Recessione Italia 2020: cosa si rischia ed effetti Coronavirus

Pubblicato il 12 Marzo 2020 alle 17:20 Autore: Eugenio Galioto

Recessione Italia 2020: a rischio non solo i settori turistici, della ristorazione e dei trasporti, ma il Pil complessivo di cui si prevede un crollo.

Busto senza soldi, insolvente
Recessione Italia 2020: cosa si rischia ed effetti Coronavirus

A dir poco preoccupanti le previsioni di Mazziero Research sull’andamento dell’economia in recessione in Italia: solo per il primo trimestre (che si chiude a fine marzo) ci si attende una diminuzione del Pil del 6-8% rispetto all’anno precedente, mentre, se si considera l’intero anno 2020, si prevede una diminuzione del 2,5/3%. Se si considera che il 30% della ricchezza produttiva in Italia è generata nelle zone del lombardo-veneto e dell’Emilia Romagna, il blocco della produzione in questi distretti dovuto all’emergenza “coronavirus” rischia di aggravare la già preesistente recessione in Italia.

Il rischio, secondo alcuni analisti, è che se saranno confermate le previsioni sul freno del Pil, la recessione in Italia sarà molto più forte di quella dell’era della crisi del debito sovrano e del governo Monti (2012-’13).

Recessione Italia 2020: crollo delle attività turistiche e dei trasporti

Il Dpcm dell’8 marzo 2020 sta avendo come effetto l’aggravamento della crisi del settore turistico e dei trasporti, già duramente colpiti nelle settimane precedenti dal crollo delle prenotazioni alberghiere, dalla diminuzione dei flussi in arrivo di turisti stranieri, da una limitazione della socialità e dei consumi in pub e ristoranti, da treni, aerei, traghetti e altri mezzi di trasporto letteralmente “svuotati”.

A questa crisi dei settori “strategici” dell’economia nazionale, va aggiunto il fisiologico calo degli investimenti nelle zone più interessate dall’epidemia (appunto, il lombardo-veneto e l’Emilia), e un minor gettito fiscale per lo Stato (oggi si parla di proroghe per partite Iva e attività colpite dagli effetti dell’epidemia) a fronte di un necessario incremento della spesa pubblica per sostenere l’emergenza sanitaria ed evitare il collasso del Sistema Sanitario dovuto alla saturazione dei reparti in terapia intensiva.

Ciò che è certo – assicurano gli esperti – è che la recessione in Italia comporterà un peggioramento del rapporto debito/Pil che solo nel giugno scorso superava il 135%. Appare chiaro che, in siffatta situazione, un aumento vigoroso di spesa pubblica a fronte di una forte diminuzione delle entrate fiscali e di una massiccia riduzione del Pil farebbe schizzare il rapporto debito/Pil oltre il 140%.

Italia senza sostegno economico: il timore di un “nuovo caso ellenico”.

A ciò si aggiunge l’assenza di sostegni ben temperati per la nostra economia. Se l’unica soluzione concreta di uscita dalla recessione in Italia si gioca sulla capacità di incrementare gli investimenti pubblici, l’impossibilità di poter attuare la spesa in deficit (spending review) e l’assenza di margini fiscali necessari ad avviare quei programmi indispensabili di investimenti pubblici finalizzati a rilanciare la domanda interna mettono a dura prova la sostenibilità della nostra economia.

Ad aggravare la situazione c’è il tasso negativo registrato sulle esportazioni nelle ultime settimane, in un contesto internazionale di sfiducia legato alla diffusione in Italia del coronavirus.

Inoltre, la BCE – che proprio novembre scorso ha riattivato il “quantitative easing” – potrebbe sostenerci in caso di perdita delle quotazioni dei nostri BTp, attraverso il MES e aumentando temporaneamente la quota di bond da acquistare destinate all’Italia. Ma questo aiuto non sarà gratis; piuttosto sarà erogato a condizione che l’Italia sottoscriva un memorandum d’intesa sulle riforme. Lo scenario che potrebbe profilarsi con la richiesta di ristrutturazione dei BTp – tra allungamento delle scadenze e taglio nominale dei titoli – potrebbe essere in tutto e per tutto simile a quello della Grecia nel 2012, quando per scongiurare il default fu obbligata a sottoscrivere un memorandum “lacrime e sangue“.

Giacché il debito pubblico italiano è per oltre due terzi in mano a fondi assicurativi privati, banche e risparmiatori, la ristrutturazione dei BTp comporterebbe un aggravio della crisi stessa, perché andrebbe a minare il risparmio interno. Inoltre, se prendiamo come precedente proprio il caso ellenico, la sottoscrizione del memorandum comporterebbe una serie di riforme basate sulla riduzione massiccia della spesa pubblica, cioè esattamente il contrario di quanto necessiteremmo per risolvere il problema della recessione in Italia.

A giorni dovrebbe essere approvata la riforma del MES a Bruxelles che ha fatto discutere molto anche in Italia, perché prevede meccanismi di aiuto meno automatici e più stringenti nel caso in cui i Paesi dell’euro-zona ne facciano richiesta. E forse più di uno ora, nell’euro-zona, dopo la Grecia guarda con preoccupazione all’Italia.

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L'autore: Eugenio Galioto

Sociologo, un passato da ricercatore sociale e un presente da analista politico. Scrivo principalmente di economia e politica interna. Amo il jazz, ma considero l'improvvisazione qualcosa che solo i virtuosi possono permettersi.
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