Ucraina, centralità geopolitica tra Indipendenza e In-Dipendenza

Venerdì 24 agosto, in una Kiev inebriata da caroselli, bandiere ed esibizioni goliardiche, si è festeggiata la ventunesima ricorrenza dell’Indipendenza ucraina, datata ventiquattro agosto millenovecentonovantuno. Il popolo giubilante, accompagnato dalle echeggianti melodie di gruppi nazional-popolari, si è riversato lungo l’arteria cittadina principale Khreshchatyk boulevard e nella centralissima Maidan Nezalezhnosti per celebrare questo importante anniversario. Nel mentre, in un’altra celebre piazza cittadina, Plosha Sofivska, i sostenitori del Presidente Yanukovich venivano allietati dal discorso alla nazione del loro amato leader e le forze dell’opposizione, riunite sotto l’imperante statua di Taras Shevchenko presso l’omonimo parco, reclamavano democrazia e diritti umani per la prigioniera “politica” Yulia Tymoshenko. Oggi, a due mesi dalla celebrazione, fondamentale è soffermarsi sul significato del vocabolo che dà nome alla ricorrenza: Indipendenza.

Essa viene definita dalle enciclopediela libertà da uno stato di soggezione, anche economica, o una condizione non subordinata e comunque autonoma”. La geopolitica, però si sa, ha le sue connotazioni terminologiche. Il Ministro degli Affari Esteri russo, Sergei Lavrov, perimetra l’Indipendenza degli stati di frontiera tra Est e Ovest, meglio conosciuti come ex-repubbliche sovietiche, proporzionalmente alle mire espansionistiche della politica estera del Cremlino, riassunta nella dichiarazione le forniture di petrolio e di gas e il loro prezzo di vendita ai vicini sono lo strumento diretto della politica estera russa”. Il Ministro degli Affari Esteri ucraino, Konstantin Grišchenko, colloquiando sulle relazioni tra Unione Europea ed Ucraina, si spinge un po’ più in là e centra il punto se è vero che oggi tutto viene determinato dall’economia, allora l’integrazione del mercato ucraino in quello europeo è la garanzia della nostra integrazione politica nei tempi a venire”. Queste parole sono infatti il proscenio della partita tra Indipendenza e In-Dipendenza. La prima, elaborazione pratica della teorica definizione da “enciclopedia”; la seconda, elaborazione operativa della pratica definizione dei due Rappresentanti degli Esteri. In un paese, l’Ucraina, tanto esteso quanto impossibilitato a giocare un ruolo autonomo ed indipendente sullo scenario economico e politico internazionale, contano molto più delle dichiarazioni i numeri. Essi dicono che l’80% dei prodotti agricoli ucraini e il 96% del mercato delle alte tecnologie è diretto a Mosca e 4.5 sono i miliardi di euro che l’Ucraina ha ricevuto da investitori europei nell’arco dell’ultimo anno. Tradotto in lettere, ciò significa, Russia control leader, Europa control antagonist, Ucraina servitù di passaggio. La Russia in sintesi, contando sulla propria forza contrattuale, è capace, solo grazie ad un cambio di certificazione sanitaria, di fermare l’importazione di prodotti nel mercato domestico (di dimensioni ampissime come visto), generando embargo economici e determinando gli indirizzi della politica estera di Kiev e il suo “pericoloso” avvicinamento alle istituzioni comunitarie. L’Ucraina, stendendosi a mo’ di tappeto rosso, può solo limitarsi a veicolare le contrattazioni di interessi tra le due super-potenze. E l’Europa, pur volendo interpretare il ruolo dell’antagonista, in primis nella difesa dei diritti umani e della democrazia (vedi il caso Tymoshenko), deve sempre curarsi di non intaccare gli equilibri dei gasdotti vista l’importanza che essi ricoprono per il mercato energetico europeo, anche se ciò significa non adempiere agli obiettivi prefissatesi.

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L’atteggiamento comunitario può inoltre riassumersi nella dichiarazione rilasciata il 15 agosto, al Sole24ore, da Enzo Stati, area manager della Todini-Salini, joint venture interessata ai progetti di ristrutturazione delle infrastrutture ucraine, interrogato sugli eventuali cambiamenti che le elezioni parlamentari del 28 ottobre avrebbero potuto comportare alle relazioni economiche. Egli sosteneva, la possibilità di un cambio di regime non dovrebbe cambiare molto per il mondo dell’economia. Finora non ho visto differenze, almeno nel trattamento dei contractors. Lo sviluppo delle infrastrutture non dipende dai cambiamenti della politica, è indipendente”. Risulta quindi manifesto quanto l’Unione Europea, e le sue imprese, al di là degli schiamazzi sui media, non abbiano alcun interesse a porre embarghi politici per fare pressione sul rispetto della democrazia e dei diritti umani nel paese quando il ricco piatto di progetti milionari è servito a tavola. Significativo, al fine di spiegare l’effettiva presa in considerazione dei temi in questione da parte delle istituzioni europee, è anche il progetto riguardante il nuovo gasdotto russo-tedesco “Nordeuropäische Gas Pipe-line Gesellschaft”. Esso collegherà – la prima linea è attiva già dal novembre 2011 – la città di Vyborg in Russia con la città di Greisfald in Germania. È un accordo voluto dal governo russo e da quello tedesco, costato intorno agli 8.8 mld di euro e finanziato in buona parte da stakeholders e banche nazionali europee (Crédit Agricole, Deutsche Bank, Commerzbank, Unicredit). L’obiettivo è garantire un diretto rifornimento del gas russo nei Paesi dell’Europa Occidentale, evitando la costante instabilità dei cosiddetti Paesi di Frontiera (buona parte delle ex-repubbliche sovietiche) soggiogati ai diktat della politica estera del Cremlino. In nome degli interessi economici, si aggira così anche l’ipocrisia di dover faticare a rilasciare dichiarazioni sulla necessità di democrazia e diritti umani nei paesi in questione, materia che diventerà presto di competenza interna e che li vedrà ancor più in-Dipendenza dagli interessi politico-economici dell’area.