Che fine ha fatto la “primavera arancione” di Milano?

Lunedì scorso si è consumato l’ultimo, doloroso passaggio del difficile e complicato rapporto tra il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia e Stefano Boeri, fino all’altro ieri Assessore alla Cultura, al design e alla moda.
Il Sindaco Pisapia ha deciso di ritirare le deleghe all’Assessore Boeri perché “è venuto meno il rapporto di fiducia” come ha detto nella riunione di lunedì del Consiglio Comunale.
Stefano Boeri ha espresso tutta la sua amarezza e la sua rabbia per una decisione a suo parere non motivata, che interrompe malamente il lavoro intrapreso dall’Assessore in questi quasi due anni di permanenza nella giunta milanese.
Risulta difficile in questo momento stabilire “chi ha torto e chi ha ragione”. Come spesso succede nelle separazioni traumatiche, le colpe e/o le responsabilità difficilmente stanno da una parte sola.

Certo è che a Milano la “primavera arancione”, che tanto entusiasmo aveva suscitato in città e anche nel resto d’Italia, sembra essere improvvisamente svanita.

Al suo posto scambi di accuse (più o meno velate) e un clima assai poco disteso.
Una bella delusione per i tanti cittadini milanesi che avevano riposto non poche aspettative nel primo governo di Milano a guida del centrosinistra, arrivato dopo un ventennio di amministrazione della città da parte del centrodestra.

L’esclusione dalla giunta milanese di Stefano Boeri non si limita a essere “soltanto” una querelle tra Sindaco e Assessore ma coinvolge pesantemente il partito di maggioranza dell’amministrazione in capo a Giuliano Pisapia, il Partito Democratico (uscito vincitore nel 2011 con quasi il 30% dei consensi, 20 consiglieri e una corposa rappresentanza nella nuova giunta).

Boeri non le ha mandate certo a dire ai vertici del PD milanese e lombardo (in particolare al segretario regionale, quello metropolitano e al coordinatore cittadino dei circoli), da lui definiti “piccolo apparato di rancorosi”, ma non ha risparmiato neanche il segretario Bersani (“non l’ho più sentito da quando ho chiesto con forza le dimissioni di Filippo Penati”, così ha risposto ieri a una domanda specifica da parte di un giornalista presente all’affollata conferenza stampa, dove l’ex Assessore ha ripercorso il lavoro svolto, le problematiche e anche gli errori del suo mandato nella giunta milanese http://www.ustream.tv/recorded/30090830).
Alle critiche pesanti di Stefano Boeri si aggiungono quelle di numerosi consiglieri comunali del PD che sono stati informati “a cose fatte” dai vertici del partito, quando ormai non c’erano più margini per tentare una qualche mediazione tra assessore e Sindaco (che, ricordiamo, ha comunque la facoltà di decidere in totale autonomia la composizione della propria giunta).

Un quadro non proprio felice della situazione milanese e del Partito Democratico.
Il PD sembra aver smarrito via, via per strada, larga parte del valore aggiunto che era riuscito a mettere in campo dopo le primarie per la scelta del candidato Sindaco, dove aveva condotto una campagna elettorale a sostegno di Giuliano Pisapia leale e generosa, giustamente premiata dagli elettori.
Nel corso dei mesi, il PD si è sempre meno caratterizzato come attore attivo, propositivo e coeso della politica milanese, facendo crescere la sensazione che manchi un filo conduttore comune e autorevole a caratterizzare l’intenso (e spesso proficuo) lavoro degli assessori, dei consiglieri comunali e di quelli di zona.
Il partito capace di essere progettuale e coinvolgente (con i suoi iscritti ma anche con i cittadini) che si era intravisto nella campagna elettorale del 2011 è andato a sfumare.

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In questo senso la vicenda che ha visto protagonisti il Sindaco e l’Assessore Boeri risulta emblematica.

Il Partito Democratico (in particolare il suo vertice ristretto che ha gestito sempre più in solitudine i rapporti non facili con Stefano Boeri) non è stato capace di trovare le giuste modalità per valorizzare una risorsa importante come quella rappresentata dall’archietto che, pur con le sue “criticità” (della serie “nessuno è perfetto”), dovrebbe e potrebbe rappresentare una delle punte di eccellenza del PD milanese.

Anche qui probabilmente ci sono responsabilità da entrambe le parti (vale il discorso fatto all’inizio).
Ma è una sconfitta del PD milanese e lombardo non essere riuscito a svolgere un ruolo di mediazione efficace per provare a ricomporre le controversie e le incomprensioni.
E non può valere come “consolazione” che nel rimpasto di giunta voluto dal Sindaco Pisapia siano stati inseriti tre nuovi assessori “del PD” (Filippo Del Corno che prende il posto di Stefano Boeri all’Assessorato alla Cultura, Carmela Rozza che passa da essere capogruppo all’Assessorato ai Lavori Pubblici, Francesca Balzani, europarlamentare in carica, Assessore al Bilancio).

Sembra dunque urgente e necessaria una riflessione critica e autocritica da parte di chi ha in mano oneri e onori del PD milanese e lombardo.

Per non rischiare di sprecare quel consenso acquisito anche nell’ultima tornata elettorale e regionale, dove Milano sembra essere quasi un’“isola felice”. Consenso che sappiamo essere legato strettamente a quello dell’amministrazione milanese (dunque un “monito” anche per il Sindaco Pisapia, fin qui amato e stimato da tanti cittadini milanesi che ora appaiono perplessi e disorientati) ma che non sfugge comunque al clima nazionale, fortemente critico (per essere gentili) nei confronti dei partiti tradizionali.

Per provare a ri-partire (e in questo senso un primo segnale positivo può essere l’elezione del nuovo capogruppo in Comune, Lamberto Bertolè, che si accompagna alla volontà espressa chiaramente dal gruppo consigliare di essere maggiormente protagonista nelle scelte dell’amministrazione).

Per provare a ri-prendere quel “vento” di cambiamento che è soffiato per un po’ su Milano.
Lo stesso vento di cambiamento che i cittadini italiani hanno chiesto con forza alle ultime elezioni. Sarebbe davvero un peccato che non soffiasse (proprio) qui.