Unione Europea, Draghi rilancia il Quantitative Easing

Pubblicato il 13 Settembre 2019 alle 15:16 Autore: Michele Mastandrea

Unione Europea: rilancio del Quantitative Easing da parte del presidente uscente della BCE. Trump reagisce stizzito, la neo Commissione esulta

Unione Europea, Draghi rilancia il Quantitative Easing

Il presidente uscente della BCE Mario Draghi ha annunciato che il programma di Quantitative Easing verrà riattivato da Francoforte. Accadrà a partire da novembre, quando 20 miliardi di euro al mese saranno a disposizione delle banche centrali europee per sostenere la sostenibilità del proprio indebitamento, e al fine di stabilizzare l’economia di Unione Europea ed Eurozona in particolare. Questa, come noto dalle cronache, non è immune dal raffreddamento globale dell’economia, causato soprattutto dalla guerra commerciale-tecnologica tra Usa e Cina, dalle paure relative alla Brexit e dai problemi che sta accusando l’economia tedesca.

Unione Europea: aumentano le possibilità di recessione

“La probabilità di una recessione è piccola, ma è aumentata”, ha detto Draghi, che ha anche descritto l’esistenza di dissidi all’interno del board della BCE. Affermando allo stesso tempo che si è trovato comunque un accordo collettivo rispetto al rilancio del Quantitative Easing. Il dispositivo consiste nell’acquisto di titoli di stato sul mercato secondario, al fine di non finanziare direttamente gli stati ma di sostenerne “indirettamente” la solvibilità rispetto ai propri creditori.

Si tratta di una riedizione del noto “bazooka” con cui Draghi nel 2012 affermò di voler salvare “whatever it takes”, con ogni mezzo necessario, la stabilità delle economie continentali. Una politica macroeconomica monetaria di segno espansivo, in questo caso senza una scadenza prefissata. La decisione di Draghi, presa nella sua penultima rinuone mensile del board della BCE, ha portato immediatamente al ribasso dello spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi, oltre alla reazione positiva dei mercati finanziari.

A chi serve la mossa di Draghi?

Draghi, che il prossimo primo novembre cederà a Christine Lagarde la guida dell’istituzione, cerca così di rassicurare gli investitori sulla sostenibilità dei conti europei. Il rilancio del Quantitative Easing arriva proprio nel momento in cui la nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen dovrebbe imbarcarsi in politiche economiche espansive. O comunque di segno differente rispetto a quelle di austerità che hanno contraddistinto l’ultimo quinquennio europeo.

Contestualmente, Draghi ha anche annunciato la riduzione di 10 punti base dei tassi di interesse. Già in settore negativo, questi passano da -0.4 a -0.5 punti percentuali, rendendo in teoria ulteriormente sconveniente affidare alla BCE i proprio risparmi. Molte grandi banche hanno preferito in questi anni pagare la BCE per tenere i propri risparmi piuttosto che investirli nell’economia reale. La quale evidentemente offre poche garanzie ai grandi investitori, che denotano così sfiducia nella congiuntura economica di medio-lungo periodo.

La stessa BCE ha guadagnato 7,5 miliardi di euro da questa dinamica, mentre le banche hanno perso poco più del 4% dei propri utili solo nell’atto stesso di depositarli. Una chiara contraddizione in termini, che Draghi ha annunciato di voler affrontare. Anche promettendo l’esenzione dai tassi negativi agli istituti di credito che concederanno prestiti a progetti pensati per l’economia reale.

Unione Europea: QE, una sponda al rilancio green dell’economia?

Intenzione di Draghi è proprio provare a “smuovere” i tanti capitali bloccati nei forzieri di Francoforte, con l’obiettivo di rilanciare gli investimenti. Magari in quel settore “green” che sarà al centro dei primi cento giorni di azione politica della nuova Commissione. Almeno sulla carta. Già, perché l’affiancamento a Paolo Gentiloni del lituano Dombrovskis, noto esponente dell’ala rigorista in seno agli stati membri sulle politiche di bilancio, potrebbe rendere meno scontato del previsto l’allargamento dei cordoni della borsa continentali.

In questo contesto si può leggere la proposta fatta ieri da Luigi di Maio, capo politico M5S e Ministro degli Esteri. L’idea sarebbe quella di escludere una quota intorno al 2,5% del PIL di ogni paese dal calcolo del deficit, a patto che la somma sia impiegata a favore della sostenibilità e dei progetti di lotta al cambiamento climatico. Altro progetto rilanciato da Di Maio è quello dei “green bond” finalizzati a raccogliere denaro per progetti sempre relativi alla sostenibilità ambientale.

L’iniziativa di Di Maio è stata lanciata più a titolo di partito che a livello di governo. Potrebbe comunque iniziare a discuterne oggi a Helsinki il neoministro dell’Economia Roberto Gualtieri, impegnato nella prima riunione informale dei ministri dell’Ecofin dopo la pausa estiva.

Intanto, si leva la voce critica del presidente americano Donald Trump, che ha accusato Draghi (non è la prima volta) di voler svalutare l’euro per danneggiare le esportazioni USA; inoltre, ha usato la decisione europea per attaccare l’azione della Federal Reserve, bollata ulteriormente di immobilismo. Da mesi Trump è impegnato in un duro scontro politico col presidente della FED Jerome Powell, accusato di non fare abbastanza per sostenere la politica commerciale aggressiva del tycoon.

Segui Termometro Politico su Google News

Scrivici a redazione@termometropolitico.it

L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
Tutti gli articoli di Michele Mastandrea →