Ucraina, radiografia giudiziaria: Tutti gli uomini del Presidente

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Ucraina, radiografia giudiziaria: Tutti gli uomini del Presidente

 

Martedì 20 novembre è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale ucraino. La tanto attesa riforma, aggiornante una materia rimasta lungamente immutata (il precedente c.p.p. risaliva al 28 dicembre 1960), garantisce un ammodernamento delle disposizioni normative regolanti le procedure giudiziarie in materia penale.

Se gli addetti ai lavori hanno accolto freddamente il processo di revisione, evidenziando la sua sostanziale scopiazzatura da altre normative nazionali e la loro frettolosa e scoordinata integrazione, l’entourage governativa si è ampiamente adoperata nel pubblicizzare le importanti novità introdotte, appuntandosi sul petto l’ennesima medaglia di un finto rinnovamento. Se, infatti, apprezzabili risultano alcune disposizioni introdotte – riduzione del termine massimo di custodia cautelare da tre anni a dodici mesi, esclusiva validità delle confessioni rilasciate in tribunale e conseguente messa al bando delle confessioni estorte coercitivamente nei commissariati, introduzione degli arresti domiciliari, del concordato tra parti lese e offensori in sede giudiziaria, della libertà su cauzione, della responsabilità penale dei funzionari di polizia e della giuria nei processi prevedenti pene definitive – nessun percorso di riforma è stato intrapreso riguardo l‘iniquo contesto giudiziario all’interno del quale il nuovo codice di procedura penale si inserisce. La ben marcata linea di continuità tra governanti ed amministratori della giustizia prosegue infatti all’insegna dell’autoconservazione. Per i primi, essa significa garanzia di impunità. Per i secondi, opportunità di carriera.

Analizzando le nomine a carattere giudiziario intraprese a seguito dell’insediamento alla Presidenza di Yanukovych si palesa infatti il diretto legame instaurato tra potere esecutivo e potere giudiziario. Incominciando dal Ministero della Giustizia, la carica di Ministro è ricoperta, dal marzo 2010, da Oleksandr Lavrynovych, affiliato del governativo Partito delle Regioni e già insediato alla Giustizia sia durante il primo governo Yanukovych (2002-2005) sia  durante il secondo (gennaio 2006 – dicembre 2007). Proseguendo, la carica di Procuratore Generale Ucraino, disposta dal Presidente della Repubblica su approvazione parlamentare, è assegnata, dal novembre 2010, a Viktor Pshonka. Egli, congedando, dopo soli quattro giorni dalla nomina, l’attesa indipendenza spettante alla carica ricoperta, ha pubblicamente esternato la sua riconoscenza, dichiarando “as General Prosecutor, I’m a member of the team tasked with carrying out all the decisions made by the President”.

L’incarico a Presidente della Corte Suprema Ucraina, organo più importante della giurisdizione generale (esiste anche una giurisdizione costituzionale), si costituisce emblema del rodato sistema di nomine e di affiliazione tra la classe governativa e quella giudiziaria. Nel dicembre 2011 i giudici della Corte eleggono a scrutinio segreto il loro nuovo Presidente, Petro Pylypchuk. Dietro l’apparente correttezza procedurale si intrecciano però insistenti pressioni governative. Il Presidente in scadenza di mandato, determinato promotore di processi di riforma, Vasyl Onopenko, ha infatti dovuto barattare il rilascio di suo genero, Yevhen Korniychuk (deputato del blocco Tymoshenko), e la caduta delle inesistenti pendenze di sua figlia con la promessa di non proporsi come candidato ad una facile ri-elezione.

Il binomio governativo-giudiziario permea inoltre il Consiglio Supremo di Giustizia, organo deputato alle nomine dei giudici, alle loro dimissioni e alle sanzioni loro imposte nei casi di erronee condotte. Il Presidente in carica è, dal marzo 2010, Volodymyr Kolesnychenko, giudice ed avvocato, fedelissimo del Presidente Yanukovych e braccio armato nella persecuzione dei giudici poco conformi alle direttive governative.

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Arrivando alla Corte Costituzionale, organo supremo della giurisdizione omonima, siede alla sua Presidenza Anatoliy Holovin, giudice vicino al Partito delle Regioni, insediatosi nel luglio 2010. Concludendo, infine, con i Servizi Segreti (SBU), l’avvicendamento, a seguito della vittoria presidenziale del 2010, è stato duplice. Yanukovich ha infatti nominato, nel marzo 2010, Valery Khoroshkovsky, oligarca coccolato dall’entourage governativa, incline ad implementare le sue direttive in un settore delicato come quello dell’intelligence. Nel gennaio 2012, però, Fedir Yaroshenko, Ministro delle Finanze, ha rassegnato le sue dimissioni. La poltrona vacante è stata  così riassegnata attraverso una rotazione di nomine. Khoroshkovsky ha assunto l’incarico ministeriale, cedendo nel febbraio 2012, dopo una brevissima transizione capeggiata da Volodymyr Rokytsky,  la Presidenza dei Servizi Segreti a Ihor Kalinin. Egli, membro del KGB dal 1984, docente di contro-spionaggio presso l’Accademia Militare di Kiev, ha sempre mantenuto, in coerenza con gli incarichi svolti, un basso profilo. Poche dichiarazioni rilasciate e una biografia estremamente breve. Il suo nuovo incarico è il risultato della ferma volontà del Presidente Yanukovych, il quale, nonostante i suggerimenti di virare su altre candidature, ha determinatamente voluto l’insediamento di Kalinin, suo uomo di fiducia, a capo dell’intelligence di Kiev.

Ripercorrendo l’elenco delle nomine proposto emergono due costanti. La prima riguarda il periodo di nomina. Tutti i nuovi incarichi, negli organi cruciali della giustizia, sono infatti avvenuti tra il marzo e il novembre 2010, ossia a partire dal mese successivo alla vittoria elettorale di Yanukovych. La seconda riguarda, invece, la provenienza degli incaricati. Buona parte di essi, così come l’intera classe oligarchico-governativa, proviene infatti dalla Donbassa (regione di Donetsk), evidenziando la parallela ma intrecciata ascesa nazionale della classe politico-economico-giudiziaria oggi governante un Paese assumente, sempre più, un profilo feudale.