Grillo: urla e potere

Riempire le piazze è sempre stato facile in Italia, se lo strumento che si utilizza è l’odio nei confronti della classe politica, come sta facendo ora Grillo. Lo ha fatto Lauro negli anni ’50, lo ha fatto Bossi negli anni ’80, lo fa Berlusconi, più o meno esplicitamente, da vent’anni (oggi per la verità molto meno, ma solo perché c’è qualcuno più bravo di lui a farlo). Lo fece Mussolini, nel tempo del primo sorgere della democrazia di massa in questo Paese e, cogliendola sul vivo, mostrandone a tutti le evidenti inefficienze, la seppellì per un ventennio fra due ali di folla in tumultuoso giubilo.

Il populismo è un male italiano da sempre, anche da quando altrove pareva essere sconosciuto. In questi tempi di crisi delle democrazie esso prospera ovunque: da noi assume tratti patologici. Si può dire che faccia tendenza: se non spari almeno un paio di insulti al giorno alla casta non sei sufficientemente “cool” per ottenere una porzione del consenso popolare. Così, la casta stessa si auto-insulta quotidianamente. In questo turbine di male parole, la tentazione di dirne altre è troppo forte: l’esasperazione si autoalimenta e l’insulto diventa fenomeno di massa, direi quasi tratto culturale specifico.

Piazze piene, dunque, di insulti: tanto giustificati dalle costanti carenze della nostra classe dirigente, quanto piuttosto carenti dal punto di vista della proposta di governo concreta. Se proviamo a porci in quest’ottica, Grillo ha spesso manifestato idee estremiste. Uscire dall’euro, cancellare il debito, nazionalizzare le banche: tutte cose che quando il comico aveva il 3% urlava senza sosta e che, adesso, terrorizzato dalle stesse piazze che riesce a riempire, sussurra e ipotizza fra parentesi. Esistono precisi motivi sociali e culturali che hanno portato al trionfo di Mussolini, e precisi motivi sociali e culturali che hanno fatto il successo dell’accoppiata Berlusconi-Bossi. Quando tutti costoro hanno preso il potere, la loro proposta rivoluzionaria è svanita nel nulla. Certo, ciascuno di loro è riuscito a lasciare qualcosa di suo, ma nessuno ha attuato la rivoluzione che proponeva.

La proposta rivoluzionaria di Grillo, dal punto di vista contenutistico, è molto, molto più vaga di quella che caratterizzava quei populismi: si offre agli italiani la possibilità di ottenere il potere ai danni di una casta brutta e cattiva, ma senza sapere poi esattamente cosa farne, di quel potere. Il fatto che Grillo abbia sensibilmente abbassato la voce sulle questioni richiamate prima dovrebbe far pensare chi lo sostiene: ha veramente intenzione di fare quello che dice sul versante economico, ovvero distruggere l’Unione Europea? Perché le cose vanno dette chiaramente, se si vuole governare. Marco Ferrando, del Partito Comunista dei Lavoratori, lo dice da anni, pur sapendo che ciò che dice vale meno dell’1% del consenso popolare. Se Grillo non parla più ad alta voce di quei temi, delle due l’una: o non ha veramente intenzione di attuare quei programmi (e quindi, come Mussolini, Bossi e Berlusconi prima di lui, si adeguerà nella sostanza al sistema che c’era prima, lasciandoci forse in eredità qualcosa di suo), oppure, come il più classico dei politici che lui tanto disprezza, mente sapendo di mentire. Fa propaganda elettorale, sollevato dal fatto di sapere che non sarà messo alla prova del governo. Anzi Grillo e tutti coloro che lo sostengono, sperano intensamente che a governare debba essere qualcun altro.

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Grillo non rappresenta, e non vuole rappresentare, una prospettiva di governo, ma una prospettiva di opposizione. Rappresenta l’esigenza di pulizia di questo paese, e questo si candida ad offrire agli italiani, una volta entrato in Parlamento. Nell’ipotesi, niente affatto scontata, che i suoi si dimostrino più puliti degli altri, il M5S rappresenta, in questo senso, una grande opportunità per il paese. Non per il fatto che farà qualcosa, ma per il fatto che mostrerà a tutti ciò che gli altri fanno.

Bersani sembra averlo capito, esattamente come lo ha capito Crocetta in Sicilia. Se i grillini sono veramente degli integralisti della trasparenza, costringeranno chi governerà ad essere trasparente, e questo certamente provocherà molti scandali e una certa instabilità politica di fondo: senza dubbio contribuirà a disciplinare i nostri rappresentanti. Ma sicuramente farà capire agli italiani anche altre cose, che gli italiani non sanno perché i giornali non ne parlano visto che non fanno vendere copie. Cose che Grillo non si aspetta affatto. Agli italiani sarà mostrato che in Parlamento, a destra come a sinistra, assieme agli incompetenti, ai ladri e ai corruttori, ci sono molte persone capaci, che lavorano intensamente e lo fanno sui temi, grazie alla loro formazione specifica e alla loro esperienza di vita. Idee diverse di paese che si confrontano e che cercano una mediazione.

Agli italiani sarà mostrato che governare non è una cosa facile o banale, e che servono competenze tecniche e una cultura politica per farlo a dovere. Agli italiani sarà mostrato chi ha quelle competenze e quella cultura e chi invece è lì per altri motivi e con altre credenziali. Forse allora gli italiani, oltre a tante altre cose, capiranno che urlare ed insultare non basta. Forse allora gli italiani capiranno a cosa serve la politica, e chi la fa seriamente in questo paese.

A quel punto sarà interessante vedere cosa avverrà nel gruppo grillino. Quando si paleserà in loro il dubbio che in realtà qualcosa di buono c’è, e verrà loro proposto di parteciparvi, e non di stare semplicemente ad urlare, i grillini cosa faranno? Coglieranno l’occasione di partecipare alla produzione delle politiche pubbliche, nel tentativo di trasformare i loro ideali in fatti, oppure, per esigenze elettorali, continueranno a fare l’opposizione urlata? E Grillo a quel punto cosa farà, quando vedrà che alcuni dei suoi saranno tentati dal fare qualcosa di concreto per il loro paese? Si ammorbidirà sui problemi della democrazia interna o continuerà con la sua linea oltranzista? Ecco allora, forse, un’altra cosa che agli italiani verrà mostrata: che cosa significa “democrazia”, che cosa significa “partito politico”, che cosa significa “libertà di pensiero”. E capiranno che forse non è proprio tutto da buttare.