Elezioni USA: cronaca di due giorni di campagna elettorale in Virginia

Nell’ultimo fine settimana prima delle elezioni del 6 Novembre, l’uragano Sandy sembra aver di nuovo lasciato il palcoscenico alla contesa elettorale che opporrà il Presidente Obama al suo sfidante Mitt Romney.

Le macchine elettorali dei due sfidanti funzionano a pieno ritmo, soprattutto in quegli Stati in cui ancora entrambi i candidati nutrono speranze di vittoria. Il primo fra questi è certamente l’Ohio, che con i suoi 18 voti elettorali e un esito quanto mai aperto rimane l’obiettivo principale di entrambi i candidati. Per quanto gli ultimi sondaggi vedano costantemente Obama in lieve vantaggio, i Repubblicani non si danno per vinti e continuano a presidiare lo Stato in maniera incessante. Situazione inversa invece in Florida, dove la partita resta ancora aperta, ma il lieve vantaggio e’ a favore di Romney.

Discorso completamente diverso vale per la Virginia, Stato in cui fare qualsiasi previsione rimane quantomeno azzardato. La media sondaggi di Real Clear Politics vede Romney in vantaggio di uno 0,3%, mentre quella fornita dal New York Times mostra Obama in vantaggio di uno 0,9%. In entrambi i casi, i margini di errore da prendere in considerazione per ogni sondaggio rendono queste indicazioni piuttosto irrilevanti e l’esito delle elezioni in Virginia rimane probabilmente il più indecifrabile dell’intero Paese.

La Virginia, con i suoi 8 milioni di abitanti (pochi meno della Grecia, per intenderci) e 13 voti elettorali, rappresenta un ghiotto boccone per i contendenti e la battaglia sul campo non potrebbe essere più accesa. Nel 2008, dopo un dominio repubblicano durato decenni, la Virginia aveva scelto Obama con un margine di 5 punti percentuali rispetto al candidato repubblicano McCain. A fare la differenza in quel caso erano stati soprattutto i voti democratici delle città del nord dello Stato, Arlington e Alexandria, che, di fatto, costituiscono l’estensione urbana della capitale, Washington, D.C. Nel resto dello Stato, rurale e meno popolato, McCain aveva avuto la meglio, senza però riuscire a ribaltare il massiccio vantaggio accumulato dai democratici al nord.

Nel 2012 la situazione sembra essere simile, con il nord della Virginia che ha visto crescere negli ultimi anni la popolazione di colletti bianchi che votano generalmente per i Democratici e il resto dello Stato che invece rimane a favore del candidato Repubblicano, anche a causa della campagna a favore dell’uso del carbone (di cui la Virginia e’ ricca) che i Repubblicani hanno condotto.

Nell’ultimo fine settimana di campagna abbiamo dunque seguito la campagna elettorale dei Democratici ad Alexandria, citta’ in cui Obama nel 2008 si impose con addirittura il 72% dei voti (dato che impallidisce se confrontato a quello della contigua Washington, D.C., dove il 93% dei circa 600mila abitanti aveva scelto Obama).

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Gli uffici di “Obama for America”, la campagna per la rielezione del Presidente, sono numerosi ad Alexandria e di sabato mattina il via-vai è continuo. Appena arrivati, i volontari sono accolti dallo staff dell’ufficio e la colazione offerta da altri volontari è sbrigativamente condivisa. Dopo di che, i volontari sono diretti a un obbligatorio corso di formazione che dura circa quindici minuti e che si ripete ogni mezz’ora per i nuovi arrivati. Durante il corso, ai volontari viene detto che ormai, a tre giorni dalle elezioni, non c’è più tempo per cercare di persuadere chi ha deciso di votare per Romney. Ciò che davvero conta ora è assicurarsi che chi sostiene Obama vada effettivamente a votare il 6 Novembre. Quindi, l’imperativo è di andare a bussare a quante più porte “amiche” possibile e ricordare ai simpatizzanti quanto è importante il loro voto, assicurarsi che sappiano dove e quando andare a votare, che abbiano un modo per andarci e che ricordino ad amici e parenti di farlo. Per chi ha difficoltà a raggiungere il seggio, l’ufficio dei volontari farà il possibile per mettere a disposizione un veicolo che possa aiutare chi è in difficoltà a raggiungere il seggio. E gli indecisi? Beh, a questo punto non dovrebbero più essercene molti in giro, ma in caso se ne incontrasse qualcuno, allora è bene spendere due parole in più per convincerli a votare per Obama.

Una volta terminato il corso, ai volontari vengono distribuite le liste degli indirizzi e dei nomi da contattare. Ogni volontario ha circa cinquanta nomi nella sua lista: dovrà contattarli tutti e poi riferire all’ufficio l’esito dei suoi tentativi. Nel caso in cui le persone da contattare non siano in casa, saranno reinserite nelle liste e qualcuno ripasserà a cercarle nei prossimi due giorni.

Seguiamo quindi un gruppo di volontari che si dirige in una zona di piccole villette a schiera, al nord della città. La zona è la classica periferia semi-urbana in cui vive la classe media americana. Gli abitanti, molti dei quali afro-americani, non sono particolarmente abbienti, ma sicuramente conducono una vita più che dignitosa. Che la zona tenda a favorire Obama si capisce facilmente dai manifesti esposti in quasi la metà dei giardini. Ne contiamo più di cento nel corso della nostra passeggiata e solo tre di essi esprimono sostegno a favore del candidato repubblicano.

Bussiamo a circa ottanta porte. Ci ricevono in trentatré, gli altri sono fuori o non hanno voglia di essere disturbati. Dei 33 che ci ricevono, 31 si dichiarano sostenitori di Obama, un signore di mezz’età ci dice invece molto cordialmente che voterà per Romney e una signora dichiara di non avere nessuna intenzione di andare a votare, perché della politica non le interessa niente (e Grillo, da queste parti, non esiste).

Tra gli incontri più interessanti c’è sicuramente quello con una famiglia di etiopi, che ha recentemente ottenuto la cittadinanza americana e che ci accoglie festosamente durante il pranzo. Si dichiarano entusiasti di votare per la prima volta in America e ci assicurano che saranno tra i primi a esprimere il voto per Obama martedì mattina. “Cento per cento, cento per cento” ripete più volta la signora, elargendo un ampio sorriso.

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Un’altra entusiasta è la signora Gail, 64 anni, originaria del Texas e recentemente trapiantata qui ad Alexandria: “Finalmente posso votare in uno Stato in cui il mio voto conta qualcosa! In Texas ho sempre votato per i Democratici, ma tanto lì perdiamo sempre! Qui finalmente posso vincere! Andrò sicuramente martedì mattina e mi piacerebbe molto anche potervi aiutare, ma ho avuto un infarto qualche mese fa ed è bene che me ne resti calma a casa. Ma voi andate avanti, bussate a tutte le porte!”.

Meno entusiasta è invece Fred, afro-americano di 52 anni: “Sì, sì, non vi preoccupate, voto Obama. Non che abbia fatto molto per me, ma lo voto lo stesso. La settimana scorsa sono andato a due ore da qui per sentire un suo discorso, ho fatto la fila per altre due ore e non sono nemmeno riuscito a fargli una foto da vicino. Sono molto deluso, ma va bene, voto per lui comunque. A che ora aprono i seggi?”

Alexandria, come detto, è massicciamente democratica, ma la campagna di Obama sta lavorando intensamente per mantenere gli alti margini di vittoria ottenuti nel 2008. Se qui si vincesse solo di misura, vorrebbe dire che la Virginia andrebbe molto probabilmente a Romney, dato il suo vantaggio nel resto dello Stato.

Continuiamo il nostro giro domenica mattina e ci spostiamo 150 chilometri piu’ a sud, nella contea di Henrico, appena a nord di Richmond. La contea di Henrico e’ l’emblema della Virginia politica degli ultimi decenni: storico bastione repubblicano espugnato da Obama nel 2008. I volontari democratici sono al lavoro per mantenere il loro vantaggio nella contea (circa il 10% nel 2008). I volontari che ci accolgono domenica mattina ci dicono che l’obiettivo per questo fine settimana è di bussare ad un milione di porte in tutta la Virginia (ambizioso, a dir poco) e che loro stanno facendo la loro parte.

Il panorama da queste parti cambia radicalmente rispetto ad Alexandria. Le case nei sobborghi di Richmond diventano piu’ sontuose, la cilindrata delle auto cresce, i giardini impeccabili sembrano venir fuori da un dipinto e grossi cani si affacciano da quasi tutti i cancelli. Le insegne di sostegno per Romney si moltiplicano, quelle per Obama sono quasi una rarita’. I volontari democratici qui vanno alla ricerca di quelli che secondo le meticolose statistiche raccolte sono gli elettori “democratici a intermittenza”. Ossia quelli che sono registrati come affiliati al partito, ma che non sempre si presentano alle urne.

Molti di loro aprono volentieri la porta, si affacciano e sorridono. “Si, voto per Obama, ma non mi va di dirlo troppo in giro: qui sono tutti repubblicani” rispondono in molti.  Una signora ci va giù duro e ci sussurra “in questo quartiere votano tutti per Romney: è semplicemente disgustoso”. Pochi altri, evidentemente più a loro agio, hanno invece messo il loro manifestino pro-Obama in giardino. “Avete visto il manifesto, no? Sono dalla vostra parte, andate a bussare ad altre porte se volete investire meglio il vostro tempo”.

Contattiamo un centinaio di persone anche qui, molti non sono in casa (è domenica mattina e da queste parti a quest’ora si va a messa), ma chi ci apre è in genere molto disponibile e gentile. In tutta la giornata, solo una signora, evidentemente di cattivo umore, ci caccia via in malo modo.

A giudicare dalle passeggiate di questo fine settimana, la base democratica in Virginia, seppur con qualche eccezione, sembra motivata a rieleggere Obama. Tutto però dipenderà da quanti davvero andranno a votare martedì. In uno Stato così in bilico, poche migliaia di voti potrebbero fare la differenza.  Il risultato finale potrebbe quindi essere in mano ai tanti Fred che popolano la Virginia.  Sperando, per chiunque decidano alla fine di votare, che il loro voto non sia determinato da una foto scattata o meno.