Reina, Szczesny e la Serie A dei figli d’arte coi guanti di papà

Fare il portiere non è mai una scelta semplice: la smania di mettere la palla in rete è troppo forte e la propria area di rigore è fin troppo lontana da quella avversaria.
E poi ci sono le papere, gli sfottò e i tuffi che fanno male solo a pensarci.

Chi sceglie di mettere i guanti – e di non toglierli più – ha seguito una tra le due strade principali che la vita gli ha posto. Se escludiamo chi ha un’innata e inspiegabile passione, infatti, la storia ci insegna che il giocatore nei pali è lì per un motivo semplice: o è il più scarso della comitiva o ha un esempio, molto vicino, che non può far altro che emulare.

Quando vedi tuo papà volare, a meno che non sia un Higuita – e qui l’emulazione diventa pericolosa – non si può non ammirare. Non si può non sognare di essere al suo posto almeno una volta, quando con la manona blocca il rigore decisivo e viene alzato al cielo trionfante.

Se guardiamo alla nostra Serie A, i figli di papà non mancano: Wojciech Szczesny, Pepe Reina e Stefano Sorrentino sono i portabandiera.

Il polacco segue le orme del padre Maciej, estremo difensore delle maggiori squadre e della nazionale del suo paese. Anche Miguel Reina Santos rimane nei confini spagnoli, a differenza del globetrotter Pepe, tra Cordoba, Barcellona, Madrid e la nazionale. Meno fortuna per Roberto Sorrentino, rimasto tra Serie B e Serie C come giocatore e sceso anche più giù come allenatore.

Se per il portiere del Palermo, però, papà ha rappresentato solo un esempio da seguire, gli altri due si son visti spianare la strada nelle giovanili delle squadre dei genitori: Szczesny ha iniziato nel Legia con cui il padre conta 140 presenze, mentre Reina si è goduto le giovanili del Barcellona, dove Miguel ha portato a 111 il conteggio delle partite giocate.

Forse un caso: nessun figlioccio ha militato, fuori dalle giovanili, in una squadra in cui il padre aveva già impresso gli scarpini.
Cattivoni noi, però, che i paragoni li facciamo lo stesso!
In Nazionale, ad esempio, vincono i babies: Pepe batte Miguel 33 presenze a 5 con la maglia della Spagna, Wojciech vince 23 a 7, mentre il povero Stefano pareggia 0 a 0, ma porta a casa un punticino importante.

In quanto a trofei, lo stesso Sorrentino batte di poco il paparino: un campionato di Serie B, contro una vittoria in
Serie C di papà Roberto, basta e avanza.
Pepe Reina, invece, surclassa il genitore grazie ad un palmarès da paura: due europei e un mondiale, una vittoria in campionato (col Bayern) e ben sette coppe (con Villarreal, Liverpool e Napoli), contro “solo” sei trofei.
Va in punizione, invece, il neo-giallorosso Szczesny: solo tre trofei in carriera, con l’Arsenal, contro lo strapotere in patria del padre, che ha messo in bacheca la bellezza di sei campionati e undici coppe, vestendo le maglie di Legia Varsavia, Widzew Lodz, Polonia Varsavia e Wisla Cracovia.

Tanto di cappello per Reina, un inchino a Sorrentino ed un augurio a Szczesny, che può ancora raggiungere il suo vecchio.
In una Serie A in cui i grandi di oggi non sarebbero tali, se non avessero dietro i grandi uomini di ieri.

 

Luigi Forte