Intervista a Riccardo Milani, regista di “Benvenuto Presidente!”

Intervista a Riccardo Milani, regista di “Benvenuto Presidente!”

Riccardo Milani è un regista di una versatilità sorprendente. Per accorgersene, basta dare un’occhiata alla sua filmografia. Trattare temi importanti con leggerezza non è cosa da tutti. Milani ci riesce con facilità e dimestichezza.

È la seconda volta che ho il piacere di intervistarlo. Qualche anno fa, fu a proposito del film Il Posto dell’anima, in cui vengono trattati i temi tragicamente attuali della delocalizzazione produttiva e della salute e sicurezza sul posto di lavoro. E in cui riso e pianto si confondono inesorabilmente.

Armeggiando tra una macchina e l’altra, questa volta si procura un ritaglio di tempo per parlarmi di Benvenuto Presidente!. Con la consueta affabilità e senza il minimo formalismo.

Tra sceneggiatura e realtà. Come è nata l’idea del film?

È nata da un’intuizione del produttore, Nicola Giuliano, sette anni fa, quando si insediava Napolitano. Poi, tre anni fa, è cominciato il percorso di sceneggiatura e il progetto è stato proposto alla Rai. Quindi c’è stato il coinvolgimento di Claudio Bisio e il mio. Il percorso è stato molto rapido nella realizzazione: abbiamo cominciato a girare il film il 5 novembre ed è uscito il 21 marzo.

Nella pellicola ci sono rapporti con l’attualità?

L’unica, vera, coincidenza voluta è stata quella di fare uscire il film prima dell’elezione del Presidente della Repubblica, del nuovo Presidente. Non abbiamo cercato l’attualità. Man mano che andavamo avanti, ci sono state delle coincidenze non volute, ma che non potevamo nemmeno immaginare. Quando abbiamo girato alla Camera, i primi di gennaio, eravamo lontani dall’idea di nuove elezioni. C’era, sì, nell’aria qualcosa, ma era ancora imprevedibile che di lì a poco si sarebbe votato per le politiche.

“Benvenuto Presidente!” è una commedia all’italiana. Mi racconti come sei riuscito a rendere credibile l’idea dell’uomo qualunque che diventa Presidente della Repubblica?

Abbiamo cercato di rendere realistico tutto il contesto scenografico, la messa in scena. Il protagonista è un uomo che per hobby è un pescatore di trote, vive in un paese di montagna molto piccolo, e fa di mestiere – un mestiere un po’ arrangiato, lo fa più per passione che per guadagno – il bibliotecario precario in una piccola biblioteca di paese, dove organizza il tempo libero di vecchi e bambini. È un lavoro un po’ di ripiego, che però lui fa con grande passione. Tutto il resto è stato ambientato in maniera realistica. C’è la ricostruzione dei palazzi istituzionali: Montecitorio, il Quirinale. Montecitorio è la vera Camera dei Deputati, lì siamo stati a girare due giorni di seguito. Gli interni del Quirinale li abbiamo ricostruiti a Torino. Siamo andati a vedere il Quirinale vero, abbiamo visitato tutti gli ambienti e potuto avere un modello di riferimento assolutamente realistico. L’esterno, invece, è quello reale: ci sono stati dati i permessi per girare nel piazzale e fare anche diverse uscite dal portone. Tutto il resto è stato girato a Torino: la reggia di Venaria, Palazzo Reale, Palazzo Carignano…

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I luoghi dove si incontrano i politici e dove si decide il destino del Paese in “Benvenuto Presidente!”sono davvero insoliti e divertenti. Ad esempio i dossier dei servizi segreti sono conservati nella macelleria…

Ho provato a immaginare in tutti questi anni laddove potessero avvenire gli incontri che decidevano le sorti del Paese. Qualsiasi posto è buono, secondo me, nel senso che a volte sono quelli più imprevedibili, più lontani dall’essere immaginati come luoghi del potere, magari dei luoghi assolutamente comuni, molto frequentati e proprio per questo meno individuabili. Così l’archivio, dove sono conservati i dossier di tutti gli italiani, uno per uno, è stato collocato nel retro di una macelleria, un ambiente enorme, assolutamente insospettabile. In questo senso abbiamo lavorato molto di fantasia. Sono dei luoghi/ non luoghi, non così identificati e connotati. Sono assolutamente immaginari, accompagnano il tono surreale. Il film ha anche questo registro, in alcuni passaggi.

Anche in “Viva la libertà” Roberto Andò immagina che una carica politica, quella del segretario di partito, venga ricoperta da un uomo comune, addirittura da una sorta di genio folle. Il cinema può contribuire al bisogno di rinnovamento morale ed istituzionale espresso dalla società civile?

Pensare che il cinema possa influire così tanto mi pare eccessivo. Pensare che possa forse contribuire non solo il cinema, ma anche la letteratura, la televisione, a una sensibilizzazione sul livello etico del Paese, questo è possibile. “Benvenuto Presidente!” in realtà è una favola, una commedia molto leggera. Seminate durante il film ci sono tre famiglie italiane, del Nord, del Centro e del Sud, che osservano distrattamente quello che avviene in televisione, che fanno un po’ da contraccolpo agli avvenimenti della politica. La mancanza di consapevolezza, di partecipazione, sfocia spesso nell’affibbiare alla politica la responsabilità del non rispetto delle regole generalizzato, che è diffuso nel Paese. Io sono del parere che molto spesso ci si trinceri dietro la politica come a un paravento dietro il quale sono tutti quanti uguali in maniera molto approssimativa. Ma i partiti sono molto diversi, hanno idee diverse, hanno concetti diversi della vita, dell’economia e le persone che li rappresentano sono molto diverse.

Secondo te in questo modo l’elettore si deresponsabilizza rispetto alle scelte politiche?

Si tratta di leggerezza, di mancanza di consapevolezza. Il distacco verso la politica, quell’approssimazione che porta a dire che i politici sono tutti uguali, che la responsabilità di tutto è loro, in realtà ci allontana un po’ dalle nostre responsabilità, le responsabilità di un Paese che non rispetta le regole. Non le rispetta non perché i politici non le rispettino, ma perché a volte la gente non ha nessuna voglia di rispettarle. Bisogna spostare l’asse non sulla politica e sui partiti, ma sulla gente comune. Credo che sia un po’ anche l’elemento distintivo del film.

Un pensiero ai lettori di Termometro Politico, che seguono la politica italiana con grande interesse. Per quale motivo il regista di “Benvenuto Presidente!” raccomanda loro la visione del film?

Perché è una commedia molto leggera, molto divertente, come le commedie all’italiana di cui io sono un ammiratore. Io sono cresciuto con la commedia all’italiana, dal cinema italiano di quegli anni ho imparato molto del mio Paese. Sostengo sempre che la commedia è come un libro di storia, fatta di tante pagine da cui potevo capire come erano fatte le persone, cosa era successo nel mio Paese, come era l’Italia degli anni in cui io non c’ero. Se la commedia all’italiana è questo, questo film aspira ad essere una commedia all’italiana nel senso che racconta il Paese e non lo nasconde. E questo, magari, è uno dei motivi per andarlo a vedere.

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