Bielorussia, le sanzioni economiche europee e la rapacità di Mosca

Bielorussia, le sanzioni economiche europee e la rapacità di Mosca

 

La tenuta politica interna di un regime è cosa difficile da scalfire. La sovranità nazionale e il braccio burocratico-istituzionale garantiscono un controllo pressoché indisturbato sui corsi d’azione intrapresi dall’élite governativa. I desideri di cambiamento dei sottoposti, per quanto coraggiosi, subiscono feroci repressioni intimidenti e ostacolanti le rivendicanti volontà dell’opinione pubblica nazionale. I moniti degli osservatori internazionali infine, lanciati in concomitanza ai rari eventi che indirizzano l’attenzione pubblica sulle dinamiche interne (elezioni), trovano rapida morte mediatica. Così, impoverite degli strumenti adatti a comportare cambiamenti, le istituzioni internazionali ricorrono all’egemone veicolo politico-relazionale contemporaneo: l’economia. Riscontrando l’inefficacia della carota, i fondi ampiamente stanziati cercando simultaneamente un risollevamento economico e un avvicinamento delle sorti del Paese ai propri percorsi, rispolverano il bastone, assumente forma di corpose sanzioni economiche imposte alle sue imprese.

In uno scenario geo-politico presentante una leadership mondiale, e quindi un simbiotico allineamento sulle posizioni sanzionatorie intraprese, il preventivato indebolimento condurrebbe al fallimento economico del sistema, generando un conseguente tracollo politico e conducendo in ultima istanza alla sepoltura del regime. L’obiettivo potrebbe dirsi raggiunto.

Inserendo la prospettiva delineata all’interno del contesto bielorusso, le conclusioni propongono scenari completamente diversi. Le sanzioni economiche comminate dall’Unione Europea al regime di Lukashenko hanno infatti avuto esiti ben differenti. L’assenza di una leadership mondiale e il conseguente mancato allineamento sulle posizioni intraprese hanno permesso al terzo attore della contesa, la Russia, di approfittare della situazione per consolidare economicamente le sue influenze sulla sua ex-controllata. La prima conseguenza delle sanzioni europee è stata infatti un istantaneo peggioramento delle precarie condizioni in cui già riversavano le imprese bielorusse, generando così un loro speculare deprezzamento e aprendo contemporaneamente, a chi era intenzionato, la possibilità di acquistare a prezzi irrisori le risorse economiche del Paese.

L’ampiezza delle odierne proprietà russe in Bielorussia dà un senso di totale vertigine, considerando l’oramai radicato sillogismo proponente un proporzionale aumento di influenza politica all’aumento del controllo degli assets economici. Cominciando dal sistema bancario, le proprietà russe inglobano: BPS-Bank, controllata da Sberbank, il cui 51% delle azioni è detenuto dal Cremlino; Mezhtorgbank, integrata in Alfa-Bank, leader delle banche di investimento russe, facente parte della holding Alfa Group (petrolio, metallurgia, siderurgia, gas) guidata dai tre oligarchi M. Friedman, G. Khan, A. Kousmichoff; Belgazprombank, controllata dalla banca del gruppo petrolifero statale russo Gazprombank; VTB-Belarus e Bank Moscow-Minsk, controllate da VTB, il cui assetto azionario è partecipato per il 75% dalla Russian Federal Agency for State Property Management; BelRosBank, controllata da RosBank, gruppo privato in cui possiedono quote importanti Societe Generale Group e ancora VTB; Belvnesheconombank, controllata dalla Russian Bank For Development and Foreign Economic Affairs, ente pubblico con il compito di promuovere una diversificazione degli asset economici russi.

Proseguendo con il settore dei media, escludendo l’estesa presenza delle televisioni russe nel palinsesto bielorusso, gli assetti proprietari russi si delineano come segue. Belgazeta e Kosmomolskaya Pravda, rispettivamente, principale quotidiano politico-economico e popolare tabloid, integrati nel Esn Group e controllati tramite la partecipata Media Partner, proprietà dell’oligarca in odore di mafia Grigory Berezkin. Kosmos-Tv, operatore televisivo satellitare e importante realtà Internet, controllato da Renova Group, holding facente capo all’oligarca russo di origine ebraica Viktor Vekselberg. Argumenty i Facty, popolare tabloid, controllato attraverso la partecipata LLC Sinterra dai fratelli Alexey e Dmitry Ananyev. Zapad, controllato da Interfax, impresa di proprietà dell’oligarca russo Mikhail Komissar.

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Arrivando alle compagnie di assicurazione, le proprietà russe vantano il controllo delle imprese leader del settore. Task, controllata da Sberbank, holding a partecipazione maggioritaria statale. Belvneshstrakh e Belingosstrakh, controllate dalla holding Basic Element, attraverso la partecipata Ingosstrakh, facenti capo all’oligarca russo Oleg Deripaska. Brolli ed Alvena, fuse in Belrosstrakh a seguito della loro integrazione in RESO-Garanzia, holding capeggiata dai fratelli Sergey e Nikolay Sarkisov.

Concludendo, si annoverano partecipazioni russe anche nei seguente settori: mercato del gioco d’azzardo, controllato dalle compagnie russe Shangri La casino (Michael Boettcher) e Columbus; settore delle costruzioni, presidiato dalle holding russe Itera, compagnia registrata a Cipro e di proprietà di Igor Makarov, e Su-155, leader russa del settore, di proprietà dell’oligarca Mikhail Balakin; mercato farmaceutico, pattugliato dalla compagnia Ferain capeggiata dal navigato oligarca Vladimir Brinsalov; settore della ristorazione, guidato dal monopolista russo Rosinter, proprietario delle popolari catene Il Patio, T.G.I Friday’s, Planet Sushi e Costa Coffee; mercato della telefonia mobile, capeggiato dai tre operatori russi Euroset, Svyaznoy e Mts; industria del latte, presidiata dalla russa Unimilk; settore energetico, patrimonio esclusivo di Gazprom (acquirente del 100% della rete di gasdotti bielorussa Beltransgaz) e delle aziende pubbliche russe Rosatom e Rostechnologies, incaricate della costruzione  del primo impianto di produzione nucleare bielorusso e dell’impianto di produzione idroelettrica di Polantsk.

Preso atto del determinato avanzare del Cremlino all’interno dei principali settori economici bielorussi, notevolmente ridotta risulta l’efficacia delle sanzioni europee. I generosi tentativi miranti ad indebolire l’economia e consequenzialmente il regime di Lukashenko assumono infatti poco significato nel momento in cui esiste chi, a suon di rubli, foraggiandolo, gli garantisce nuova linfa. Il ruolo di decisore delle sorti del regime bielorusso sembra quindi, nonostante gli sforzi europei, essere nelle mani di Mosca. Spontaneo nasce però sussurrare: a quando sanzioni europee verso l’ingordo e poco collaborativo approccio russo? La retorica e laconica risposta risiede negli interessati equilibri dei gasdotti: Mai.