Obama osa e vince, Romney bene sull’economia flop sulla Libia

La mission era chiara, per Obama si trattava in primo luogo di ridare senso alla sua leadership. Missione in buona parte compiuta nel town hall  – con le domande poste direttamente dal pubblico – di Long Island, che ha esaltato le sue doti di comunicatore a 360 gradi, con la voce e col corpo. Per la Cnn è lui ad aver trionfato stanotte: lo sostiene il 46% del campione interpellato, mentre il 39% indica Romney. Obama ha cominciato a ridare smalto alla sua primazia oratoria fin dalla scelta della cravatta: rossa. Al costo di osare nel colore proibito dei repubblicani, conosciuto però anche per il tono di sfida, di combattività. Coriaceo su economia, energia e prezzo della benzina mentre sulla Libia, il suo punto debole dell’ultima settimana, ha costretto Romney allo scivolone.

L’ex governatore si è infatti ostinato a ribadire che il presidente non avesse definito fin dal 12 settembre un “act of terror” l’attentato all’ambasciata in Libia, causa della morte di sei cittadini americani ed è stato sbugiardato dalla trascrizione letta dalla moderatrice del match, la giornalista della Cnn Candy Crowley. In diretta tv e con milioni di elettori indecisi incollati a guardare. E anche l’accusa di essersi distratto in quei giorni per partecipare alle cene elettorali è tornata indietro a Romney: “Ha fatto una battuta per fini politici, mentre i nostri morti erano ancora a terra. Un comandante in capo non fa così”. La chiave migliore per comprendere l’opera di ricostruzione dell’idea presidenziale di Obama. Determinato, sicuro di sé, spietato con l’avversario. Senza risparmiarsi negli affondi. “Il governatore non ha un piano in cinque punti, ha solo un punto: far sì che i ricchi giochino secondo regole diverse. Lo ha fatto nel privato, lo farà da presidente”. Una premessa del colpaccio sul punto di maggiore antipatia della campagna di Romney, l’argomento del 47% che dipende dallo Stato e che, secondo il governatore, non può essere di interesse delle politiche dei repubblicani. “Credo che sia un buon uomo, un buon padre di famiglia, ma ha attaccato volgarmente il 47% degli americani. Pensate chi sono, sono gli americani medi, siete tutti voi e io voglio aiutarvi così come ho fatto in questi quattro anni”. 

In realtà questo passaggio per quanto potenzialmente da k.o è stato poco gradito dagli elettori indipendenti, almeno quelli testati da un focus group della Cnn. Probabilmente perché il riferimento temporale agli ultimi 4 anni resta il peggiore “santino elettorale” per la riconferma alla Casa Bianca. Se Romney ha avuto sprazzi di brillantezza e ha trasformato una sconfitta ai punti la minaccia di una debacle pareggiando così i conti con Denver, lo si è dovuto al confronto sulla situazione economica. Ad un elettore afroamericano indeciso, ma che nel 2008 scelse Obama, il candidato mormone ha usato parole quasi clintoniane di ascolto della sofferenza sociale e occupazionale: “So cosa pensi, so come sei stato penalizzato dalle politiche del presidente Obama, e so che sai che con lui rieletto nulla cambierebbe”. Va detto che Obama ha puntualmente ribattuto, spesso interrompendo e sovrapponendosi a Romney e recuperando anche nel linguaggio non verbale una carica carismatica irriconoscibile nel primo dibattito tv.

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Questo però non ha fatto slittare il governatore su posizioni di intransigenza sociale, di radicalismo conservatore degli inizi della campagna elettorale. “La mia filosofia delle tasse è semplice – ha detto il presidente in carica – voglio dare respiro alla classe media e ai piccoli imprenditori. Voglio far pagare di più i ricchi” prendendosela col piano fiscale di Romney, che prevederebbe meno tasse e la cancellazione del deficit di bilancio in soli 4 anni con una logica matematica al quanto dubbia. Qui, più che gli argomenti economici Romney ha fatto valere la sua telling story da governatore del Massachussetts, quando abbassò la pressione fiscale e al tempo stesso centrò il pareggio di bilancio e la sua biografia da businessman risanatore di aziende e salvatore delle olimpiadi di Salt Lake City. “La matematica è sempre tornata, è la mia vita”. È riuscito pure a disinnescare il quesito più spinoso per un repubblicano che deve accingersi a riconquistare la presidenza, le somiglianze con George W. Bush: “Siamo persone diverse e siamo in tempi diversi – ha affermato –. Ci separa il fatto che lui non ha realizzato il deficit di bilancio, ma con Obama è raddoppiato in questi 4 anni, inoltre sarò il campione delle piccole imprese”.

Risposte di leadership economica, compromesso dallo scivolone sulla Libia. Un momento inaspettato dal quale Romney ha cercato di opporre una carica patriottica in politica estera nel rapporto con la Cina, che gioca scorrettamente sui mercati e inganna con la sua moneta eternamente svalutata. Una manovra stoppata in partenza da Obama, che gli ha scaraventato l’addebito di essere stato un cattivo pioniere nel delocalizzare la produzione e i posti di lavoro ai tempi della sua attività manageriale alla Bain Capital proprio a Pechino e dintorni.