Gratuito patrocinio: vale in mediazione? Il punto della Cassazione

Gratuito patrocinio: vale in mediazione? Il punto della Cassazione

Gratuito patrocinio: vale in mediazione? Il punto della Cassazione

Abbiamo già parlato di gratuito patrocinio, come ad esempio in relazione all’estensione di esso anche agli indagati ed imputati, e ci siamo già occupati di mediazione, chiarendo che cos’è, come funziona e quali sono i vantaggi. In questo articolo vogliamo vedere invece se possono combinarsi tra loro questi due importanti istituti del diritto, che hanno a che fare con questioni legali e controversie portate in tribunale. La domanda cui cercheremo di dare una risposta è la seguente: se una persona ha i requisiti di reddito per poter essere ammessa al gratuito patrocinio, e se per la controversia in cui si trova coinvolta è necessario prima effettuare il tentativo di mediazione presso un organismo abilitato, è possibile far valere le regole sul gratuito patrocinio anche per la mediazione, proprio come in tribunale? Vediamolo.

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Gratuito patrocinio e mediazione: una questione pratica non infrequente

La questione è interessante perchè non di rado si manifestano casi pratici in cui valgono sia le regole in materia di mediazione, perchè la materia della lite è ricompresa tra quelle per cui il tentativo di mediazione è obbligatorio, sia le regole sul gratuito patrocinio, perchè sussistono i requisiti reddituali che permettono al privato in lite con qualcuno, di non versare i soldi della parcella dell’avvocato, ma di poter contare invece sulla copertura della spesa, da parte dello Stato.

La questione in esame rileva non soltanto sul piano strettamente economico, dato che pagare la parcella – per una persona non abbiente – non è operazione di certo agevole o rapida, ma anche sul piano dell’efficacia della mediazione, ed indipendentemente da quello che potrebbe essere di per sè il suo esito, positivo (accordo delle parti) o negativo (mancato accordo). Infatti, se la parte dovesse essere tenuta a versare i soldi della parcella al proprio avvocato, è chiaro che sarebbe incentivata a proseguire oltre, rifiutare l’eventuale accordo, per giungere alla causa di tribunale vera e propria. Là infatti il non abbiente sarebbe comunque garantito dalla tutela del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

Il vuoto normativo e la Cassazione sul tema: qual è la soluzione?

Le difficoltà di risolvere la citata questione pratica sono dovute essenzialmente al fatto che il Testo Unico sulle Spese di Giustizia, ovvero il DPR n. 115 del 2002, inerente anche il gratuito patrocinio, è anteriore nel tempo alla normativa sulla mediazione obbligatoria e, nonostante la vigenza di quest’ultima, non è stato mai aggiornato e modificato.

Pertanto, abbiamo l’articolo 75 del Testo, primo comma, che tuttora sancisce che “l’ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse“. Tale dettato è molto chiaro e così com’è, lascia intendere che il gratuito patrocinio vale solo per il processo di tribunale, non per la mediazione che, per sua natura, si svolge al di fuori delle aule giudiziarie, ovvero presso i locali di organismi ed enti abilitati, come le Camere di Commercio.

Lo stesso testo che introduce la mediazione obbligatoria anche in Italia, ovvero il d. lgs. n. 28 del 2010, dispone che la presenza dell’avvocato è obbligatoria nella procedura e che i non abbienti possono tentare la mediazione senza dover versare nulla per l’operato del mediatore e dell’Organismo di mediazione. Il punto è che tuttavia nulla viene detto riguardo al compenso del proprio avvocato in mediazione, e questo alimenta i dubbi citati.

Innanzi a questo vuoto normativo, i giudici hanno dato luogo a conclusioni contrastanti: c’è stato chi ha accolto la tesi della compatibilità del gratuito patrocinio con la mediazione, sia obbligatoria sia facoltativa, e chi invece l’ha rifiutata. E’ stata dunque la Corte di Cassazione, ancora una volta, a dissipare i dubbi ed a risolvere, in qualche modo, la questione, di fronte all’inerzia del legislatore sul punto.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza n. 18123, pubblicata lo scorso 31 agosto, ha chiarito che l’avvocato della parte ammessa al gratuito patrocinio non ha diritto al compenso professionale a spese dello Stato, per quanto attiene alle attività compiute nell’interesse del cliente, durante la mediazione obbligatoria. Per la Cassazione, questa è una regola assoluta ed inderogabile, che vale indipendentemente dal fatto che dopo un eventuale esito negativo della mediazione, si decida di andare in tribunale oppure no (perchè ad esempio è stata trovata comunque una transazione che risolve la lite).

In pratica l’avvocato non deve chiedere la liquidazione dell’onorario al tribunale, ma piuttosto deve esigerla dal proprio cliente. E ciò sulla scorta di quanto sopra ricordato: il Testo Unico sulle spese di giustizia “limita l’operatività del patrocinio a spese dello Stato all’ambito del procedimento sia civile che penale“. In termini pratici, può dunque essere fatta valere la copertura data dal gratuito patrocinio soltanto dopo l’inizio del procedimento in tribunale, non prima.

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Giungere a conclusioni differenti ovvero a ritenere compatibile il gratuito patrocinio con la fase di mediazione (facoltativa o obbligatoria), comporterebbe per il giudice lo sconfinamento in territori che riguardano invece la produzione normativa, da parte del legislatore, e non la mera interpretazione giurisprudenziale. E ciò ovviamente non gli è consentito, in virtù del principio di separazione dei poteri.

Concludendo, la Cassazione chiude la questione applicando rigidamente quanto previsto dalla lettera della legge che, in verità, come detto sopra, meriterebbe però qualche integrazione e aggiornamento rispetto alla più recente normativa sulla mediazione.

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