tuonò contro il provvedimento: «Con questo decreto si pone una questione che dall’emergenza economica ci fa entrare nell’economia di guerra, perderemo 100 miliardi al mese. Il 70% del tessuto produttivo italiano chiuderà».

In quell’occasione, Boccia criticò come inopportune le richieste dei sindacati che minacciavano lo sciopero generale e rilanciò l’idea di un piano di opere pubbliche, utili a far ripartire l’economia italiana, perché «quando ripartiremo – aveva ribadito ai microfoni di Sky tg24 – la domanda privata non ripartirà immediatamente e occorrerà un assetto di compensazione».

Le reazioni nel mondo politico e di Conte

A far da eco alle preoccupazioni di Confindustria è Matteo Renzi, intervenuto nei giorni scorsi, che già accarezza l’idea di una nuova maggioranza “di unità nazionale” a guida Draghi, mentre il Pd invita a riflettere sul rapporto che sussiste tra i servizi essenziali (che restano aperte) e le filiere connesse, come quella degli imballaggi, senza la quale è impossibile la commercializzazione.

Pur non cessando mai di essere in ascolto delle esigenze degli industriali ed esprimendo preoccupazioni per le sorti dell’economia italiana, il governo appare deciso a non cedere di un passo, finché l’emergenza sanitaria non sarà rientrata: «Non abbiamo ceduto agli industriali – commentava, appena una settimana fa, il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli – L’obiettivo comune è salvare vite umane».

Nel frattempo, il Premier Conte appare in questi giorni impegnato in un pressing con l’Unione Europea, affinché siano collettivizzati i costi dell’economia italiana (e non solo, a questo punto) in crisi e vi sia sostegno da parte di tutti gli Stati dell’euro-zona.

In una lunga intervista a El Pais lo scorso 30 marzo, aveva lanciato un messaggio a Sanchez affinché fosse unanime la richiesta di un’Unione «all’altezza della sfida», che «sia capace di assestare un colpo unitario per uscire da questo tsunami economico e sociale». Concetto ribadito oggi stesso in un’intervista rilasciata sul settimanale tedesco Die Zeit, in cui non ha fatto mistero dello scontro con la cancelliera Merkel: «Se siamo un’Unione è il momento di dimostrarlo». Germania e Italia, ha ricordato Conte, sono «strettamente intrecciate», con i rispettivi cicli economici «fortemente sincronizzati». Se un paese dell’Ue «rimane indietro, tutti gli altri si indeboliscono».

Stessa strategia adottata ieri, sempre dal Premier, nell’intervista all’olandese De Telegraaf: «L’Italia non sta in questo momento chiedendo ai cittadini olandesi di pagare il debito italiano». «L’Olanda – ribadisce Conte – è tra i Paesi che si avvantaggiano molto del contributo delle imprese italiane. Perché molte grandi imprese che pure hanno i principali stabilimenti in Italia e ricavano i maggiori profitti nel nostro Paese poi beneficiano della legislazione fiscale olandese, molto più conveniente. Quindi i cittadini olandesi non hanno motivi di pensare che il rapporto con l’Italia li veda svantaggiati economicamente».

D’altro canto, il fine tatticismo di Conte prevede anche lasciar intendere un segnale di disponibilità da parte dell’Italia sul Mes che, se rivisto e senza condizionalità (come la previsione di memorandum), potrebbe ottenere il placet dell’Italia. Un segnale di distensione, questo, che contribuirebbe ad accelerare la possibilità di accedere ai fondi necessari per rilanciare l’economia italiana.

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